Chi lo dice a Caressa che l’Inter non vincerà lo scudetto

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Robe da matti. Il derby dell’Olimpico più pallido di questo secolo si è appena concluso senza vincitori né vinti, nessun gol e scarse emozioni, e quei cinque o sei scamiciati di cosa discutono in televisione su Sky? Della rivoluzione di Bergamo. Sarebbe a dire? Drizzo le antenne e ascolto Caressa che, se non fosse nato coatto e con il ciuffo ribelle, sarebbe stato un calesse (Massimo Troisi). Io e Beppe, ci ha raccontato, ieri sera siamo stati a Bergamo. Ma che bravi. E avrete senz’altro cenato bene nel dopo partita in casa del sindaco Giorgio Gori. Che è poi anche il cognato di Fabbio. Con due bi, mi raccomando, altrimenti non ci intendiamo. Mi auguro infatti che abbia cucinato Cristina e non sua sorella Benedetta. Che, come la Mole Antonelliana, al secolo Antonella Clerici, più di due uova in camicia non sa fare. E sarebbe molto meglio se invece le strapazzasse. Io e lo Zio, ha continuato senza badarmi, abbiamo assistito alla rivoluzione tattica dell’Inter. Che è passata alla difesa a tre. E chi l’avrebbe mai immaginato? “Con Miranda centrale, D’Ambrosio a sinistra e Skriniar a destra che ha per la verità un po’ ballato con il Papu Gomez” come si è subito affrettato a puntualizzare Stefano De Grandis. Che ancora mi chiedo cosa ci stia a fare seduto a quel tavolo di fegatosi che non riescono a digerire la Juve e al quale si è recentemente aggiunto Esteban Cambiasso che è il più triste tra tutti gli intertristi della terra. Tutto qui? No. Meno male. Perché in caso contrario Che Guevara, che qualcosa ne doveva sapere di rivoluzioni, si sarebbe rivoltato nella tomba. “Mancava Brozovic, mancava Candreva e quindi Spalletti ha dovuto attuare questo golpe strategico?” ha domandato il Coatto a Bergomi che non gli ha però dato soddisfazione. Anzi: “No perché Spalletti avrebbe potuto benissimo confermare la difesa a quattro con Cancelo al posto di Candreva mantenendo gli altri nelle loro posizioni”. Evidentemente a Beppe deve essere andato di traverso anche l’arrosto che pure con tanto amore gli aveva preparato sabato sera Cristina Parodi. E’ però già quasi mezzanotte e la prima parte di Sky Calcio Club è terminata senza che nessuno si sia ancora sognato di spendere una parola sulla Juve che, sfinendo la Sampdoria, ha portato a sei punti il suo vantaggio sul grande Napoli che da un pezzo non gioca il miglior calcio del mondo ma non importa. Comincia la seconda parte di Calcio Club e Massimo Mauro, che come Gianluca Vialli, aveva due o tre mesi fa pronosticato un facile scudetto alla squadra di Max Sarri, riparte sottolineando che a lui il Milan è piaciuto addirittura più del Napoli. Non me lo dire? Non ti credo. Eppure il Milan ha 31 punti meno della Juve e l’Inter 23. Come mai: qualcuno me lo sa spiegare? O forse chiedo troppo? E’ assai probabile dal momento che della squadraccia di Acciuga Allegri nessuno degli Scamiciati ha un minimo di voglia né di coraggio di parlare. Ha proprio ragione il maestro Aldo Grasso: sono assolutamente insopportabili e boriosi, oltre che evanescenti. E allora spengo il televisore e pure la luce. Altrimenti perdo anche il sonno se aspetto che quelli la smettano di menare il can per l’aia e finalmente confessino di non capirne più un tubo di questo benedetto gioco del pallone soprattutto se la Juve andrà a vincere il settimo campionato di fila anche nel primo anno del Var. Di modo che nessun bilioso o rancoroso di italiota potrà più affermare che è stata favorita dagli arbitri o che l’ha rubato. Neanche Dio Aurelio De Laurentiis. Ma ne inventeranno delle altre. Scommettiamo? Questo è poco ma sicuro. Intanto nel pomeriggio sono stato informato da un amico che nella terza parte del teatrino di Caressa, quando tutti si tolgono giacca e cravatta e restano in maniche di camicia, e non c’è anima viva che li ascolta ancora, il discorso è caduto sul Manchester City, il Barcellona e infine persino sulla Juventus. Della quale il marito di Cristina Parodi ha detto sbadigliando come un ippopotamo, perché era ormai notte fonda, e dimenticando di mettersi la mano davanti alla bocca: “Non c’è marea senza risacca”. E magari la prossima volta mi spiega anche questa.