Bravo il Presocratico Datome ma l’mvp scudetto è Shields

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Mi hanno chiesto quanto saranno costate a Giorgio Armani ben sei pagine sulla Gazzetta d’oggi non dico di pubblicità, ma senz’altro d’untuosa celebrazione del trentesimo scudetto di Milano. Una fortuna, immagino, però non credo che per il grande stilista piacentino, che tra un paio di settimane, esattamente l’11 luglio, compirà 89 anni, portati così e così con la pancetta, sarà un grosso problema pagarle. E quindi perché dovrei preoccuparmene io? Piuttosto, se la Segafredo avesse vinto il titolo, come probabilmente sarebbe accaduto se avesse potuto giocare la settima finale tricolore in casa nel palasport della Fiera di Bologna, quante pagine le avrebbe dedicato il quotidiano sportivo d’Urbano Cairo, che si veste di rosa ma porta le mutande nerazzurre, ben sapendo che dal prossimo anno Massimo Zanetti non gli allungherà più un euro di sponsorizzazione? Rispondetemi voi adesso. Su, da bravi. E non ditemi che sono cattivo perché questa, vi piaccia o non vi piaccia, è la satira. Come quella del Rompi pallone di Gene Gnocchi che oggi ha preso per il naso il Diavolo rossonero: “Lukaku ha rifiutato il Milan: Come posso andarci? Hanno già Maignan” e quasi tutti i santi giorni dell’anno lo fa con la Signora in bianco e nero, che quel signore d’Aurelio De Laurentiis chiama Rubentus e nessuno gli dice mai niente: “Chiesa non è convinto di rimanere alla Juve: La dirigenza mi ha offerto l’aumento in bitcoin”. Mentre lui, il fauno parmigiano, non vi offre un goccio d’acqua del suo rubinetto nemmeno se state morendo di sete.

Mi conosco, sarei quasi quasi tentato di tornare a scrivere di calcio con una molletta che mi tappa il naso dopo che due giorni fa Tuttosport ha rivelato: “Plusvalenze Juve: cade l’accusa. I pm chiedono l’archiviazione: nessuna falsa fatturazione e nessun vantaggio fiscale”. E comunque la notizia non è stata ripresa dal giornale di John Elkann a dimostrazione che l’editore di Repubblica, ovvero il Re dei ricchi perdenti della Terra, muore d’invidia sin da piscinin per il caro cugino che ha vinto nove scudetti di fila mentre lui con le Rosse di Leclerc e Sainz ha raccolto sinora solo figure barbine. La Gazzetta invece ne ha dato per la verità l’annuncio, ma a pagina 10 in un taglio molto basso, che più basso non si può, e che infatti definirei bassotto. Senza ovviamente la firma e senza neanche una riga di richiamo in prima dopo aver rotto sul serio le palle per mesi con Fabiana Della Valle, ossessionata dalla scontatissima riconferma di Max Allegri, e Luigi Garlando che sa sempre tutto lui e si è scandalizzato ieri per gli incredibili errori arbitrali subiti dall’under 21 azzurra nella partita persa con la Francia in un fondino “Il ritorno senza senso al Medioevo” del quale dovrebbe essere sconsigliata la lettura ai minori di trentatré anni anche se accompagnati.

Che fare allora? Intanto mi piacerebbe sapere pure dall’amico Paolo Ziliani cosa ne pensa adesso dell’Andrea Agnelli che ha già provveduto quest’inverno a querelarlo insieme al Fatto Quotidiano del bianconero (o forse ex?) Marco Travaglio. Come ho fatto io con Antonio D’Orrico, l’illustre critico letterario e saggista che mi avrebbe secondo me pesantemente diffamato su Sette, il settimanale del Corriere della sera, ancora tirando fuori la vecchia storia di Rossi e Cabrini insieme in camera a Vigo nel Mondiale del 1982 e per questo, se prima non mi chiederà privatamente scusa, dovrà comparire ad ottobre davanti al tribunale di Milano. E poi vi consiglierei di passare a leggere magari Tuttosport che oggi si è esaltato a parlare del nuovo probabile acquisto della Juve, Timothy Weah, di cui conosco bene il papà, Big George, e del quale l’agente speciale, Oscarino Damiani, racconta mirabilie: “Veloce, tecnico, versatile, può essere il nuovo Cuadrado”. Staremo a vedere. In più il quotidiano sportivo torinese ha dato pure lui gran risalto all’Olimpia del trentesimo scudetto in prima, 26esima e 27esima pagina, ricevendo dall’Armani in cambio-pubblicità tutta la 25. Mentre della Virtus di Sergio Scariolo il buon Piero Guerrini, con due o forse anche tre erre, ha scritto solo peste e corna nemmeno avesse perso il titolo di campione d’Italia travolta per 4-0 e non per 4-3 nella serie dopo 290 minuti di un basket seguito finalmente in tivù da oltre mezzo milione di spettatori.

Così funzionano ormai le cose nel basket del do un des che dagli Stati Uniti d’America ha importato Ettore il Messi(n)a, presidente e allenatore della squadra più ricca d’Europa che in tribuna si è dimenticato d’avere giocatori acquistati per la verità la scorsa estate come Brandon Davies e Kevin Pangos o Deshaun Thomas e Nazareth Mitrou-Long che tutti e quattro insieme sono costati solo quest’anno a Giorgio Armani qualcosa come una dozzina di milioni d’euro esclusi i diritti d’immagine ed i premi tricolori, varie ed eventuali. Non poco insomma e che comunque giustifica o non giustifica, questo dovete stabilirlo voi, che Guerrini abbia scritto forse un po’ esagerando nell’affondare il pennino nell’inchiostro della retorica che “la terza stella brilla e quasi acceca e splende più del previsto. Perché conquistata con lo spirito che ha scritto la storia dell’Olimpia: la durezza (di Ricci?), lo sguardo fiero (di Tonut?), la convinzione nelle proprie forze (di Biligha?), la voglia di distruggere l’avversario (di Baldasso n.e.?) attraverso la difesa”.

Un caro amico mi ha suggerito di chiamare Gigi Datome (nella foto scattata proprio ieri sera, ndr) il Presocratico e devo dire che, a guardarlo bene seduto in panchina, il soprannome mi piace da morire e gli calza a pennello soprattutto se lo immagini che stia leggendo un libro di Talete o di Eraclito che tiene aperto sulle ginocchia. Tentando di fare la persona seria, il che di solito mi riesce male, devo però ammettere che il Presocratico è stato meraviglioso in gara 7 e determinante nell’indirizzare la partita-scudetto nel primo quarto in favore dell’Armani con un 5 su 5 nei canestri da due punti e una tripla che hanno firmato il 12-0 iniziale (dal 9-6 al 21-6) dal quale la Segafredo, pigra e cotta, non si è più ripresa. Ma da qui ad affermare che Gigione, come lo chiama Andrea Meneghin, sia stato l’mvp della terza stella di Milano ce ne passa. Eccome. Perché fareste soprattutto un grave torto a Shavon Shields, confermato in corsa per un paio di stagioni, che è stato favoloso in quasi tutte le altre sei finali con questa sequenza di punti in attacco: i 13 e i 18 (5/9, 1/2) nel 2-0 di partenza, ma soprattutto i 26 (8/11, 3/7) in gara 4 persa dopo due tempi supplementari e i 22 (8/12, 1/4) nella quinta vinta quasi unicamente per merito suo, oltre ai 10 sempre comunque utili di venerdì sera. Soltanto Isaia Cordinier l’ha tenuto a guinzaglio mercoledì e l’ha fatto innervosire, ma è sembrato una di quelle eccezioni che confermano poi la regola. Mentre il Presocratico soltanto nella sesta sfida è andato in doppia cifra (11) dopo gli 8 punti, 4, 1, 8 e 3 per un totale di 24 nelle prime cinque finali. Insomma proprio nulla di molto speciale nonostante il Presocratico nelle ultime tre partite sia partito in starting five.

Senza dubbio Mario Castelli con la sua memoria di ferro ci avrebbe messo un’ora meno di me nel fare questi quattro conti della serva e difatti ho fatto molto tardi ed ero tentato di finir di scrivere questo poema domani. Ma domani è domenica anche per me. La prima di questa estate che è iniziata con un’afa esagerata. E ho da veder l’atletica da Chorzov dove l’Italia delle meraviglie è sorprendentemente in testa negli Europei per nazioni dopo due giorni di bellissime gare con Franco Bragagna che è tornato in sella più umile e meno logorroico – mi è sembrato – di prima o forse mi sono sbagliato. C’è da Assen, in Olanda, il MotoGp più intrigante di tutto il Mondiale con le tre Ducati di Marco Bezzecchi, Pecco Bagnaia e Luca Marin che nel pomeriggio hanno fatto segnare i migliori tempi nelle qualifiche. C’è l’Under 21 del placido Paolo Nicolato che ci riprova con la Svizzera ancora senza l’odioso Var e non è che la cosa in fondo mi dispiaccia. C’è la finale del Queen’s sull’erba che mi prende più della terra rossa. E poi soprattutto domani mi sarei innervosito a cambiare tutti i tempi del pezzo che quindi posto adesso sul mio blog. Anche se è quasi l’alba. E allora? A voi che magari siete in spiaggia o con i piedi a bagno nel mare cambia forse qualcosa? Assolutamente non penso.

Piuttosto lasciatemi chiudere con due parole sulla Virtus che nessuno me lo toglierà mai dalla crapa, ma lo ripeto: per me avrebbe strappato il titolo all’Olimpia se avesse potuto disputare l’ultima partita di finale alla Segafredo Arena e questo non è invece successo per varie ragioni. Perché Belinelli ha sbagliato l’ultimo tiro a Treviso dai cinque metri e persino dalla lunetta: è vero. O perché la squadra di Don Gel ha disputato al Palaverde un primo tempo indecente come quello di ieri al Forum. Dove ha beccato dall’Armani una schiacciata dopo l’altra, sette o otto, nel solo primo quarto d’ora di gioco, ho perso il conto ma, se lo chiedete a Castelli, vi saprà certamente dare il numero esatto. Ma soprattutto perché Messi(n)a aveva già apparecchiato la tavola con la tovaglia tricolore assieme a LaMonica e Paternicò come vi andavo raccontando da mesi e non mi avete dato troppa retta. Così adesso sono cavoli acidi per i tifosi delle vu nere dal momento che a Massimo Zanetti è sfiorita la passione per la pallacanestro e la voglia di buttare ancora soldi dalla finestra. E vorrebbe solo sponsorizzare la squadra, ma mai più un quotidiano sportivo e la Repubblica dei doppi giochi. Mentre ai colleghi addormentati nel bosco lasciatemi svegliarli con una domanda: secondo voi per quale motivo Scariolo, che è già volato a Madrid, vi avrebbe detto ieri sera: “Saprete tutto sul mio futuro martedì, ma credo che le cose siano abbastanza chiare”? Perché gli piace giocare agli indovinelli o perché se ne andrà definitivamente a vivere in Spagna? Come credo. Altrimenti avrebbe avuto bisogno di tornare tra tre giorni a Bologna e in conferenza-stampa ribadire che resterà un altro anno ancora alla Virtus quando poteva benissimo starsene a Marbella dal momento che il mondo intero sa che il suo contratto scade (e non scadrà) il 30 giugno del 2024? Pensateci che intanto io vado in vacanza e ci si risente a settembre. Forse.