Da dove ricomincio? Ancora non lo so. Intanto, ridendo (poco) e scherzando (ancora meno), è da una settimana che non mi faccio vivo. E questo non è carino nei confronti dei non pochi aficionados, specie di pallacanestro, che ancora mi rimangono affezionati e vengono presi per matti da legare. Nemmeno non avessi più niente da dire. E invece ne ho per tutti e ve lo dimostrerò scrivendo tra ieri e oggi l’articolo più lungo della mia esistenza. Sono finite, se dio vuole, le Olimpiadi di Pechino e adesso sono solo cazzi acidi per Cortina. Dove gli ampezzani, che son diventati magari ricchi (e pigri) vendendo un pezzo di terra dei loro nonni, si svegliano pure presto per ammirare le Tofane che sono belle come il sole, ma poi richiudono i balconi e, felici, tornano a letto sotto il piumino sino a mezzogiorno. Tanto farà tutto Luca Zaia, il cantastorie, s’illudono e allora staranno freschi sino a ben oltre 30 gradi sotto lo zero. Il Blah-blah-blah trevigiano, come lo ha battezzato anche Greta Thunberg, ha infatti ben altro a cui pensare prima di sistemare le strade complicate, tortuose e strette d’accesso a Cortina: al nucleare, per esempio, contro le trivelle o al suo vino scadente minacciato da vicino dal Prosek. Che non è il cugino croato di P(r)ozzecco Gianmarco che andrà ad allenare, se si stufasse di fare il giullare alla corte d’Armani, in quel di Reggio Emilia. Dove Artiglio Caja è in rottura prolungata con Veronica Bartoli, la presidentessa che pare abbia inventato lei il basket assieme al padre Enzo che vive a Montecarlo e a Ciccioblack Tranquillo che vive fuori dalle grazie di dio. Oltre a James Naismith che, qualcuno lo spieghi per favore alla Bartoli, non è il centro degli Atlanta Hawks, decimi nella Nba a est, e nemmeno il compagno di squadra di Danilo Gallinari, il più grande perdente di successo della storia della nostra pallacanestro. Pensa un po’: ieri mattina c’era un nebbione dalle mie parti che non si vedeva da qua a là. Per questo ho deciso dopo la doccia di mettermi in tuta da casa e cucinarmi un bel minestrone per la cena. Prima di Villarreal-Juventus che, a sentire alla vigilia gli esperti di football nazional-popolari, sarebbe stata una passeggiata di salute per i valenciani di Unai Emery che già hanno fatto fuori l’Atalanta dalla Champions. Senza sedano e con molte carote. Che fanno bene alla vista, ma soprattutto al buon umore. O forse avete avuto da ridire qualche volta con un coniglio incazzato nero? Basta che non mi chiediate niente della Coppa Italia di Pesaro. Che non ho guardato nemmeno in televisione e che comunque è stata seguita domenica dai soliti 168 mila su Raisport e 70 mila su Eurosport con un audience per l’appunto deprimente. Perché va bene tutto, ma già un quarto tra Trieste e Tortona non mi poteva, mi si perdoni, stuzzicare l’appetito. Figuriamoci un impari duello di finale tra la squadra di Marco Ramondino, che pure sabato aveva mandato in bestia Luca Baraldi e messo in discussione per la prima volta Don Gel Scariolo, e quella di Erode Messi(n)a. Che al salto della palla a due tra Hines e Cain aveva seduti in panchina il Chacho Rodriguez, Gigi Datome e l’inutile Paul Biligha, ovvero cinque milioni comunque d’ingaggi complessivi al netto della imposte e senza contare i diritti d’immagine del 30 per cento che puntualmente s’accolla Giorgio Armani nella sua piccola azienda familiare. Mentre dall’altra parte scalpitavano per entrare Riccardo Tavernelli (bianco o rosso nella confezione in cartone?), Luca Severini e Ariel Filloy, più di cento anni in tre. Ho così preferito andare a teatro per la prima volta in vita mia di domenica pomeriggio e non me ne sono assolutamente pentito. Anzi. Presto lo rifarò con Drusilla Foer in “Elengazzissima” già sold out da settimane. “Scusa sono in riunione…Ti posso richiamare” è stata una commedia davvero brillante, scritta diretta e interpretata da Gabriele Pignotta, molto bravo. Con Vanessa Incontrada per la quale ho sempre avuto un debole come donna e come attrice. Quasi due ore e mezza di spensierate risate che sono per la verità poi continuate a casa quando mi sono visto in registrata Inter-Sassuolo 0-2 e la faccia di Simone Inzaghi più spiritata di quella del fratello Pippa. Pardon Pippo. E immaginando quelle sbalordite di Sconcertino Sconcerti e di Bombolone Condò. Cosa vi avevo detto tre anni fa d’Alessio Dionisi? Quando guidava un Venezia di morti di fame ancora nelle mani di Joe Tacopina. Dionisi mi era già stato segnalato da Lorenzaccio Sani: “C’è un allenatore all’Imolese che m’intriga parecchio”. E aveva ragione: difatti, come Acciuga Allegri nel 2010, meriterebbe anche lui il prossimo anno di fare un salto (di qualità) al Milan. Sempre che il Diavolo a stelle e strisce non vinca lo scudetto e io non debba chiudermi come promesso in un monastero. Altro che Paolo Zanetti che in laguna hanno subito battezzato il Mago (Zurlì?) e in effetti non sa nemmeno lui ancora spiegarsi come abbia fatto a riportare in serie A lo scorso giugno i neroverdi. Un mistero gaudioso. Per non chiamarlo culo. Lo stesso al quale dovrà aggrapparsi nei prossimi tre mesi se vorrà mettersi alle spalle Salernitana, Genoa e Spezia. E spero, in alternativa, non il Cagliari di Walter Ego Mazzarri. Perché altrimenti non ce la farà mai a salvarsi con una squadra di cento doppioni e di ventuno stranieri nati negli Stati Uniti, Francia, Nigeria, Austria, Galles, Camerun, Islanda, Suriname, Marocco, Portogallo, Norvegia, Israele, Slovenia, Argentina, Repubblica Ceca, Finlandia e Brasile. E, tra loro, nemmeno una stella. Che pareva essere il diciannovenne Gianluca Busio prima di smarrirsi pure lui nel gruppo degli scappati da casa. Questo minestrone di calcio e pallacanestro al veleno comincia a piacermi un sacco. E così c’aggiungo anche un po’ di Giochi d’inverno. Per i quali non ho puntato una sola volta la sveglia prima dell’alba e non ho mezzo rimpianto. Nemmeno per l’argento della meravigliosa Sofia Goggia in discesa. Già la notte dormo poco. Figuriamoci. Quelle di Pechino sono state Olimpiadi perfette nonostante la pandemia. Checché ne pensi Zaia dei cinesi e dei loro topi ai ferri. E adesso vedremo le sue. Con i casunziei alle cime di rapa e i semi di papavero. Tra quattro anni. Intanto il sindaco di Cortina, che non poteva non chiamarsi che Ghedina, di ritorno ieri da Pechino con la bandiera dei cinque cerchi, ha già messo le mani avanti: “Non so se riusciremo a colmare i ritardi”. Quali? Se non si è ancora cominciato a fare niente di niente? Giovanni Malagò si è dichiarato soddisfatto delle 17 medaglie conquistate. Di cui però soltanto due d’oro. Come la Nuova Zelanda. Pensa te. E a Milano-Cortina non sarà molto meglio. Dal momento che di giovani in gamba all’orizzonte non se ne vedono in nessuna disciplina olimpica. Men che meno sugli sci e sulle piste delle Tofane soprattutto se la capricciosa Federica Brignone continuerà ad essere invidiosa dei successi delle altre azzurre. Con il sostegno della mamma o del fratellino. Viva le donne, ma non di certo mi esaltano Arianna Fontana che vuole imporre a qualsiasi costo suo marito come tecnico della nazionale o Stefania Belmondo, della Trapulin, che ha ricordato come lo short track nel mondo sia praticato al massimo da quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due. Sempre meglio comunque del (suo) sci di fondo. Dove le due azzurre nella 30 km a tecnica libera, Cristina Pittin e Martina Di Centa, figlia di Giorgio e nipote di Manuela, sono arrivate al traguardo nove minuti dopo Therese Johaug. Quando la banda aveva già smesso di suonare l’inno norvegese. L’assurda miccia accesa da Ninna Quario per delegittimare l’impresa della Goggia ha però almeno svegliato dal torpore la Gramella in pigiama, come chiamavamo Massimo Gramellini al Giorno quando era ancora un ragazzo di bottega strappato dal maestro Franco Grigoletti alla redazione del Corriere dello sport di Torino dove era un sottostimato collaboratore che durante la settimana s’occupava dei bagni e massaggi del (suo) Toro e la domenica, non l’avreste mai pensato, dite la verità, di palla nel cestino e in particolare della Berloni del professor Dido Guerrieri. Alla Gramella infatti, dopo giorni e giorni di Caffè annacquati, ne è riuscito finalmente uno di decente. Con due cucchiaini di zucchero e una lacrima di latte freddo. Come piaceva a me prima di perdere i gusti bruciati al 50-60 per cento dalla radioterapia. “Perché noi italiani ci si debba fare sempre del male, non si sa. Cioè si sa benissimo: basta chiederlo a Ninna Quario che ha rilasciato un’intervista che grondava malanimo da tutte le scioline per dire che Sofia è un’egocentrica insopportabile e che, se è tornata in pista a tre sole settimane dall’infortunio al ginocchio, significa che l’infortunio non era poi così grave”. Tornando a Marco Ramondino, il sottostimato e paffutello coach di Derthona che qualcuno avrebbe voluto sostituire con Walter De Raffaele e per questo il miliardario Beniamino Gavio ha chiuso subito il discorso prolungandogli il contratto per un’altra stagione, un amico mi aveva chiesto di dare (per favore) pure a Ramondino un soprannome e non mi era sembrato male Peppa Pig. Ma poi mi hanno detto che nel suo entourage lo chiamano Merendino che pure mi pare un nomignolo altrettanto simpatico. Scegliete allora voi quale dei due preferite e poi sappiatemi dire l’esito del sondaggio. Parlo sul serio. E intanto nei recuperi infrasettimanali la Reyer senza Stefano Tonut (col Covid) è tornata a vincere in campionato a Napoli, ma non voglio di nuovo pensar male. Mentre l’UnaHotels è caduta allo sprint con Varese e Siim-Sander Vene (23 punti) è stato l’mvp del match. Ora un paio di mesi fa era stato promesso a Caja che gli avrebbero almeno preso l’estone che non costava neanche un occhio della testa, al massimo 50 mila euro, per rinforzare una squadra ormai all’osso e impegnata anche in Europe Cup dove ha comunque raggiunto i quarti di finale. Ebbene Veronica Bartoli in una cena ha comunicato al suo “caporeparto” che, contro il parere di tutti gli altri dirigenti di Reggio Emilia, escluso il buon Pippo Barozzi, quell’acquisto sarebbero stati solo soldi buttati al vento. Contenta lei, contenti tutti. Tranne Artiglio ovviamente. Anche se pare che la padrona di Correggio, ingolosita dal miracolo playoff, abbia negli ultimi giorni cambiato idea e stia cercando al circo americano un lungo o una guardia che salti sulla rete come un grillo, ma non l’ha ancora trovato e, anche lo beccasse, dovrà battagliare per prenderlo con Cremona e Fortitudo in caccia pure loro di uno straniero che tappi i buchi prima che sia troppo tardi. Domani e domenica l’Italia affronterà l’irresistibile Islanda. Bene. Così avrò un’altra settimana di riposo per non occuparmi di pallacanestro neanche di striscio. Tanto Giannino Petrucci ha già esternato il suo ennesimo malcontento contro l’EuroLega senza cavarne un ragno dal buco e così sarà nei secoli dei secoli, amen, o almeno sin tanto che lascerà al Messi(n)a di continuare a fare i comodi suoi. Ora pare che il president-coach dell’Olimpia, osannato all’eccesso da Daniele Dallera per aver vinto due Coppa Italia di fila, una volta in finale contro Pesaro e un’altra contro Tortona, capirai, non ne voglia più sapere d’allenare per la terza volta la nazionale. Voi gli credete? Io no. Anche perché l’ultimo sogno nel cassetto del veneziano nato a Catania è l’Olimpiade alla quale ha partecipato solo come (ottimo) opinionista di Sky e mai come (focoso) cittì dell’Italia. Infatti è certo al centouno per cento che il prossimo anno sarà sempre il presidente dell’Armani ancora come minimo per un altro lustro, mentre non è detto che sarà anche l’allenatore di Milano soprattutto se quest’anno dovesse vincere scudetto e Eurolega e la squadra avrà esaurito il suo ciclo. Insomma dovrà essere rifatta ex novo. Mentre il figlio Filippo volerà a settembre in un college negli States ed è da escludere che Ettore non lo raggiunga spesso e volentieri. Piuttosto alla Fortitudo, che è un pasticciaccio brutto, mi permetto di dare un consiglio: richiami Sacchetti dopo le due partite di qualificazioni mondiale alla guida della sua squadra che peggio di così non può andare se è ultima in classifica assieme a Cremona e pure in bolletta. Per non dire alla canna del gas. Perché se MaraMeo dovesse rifiutare l’incarico come penso, l’Effe biancoblù potrebbe quanto meno stracciare il vecchio contratto e risparmiare qualche migliaio d’euro. O mi sbaglio? Non credo. Si sbagliava caso mai Mario Sconcerti quando, dopo l’1-1 di Napoli-Inter, ha spiegato che la prima cosa non è capire chi sia la migliore delle due squadre, ma che a modo loro sono entrambe perfette potendo insegnare calcio a tutte nel Bel Paese. Anche al Sassuolo di Alessio Dionisi? Io invece penso, ed ero il primo a non crederci due settimane fa, che la Juve, sbertucciata ieri sera persino da Anna Billò, la moglie dell’infedele Leonardo, sarebbe potuta entrare persino in corsa per lo scudetto se avesse battuto l’Atalanta e il Torino e ora avrebbe appena cinque punti meno di un Milan spennacchiato e scosso ma pur sempre capolista. E invece ha pareggiato entrambe le partite. Perché l’hanno di nuovo picchiata di brutto sistematicamente intimidendola. E nessuno s’è ricordato che nel derby Max Allegri ha giocato con un solo difensore di ruolo, Matthijs De Ligt, dei cinque che avrebbe a disposizione, compreso Danilo squalificato. Ad eccezione di Massimo Ambrosini che ha invece puntualizzato: “Belotti non avrebbe mai segnato se ci fosse stato almeno Chiellini”. In più Dybala si è fatto male al primo tiraccio in porta, non è più né carne né pesce e allora vada pure all’Inter di Beppe Marotta se gli promette un milione al mese. Kean non è mai contato un fico secco e Chiesa è out sino alla prossima estate. Quando la serie A riprenderà il 13 agosto, proprio nel giorno del mio 73esimo compleanno.. Stamane c’era un sole che spaccava le pietre ed è stato il 52esimo anniversario di matrimonio con la Tigre. Sì, perché mi sono sposato a vent’anni con il consenso di mio padre. Mentre di Dusan Vlahovic cosa mi raccontate? Ora anche in Gazzetta scrivono in due come i carabinieri e come al Corriere del gendarme Urbano Cairo: “ll peggiore (voto cinque). La buona notizia è una: Bremer, da qui a giugno, al massimo lo incontrerà al bar per il caffè”. Firmato Bianchin–Pagliara. Ai quali è avanzato persino di fare gli spiritosi. Mentre Luigi Garlando, quello che scrive libri per i mocciosi e anche sui muri della Gazzetta, aveva già capito tutto: “Se l’Atalanta vince a Firenze e il recupero con il Torino, va tre punti oltre la Juve e la ricaccia al quinto posto”. Così come aveva azzeccato il pronostico Bombolone Condò su Repubblica: “In un campionato che è saltato per aria il Napoli è l’unica grande in forte progresso”. Difatti ha rischiato di perdere meritatamente a Cagliari se Osimhen non avesse inzuccato in rete a tre minuti dal 90esino. Poi ieri sera il pacco che la Fiorentina avrebbe tirato alla Signora Suicidi ha segnato al debutto in Champions dopo 33 secondi e la marcia indietro è stata immediata nei confronti del serbo di Belgrado. Ancora Bianchin, ma stavolta in coppia con l’appuntato Ricci, entrambi figli di Mamma Rosa e Papà Urbano: “Vlahovic, il migliore, voto sette e mezzo: una freccia (di destro!) al cuore di Rulli che ha un nome da capo indiano: Geronimo”. Tanto per massacrare a sangue Acciuga e la sua Juve ci ha pensato nel dopo partita, oltre alla vispa Billò che ha definito i bianconeri nel secondo tempo “a dir poco stanchi e imbranati”, Fabio Capello. Al punto che, ascoltandolo, ho avuto il dubbio che il Villarreal avesse stravinto il match d’andata come minimo con tre gol di scarto. Mentre aveva invece pareggiato per una brutta entrata d’Albiol su Vlahovic non fischiata dal pessimo arbitro tedesco e la successiva imperdonabile distrazione di Rabiot che ha lasciato solo Parejo a tu per tu con Szcesny nel cuore dell’area juventina per un 1-1 che solo a me è sembrato il risultato più giusto dal momento che non ricordo il portiere polacco impegnato nella ripresa in chissà quale prodigioso intervento. Sky ce l’ha con Andrea Agnelli: ormai lo si è capito. Perché avrebbe favorito Dazn nell’acquisizione dei diritti televisivi della serie A per il triennio 2021-2024. In verità alla cordata hanno aderito altri 15 club. Compresi Inter e Milan, Napoli e Roma. Ad eccezione di Sassuolo, Venezia e le due genovesi. Poca roba insomma. E comunque Sky continuerà a perdere abbonati a rotta di collo se non la smetterà d’incattivirsi con i suoi giornalisti e opinionisti contro la Juventus e a ignorare fallacci come quello di Estupidian su McKennie non punito da Siebert. Dal quale il texano è uscito con una doppia frattura del metatarso del piede sinistro che lo terrà fuori per il resto della stagione. Tanto più che non è nemmeno vero che Sky ha l’esclusiva delle partite d’Eurolega come racconta nelle sue promozioni e, se il suo cavallo di battaglia nel calcio sono diventati i big-match di serie C, è meglio allora che chiuda in fretta bottega e Anna Billò raggiunga molto presto il marito a Parigi. Anche Daniele Dallera, ora capo della redazione sportiva del Corriere della Sera, nasce come Gramellini da una costola del Giorno dove entrambi hanno fatto il praticantato. Ma se la Gramella s’innamora superficialmente dei giochi di parole come oggi titolando il suo Caffè “Liberi Totti” nonostante Francesco Totti abbia smentito sullo stesso giornale a pagina 25 che il suo matrimonio con Ilary Blasi sia in crisi per via di una scappatella con una certa Noemi Bocchi che un po’ somiglia a sua moglie, ma non è più bella, a Daniele riconosco che il suo coccodrillo sul nostro professor Bruno Carù, “il cardiologo che faceva squadra”, che ha emozionato Dino Meneghin, e non solo lui nel piccolo mondo antico del basket milanese, avrei voluto averlo scritto io. Andatevelo a leggere: lo merita. Sul serio. Però oggi posso finalmente svelarvi un segreto che ho custodito per oltre vent’anni. Esattamente dal 13 luglio 1998. Un lunedì. Il giorno dopo la finale del Mondiale di Parigi vinto dalla Francia 3-0 sul Brasile. Bruno nel suo studio di Monza. Seduto davanti a me che controllava i capricci del mio cuore e in particolare il funzionamento dei due stent che un cardiochirurgo mi aveva inserito nelle coronarie dopo l’infarto che avevo avuto qualche giorno prima giocando a tennis. Pedalavo sulla cyclette per la prova da sforzo quando squillò il telefono: era un assistente di Piero Volpi che il medico dell’Inter aveva inviato nel ritiro del Brasile per sincerarsi delle condizioni di salute del Fenomeno che di lì a poco, scendendo dalla scaletta dell’aereo che lo riportava in patria con la selecao, barcollò vistosamente sino a doversi reggere, per non cadere, sul corrimano (nella foto, ndr). Era in viva voce e raccontò un po’ agitato: “I brasiliani hanno drogato Ronaldo peggio di un cavallo per fargli giocare la finale. Aveva una brutta distorsione al ginocchio e allora chissà che cosa gli hanno iniettato. Fatto che sta ha avuto seri problemi cardiaci, convulsioni che sembravano epilettiche ed è pure svenuto. Ieri l’ha passata davvero brutta, ma stamattina stava già molto meglio e il suo cuore è in ordine”. Bruno mi guardò diritto negli occhi con quel suo sorriso che sapeva sempre e comunque di buono. “Tu non hai sentito niente: d’accordo?”, mi disse solo questo e non servì mai che aggiungesse altro. Non era solo il mio cardiologo di fiducia: era un caro amico.