Oscar al titolo: “Anche Conte nel suo piccolo s’incazza”

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Uno Scacciapensieri piccolo piccolo, mignon, di 33 righe, oggi, sabato di Pasqua, me lo dovete concedere. Poi, come promesso, magari dopo cena, tanto non c’è mai niente, lo dite pure voi, in televisione, butterò giù anche le pagelle della stagione della pallacanestro che martedì scorso è morta, anche se forse è meglio scrivere finita. Finalmente. Con almeno tre settimane di ritardo, ma Giannino Petrucci ci ha impiegato un po’ per dare retta non tanto a me, che magari gli seccava, o a Frank Vitucci e Carlo Recalcati che, per lungimiranza e buon senso, sono stati una spanna sopra a tutti. Come Paul Dybala e il Conte Giuseppi che ha offuscato la fama del Conte Antonio che, perdendo l’8 marzo a Torino (e a porte chiuse) con la Juventus, è tornato con la coda tra le gambe nella cesta. Ma molto più probabilmente ha dovuto dar retta a Giorgio Armani. Resta di fatto che il Marchese del Grillo ha fatto un’improvvisa inversione a u sulla doppia linea continua, da ritiro di patente, quando glielo ha suggerito Ettorre il Messi(n)a con la forza della persuasione del suo padrone, il grande stilista di moda, oggi non a caso in copertina su Sportweek, il settimanale del sabato di Mamma Rosa. Scatenando l’ira funesta del Re del caffè, Massimo Zanetti, che sponsorizza con un bel pacco di soldini la Cairo Communication, cioè Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e La7. La Virtus Bologna avrebbe infatti voluto giocare persino a Ferragosto pur di provare ad allungare le mani sullo scudetto che, detto inter nos, non avrebbe comunque vinto e che invece l’Olimpia di Messina non avrebbe potuto perdere, ma il rischio sarebbe stato molto grosso dal momento che la Reyer Venezia di Napoleone Brugnaro e Walter De Raffaele è specialista in golpe a sorpresa. Ma qui mi fermo. Perché magari questa battaglia, torbida e complicata, tra titani, quali sono l’Emporio Armani e il gruppo Segafredo Zanetti, ve la finisco di raccontare un’altra volta in tutti i minimi particolari. Adesso devo premiare il più bel titolo nei giorni del maledetto Covit-19 dopo la foto del ragazzino che domenica scorsa palleggiava di punta e di tacco tra i binari del tram nel centro di Milano:  “Anche Conte nel suo piccolo s’incazza” del Fatto Quotidiano (nella foto) diretto da Marco Travaglio che fa il verso alle formiche di Gino & Michele, libro cult per tutti gli amanti delle battute in satira. Un titolo indovinatissimo sotto il sommario: “Premier di guerra attacca Mes, Salvini e Meloni” che spiega la giusta collera del capo del governo contro gli avvoltoi e i vampiri della destra isterica e reazionaria alla quale solo il direttore del Tg1, Giuseppe Carboni, che sarebbe da cambiare oggi, perché domani sarebbe già tardi, ha dato ancora spago facendo intervistare in diretta alle 13.30 la leader di Fratelli d’Italia che somiglia sempre più, fateci caso, a un pesce palla. La poveretta si lamentava: “Un discorso da regime totalitario”. Del quale lei sì che se ne intende. E piagnucolava: “Conte mi ha riempito di fango”. Solo fango? Io le avrei tirato dietro dell’altro se poi le mie mani non avessero puzzato per tre giorni e tre notti. In verità la grande amica di Viktor Orbàn e Recep Erdogan, dittatori di Ungheria e Turchia, ha preteso attraverso Paola Di Caro del Corriere una replica in tivù che ha ottenuto roteando minacciosa il manganello e sfoderando un ghigno da degna consorte di un bravo di Don Rodrigo. Mentre Repubblica giustamente non le ha dato neanche bada e dedicato nemmeno un rigo. Quanto al Cazzaro Verde, non meno disperato, al quale per la seconda volta il grande Conte Giuseppi ha dato una lavata di capo mica da ridere, ha persino scomodato Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica che lui ha sempre trattato come un mentecatto, per chiedergli aiuto: “Conte m’insulta (ed è l’ennesima bugia, ndr) e intanto i miei consensi sono in picchiata”. In effetti come l’altro Matteo, Renzi, i sondaggi dicono che la Lega di Salvini è precipitata sotto il 27 per cento tanto che è stata ormai raggiunta dal Pd che ha già messo fuori la freccia per un sorpasso che non è esagerato pronosticare. Mentre Iv (Ignoranti veri) raccoglie un 2% che è sin troppo per un partito che non esiste. Dunque i veneti, che stravedono per la banda del carroccio, non sono più gli asini di cui vi ho sempre novellato? Ci andrei ancora molto piano prima di cantar vittoria anche se Luca Zaia comincia a farsela addosso e Alda Vanzan (Gazzettino) gli continua ad asciugare le lacrime. Difatti lui che ha il terrore degli assembramenti di massa e, se potesse, terrebbe aperti i supermarket solo due volte alla settimana, ci manderebbe tutti a votare anche a giugno con le mascherine e i guanti, il rosario in una mano e un fiasco di rosso nell’altra. Anzi, di Prosecco delle sue colline in offerta speciale. Ma non tema, governatore: la rieleggeranno ancora alle Regionali anche se Salvini dovesse essere superato nei sondaggi persino da Cinque Stelle. Uno perché la sinistra dopo Massimo Cacciari non ha partorito neanche un rospo nello stagno dove si è impantanata da lustri. E due perché nessuno conosce meglio di me i veneti che vengono dalla campagna: sono per oltre la metà dei veri Ignoranti con la gi maiuscola, come dicono loro, avendo nel 2005 in un milione e 365 mila 698 votato per la terza volta di fila il Doge del Mose, Giancarlo Galan, di cui per i successivi tre anni Zaia è stato il vicepresidente prima di diventare ministro dell’agricoltura nel governo Berlusconi IV. Siamo alle solite: dovevo scrivere trentatré righe e sono quasi a ottanta. E allora cambio in corsa programma: i voti alle diciassette squadre di serie A li sparerò domani che, se non sbaglio, è il giorno di Pasqua e delle uova di cioccolato, l’agnello e la focaccia. Peccato che le mie papille gustative non ne vogliano sapere di terminare il letargo e quindi la Tigre mi può anche cucinare, come farà, il capretto, ma non mi potrà anche chiedere se è buono perché mi sentirei preso per i fondelli. Ricordandomi con un nodo al fazzoletto che vi dovrò anche finire di raccontare la battaglia dei titani: Giorgio Armani contro Segafredo Zanetti. Dove ballano milioni su milioni di sponsorizzazioni che vanno rinnovate per la prossima stagione. Non so se mi sono spiegato. E comunque, statene certi, l’ha capito benissimo Urbano Cairo. Alla quale interessa una cosa soltanto: fare soldi a palate.