Quando mi sono ricordato che domani è il 17 d’aprile mi sono detto: scrivo oggi. Anche se ho già cenato: tortellini di Valeggio in brodo, tre carciofi in tecia (padella), fragole e mirtilli senza zucchero. Come primo giorno di dieta penso che possa andar bene. E dunque mi metto a scrivere adesso di pallacanestro anche se mi mancano ancora da vedere quattro partite di serie A tra le quali Venezia-Brescia e Cantù-Milano. E non vorrei perdermi l’ultima puntata dell’Isola dei famosi. Dove di conosciuto non c’è nessuno e difatti l’anno prossimo ci mando Ciccioblack Tranquillo con Paperoga Crespi. Così torneranno a parlare di loro. Non mi credete? Fate pure a meno. Scrivo anche perché mi hanno detto che domani uscirà un’intervista ad Artiglio Caja sulla Gazzetta e sono proprio curioso di vedere come Mamma Rosa ci spiegherà le ragioni per le quali si è finalmente accorta di lui dopo avergli preferito per anni e anni Enzino Esposito e Sacripantibus, e passi, ma anche Paolo Moretti o il Patata Di Carlo, e questo mi è molto più difficile capirlo. Facendo passare il sottoscritto per lo scemo del villaggio quando, dopo i successi di Varese in casa dei campioni d’Italia o a Masnago con quelli che lo diventeranno, ebbi l’ardire a fine gennaio di proporre lui come miglior allenatore del 2017-18. Ora un vecchio saggio molto alla buona mi ha insegnato che non occorre mangiarne una mastella, ma che basta un cucchiaino per accorgersi che quella è cacca. O, meglio ancora, che è sufficiente avere un discreto fiuto per distinguerla dalla cioccolata. Insomma Artiglio con la sua squadra che non costa di stipendi complessivamente più di 700.000 euro al netto dalle tasse, che non sono neanche i soldi che becca un solo americano dell’Armani o il solo Alessandro Gentile da Milano, ha vinto nove partite su undici nel girone di ritorno, perdendo unicamente a Pistoia, apriti cielo, e a Trento. E oggi è in piena corsa per i playoff dopo aver escluso proprio ieri la fragile e stanca Reggio Emilia di Cervi a primavera (nella foto, ndr). Ma evidentemente ancora non basta perché sia eletto allenatore dell’anno dal momento che molti hanno già deciso di votare per Diana PerDiana o per Sodini senza Soldini e non ci sarà verso di far cambiar a loro idea se non altro perché Caja è un amico mio e io ho pochi amici nell’orticello dove si coltivano rape, cavoli e melanzane. Proprio stamane ho ricevuto dalla Lega la scheda per indicare le mie tre preferenze in merito all’mvp del campionato, al miglior tecnico e dirigente, oltre che al numero uno tra gli under 22. E così dopodomani vi dirò per chi ho votato. Anche se non credo sia difficile immaginarlo. Vi aiuto: senz’altro per Jason Rich, Artiglio, il mio caro Pesciolino tricolore (Federico Casarin), Diego Flaccadori e Leo Candi nonostante il grissino del 1997 si sbatta in difesa ma in attacco è ancora una mezza pippa. Il voto difatti per me non è segreto e lo è semmai per gli stessi che si vergognano di confessare d’aver votato Silvio Berlusconi o qualche suo sottopancia come Renato Brunetta. E darò la mia preferenza anche a Ray-Ban De Raffaele, indipendentemente da quel che ha fatto ieri prima di cena con la Germani, perché il titolo di miglior allenatore lo meritava già la scorsa stagione, e a Stanley Okoye perché si è abbondantemente sudato lo stipendio di seimila euro che gli passa ogni mese l’Openjobmetis. Lo capisco molto bene: vi è difficile credere che un’ora prima della mezzanotte e un minuto di martedì 17, un brutto numero e mi tocco, non sappia ancora se ha vinto o perso la Reyer. E pensare che abito a Mestre a un paio di chilometri in linea d’aria dal Taliercio. D’accordo, mi sono tappato in casa come faccio spesso al lunedì quando la domenica mi perdo dietro alla Juventus e a tutte le avversarie che tentano invano da sette anni di farle il solletico. Non leggo i giornali e non rispondo al telefono. Però è pure vero che non ce ne rendiamo conto, ma il nostro è proprio un piccolo mondo antico nel quale si sopravvive all’ombra del calcio e pendiamo dalle labbra di Mamma Rosa che quasi mai ce la racconta giusta. Mentre non vi dico neanche cosa mi è successo con SportItalia. O anche sì in due parole. Mi ero registrato il derby sold out tra Trieste e Udine. Uno spettacolo, quando sul più bello, a cento secondi dalla sirena con Federico Mussini in lunetta e 60-58 per i friulani, sul piccolo schermo è apparso il cartello blu con la scritta “Fine del programma registrato”. Ma va a remengo.