La farina del Sacchetti, il sì di Daye e la rottura del Poz

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Sull’Aventino in fondo non stavo poi così male. Anzi, me la sono passata in quel quartiere residenziale oggi diventato di lusso dopo esser stato di borgata. Peccato che le Terme di Caracalla fossero ancora chiuse altrimenti, tra le rovine di Roma antica, avrei trovato ancora i resti di quello che con Valerio Bianchini è stato anche un grande impero del basket che resistette pure all’assalto degli inferociti longobardi di Dan Peterson nella terza partita della finale scudetto 1983 che richiamò al PalaEur ben 14.348 spettatori paganti. Ho fatto invece un salto al Circo Massimo, dove la Nba dei saltimbanchi dovrebbe avere la sua sede naturale, altro che il Disney World di Orlando con Paperino e Qui Quo Qua, Ciccioblack e Paperoga che possono divertire ormai solo i bimbi dai sette ai dieci anni se accompagnati e la Gazzetta di Urbano Cairo che non ha più una notizia di pallacanestro dall’età dell’oro se C10H16O (Canfora) non la scopiazza impunemente dai blog. Sull’Aventino ho spiato anche San Pietro dal buco della serratura del Giardino degli Aranci scoprendo che Claudio Toti può condircela come vuole, piangere il morto e commuovere Giannino Petrucci, ma alla fin fine sono sicuro che Ciglione non resterà in mutande e che la sua Roma comunque giocherà un’altra stagione in serie A. Come del resto Pesaro, ma anche Pistoia e Cremona. Nel campionato che sarà il più indecoroso del secolo. E non dico povero. Perché la povertà non è una vergogna. Né rovescio tutta la colpa addosso al virus stramaledetto e caso mai me la prendo con chi non ha i soldi per ordinare caviale e champagne, ma ci prova lo stesso a sedersi a tavola con l’Armani e la Segafredo o con l’Umana e il Banco di Sardara, che può permettersi di mantenere addirittura due squadre, sapendo benissimo che prima o poi gli sarà presentato un conto parecchio salato che ovviamente non riuscirà a pagare. E allora inevitabile sarà il fallimento. La serie A, tanto per capirci, è costata per esempio l’anno scorso a Pesaro più o meno tre milioni di euro spesi per non vincere nemmeno una partita in casa e solamente una per caso in trasferta con la Fortitudo. Ebbene quest’anno ha addirittura qualche quattrino in meno e non è vero che Livio Proli le darà una mano come si ostina a scrivere cocciutamente Mamma Rosa perché anche lui, come il magnifico Valter Scavolini, consigliava di ripartire con un dignitoso campionato di A2 dove con un milioncino, o poco più, puoi correre il rischio d’essere anche promossa. No, il pd Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro, ha sbattuto i pugni sul tavolo. “Per retrocedere c’è sempre tempo”, ha dichiarato a furor di popolo. Giusto, ma poi i dollari per un americano di colore trovato alla fiera di Milano o di Rimini li troverà lui per Ario Costa? La risposta è un assordante silenzio di tomba. Ne ho sentito una di bellina che non mi ricordo più chi me l’abbia raccontata. Qual è la differenza tra un ottimista e un pessimista? L’ottimista ha inventato l’aeroplano, il pessimista il paracadute. Difatti anche a me piacerebbe volare altissimo, ma ho talmente sfiducia nei fenomeni di questa pallacanestro, cominciando dai vecchi o nuovi bandaosiris, che preferisco restare ancora chiuso in casa perché sono sicuro che, se uscissi anche con l’ombrello, prenderei la pioggia lo stesso e mi beccherei come minimo l’influenza. Domani pure Pistoia non chiederà a Pietro Basciano d’accoglierla a braccia aperte in A2. Scommettiamo? E non perché il presidente Massimo Capecchi ha trovato per strada un socio o un magnate che lo affianchi, ma per il semplice motivo che un’altra serie A a diciassette squadre, oltre a portare una sfiga pazzesca, non la vuole soprattutto il club dei quattro ricchi che sono Giorgio Armani, Massimo Zanetti, Luigi Brugnaro e Stefano Sardara che in qualche modo lo aiuteranno a sopravvivere. A meno che Aldo Vanoli non confermi a fine luglio d’essere stomacato da questo basket dei MaraMeo Sacchetti e dei San Bernardi e sul serio chiuda baracca e burattini. Non ci credo, ma, se anche la cosa dovesse davvero succedere, sarà ancora mille volte meglio: un campionato a sedici è infatti il sogno di Ettore Messina e di tutte le società che durante la settimana devono giocare anche le coppe europee. Quasi quasi me ne tornerei comunque volentieri un’altra settimana sull’Aventino. Dove si parla solo della Lazio che può finalmente portar via lo scudetto alla Juve e a nessuno “frega un cazzo” che il promettente figlio di Teo Alibegovic sia andato alla Virtus di Bologna in barba al prepotente Messi(n)a. O che Austin Daye abbia l’altro giorno firmato il rinnovo del contratto con la Reyer o che Luis Scola abbia chiesto asilo a Varese da Artiglio Caja. Oppure che la nazionale femminile non sappia ancora quale sarà il suo cittì per le prossime partite perché Andrea Capobianco non ha ancora deciso il nome del successore di se stesso. O che la gratitudine non è certo farina di Sacchetti (nella foto) e nemmeno la santità come mi vorrebbero far credere i suoi protervi seguaci. O che sarei anche stufo di sparare notizie a mitraglia a uso e consumo di chi mi chiama Vanesio o Narciso, e passi, essendo bene o male un caro vecchio amico, ma non del già citato C10H16O, il più grande copia e incolla del pianeta, nonché velinaro preferito di Giannino e pupillo strapagato da Papà Urbano. Stamattina, libero e bello come il sole, appena sceso dal letto, ho spedito questo post su Facebook: “Prozzecco pianta in asso il Banco di Sardara e va a Milano così finalmente l’Armani del Messi(n)a avrà un fior d’allenatore”. Ovviamente l’avevo buttata sul ridere non volendo drammatizzare una news che il sito di SuperBasket aveva sparacchiato quando ancora dormivo di gusto e Canfora se ne è subito impadronito sulla Gazzetta.it senza ovviamente citare la fonte, Giuseppe Sciascia (numero di tessera 078 della Loggia dell’Osiris). Infatti per evitare questo vergognoso saccheggio ormai ho preso l’abitudine di scrivere dopo cena e dopo aver svuotato davanti alla televisione il cestello quotidiano di ciliegie di cui, se Dio vuole, ho cominciato ad apprezzarne di nuovo il gusto. Segno che sto molto meglio, però incrocio le dita e non aggiungo altro. Ebbene, non ci crederete, ma la mia ironia non è stata apprezzata e mi sono così cadute le braccia quando la battutaccia da due soldi è stata presa da gran parte degli amici di Fb per una verità sacrosanta. Al punto che uno mi ha persino chiesto se Gianmarco Pozzecco sarà l’assistente di Ettor(r)e e un altro si è dispiaciuto perché il Poz non ha preferito andare a Pesaro. E sono stato tentato di rispondergli che sarà anche il più simpatico mattocchio di questo mondo, ma non ancora al punto di lasciare Sassari per andare alle Vuelle. Se invece seriamente mi domandate se mi sono stupito che Sardara e Pozzecco si siano lasciati neanche tanto d’amore e d’accordo, come tenteranno (invano) di farci credere domattina in conferenza-stampa, vi giuro che non ho fatto una piega. In Sardegna infatti anche i pastori di pecore sapevano che almeno una volta al mese da oltre un anno i due litigano di brutto. Tanto che mi ero pure stufato di scriverlo e comunque ogni volta il buon Virginio Bernardi, l’agente del mulo di Gorizia, doveva prendere l’aereo e volare nell’isola per sistemare le cose. Come del resto ha fatto venerdì. Però nell’occasione le pretese di Pallino erano davvero assurde e, senza scendere nei fastidiosi dettagli, vi dico subito che il Poz, che alla Dinamo non guadagnava più di Daniele Magro, il decimo giocatore del Banco, ha fatto benissimo a tornarsene prima possibile a Formentera dove sta che è una meraviglia, ha la sua bella da sposare e una residenza che il presidente gli aveva chiesto di cambiare per ragioni fiscali, ma lui non ci aveva sentito né dall’orecchio destro né da quello sinistro. Che poi Stefano Sardara sia il vero Padrone con la pi maiuscola, che a nessun dipendente auguro d’avere, questo per la conferma dovete chiederlo a MaraMeo Sacchetti e Enzino Esposito che pure loro hanno chiuso bruscamente un rapporto che solo agli occhi dei lecca-lecca della Banda Osiris poteva sembrare idilliaco. A proposito della famosa orchestrina da avanspettacolo diretta da Ciccio sempre più ciccio Tranquillo, persino più grasso di Bombolone Condò con il doppio mento, avrei un bel discorsetto da farle, ma ormai la mezzanotte è scoccata da un pezzo, il tempo è scaduto e non posso liquidare la brutta faccenda in meno di una mezzoretta. Onde per cui rinvio tutto alla prossima puntata anche perché a Umberto Gandini avevo promesso d’aggiornargli la lista dettagliata dei miei cento e non più di cento massoni, massone dopo massone, anticipandogli solo che nella sua Lega ne ha un paio, lo Zio Fester e l’Ombrina con la barbettache gli avranno senz’altro già proposto per la prossima stagione il rinnovo dei contratti con la società di Qui Quo Qua (Bernardi, Bassani, Chiabotti) o con la Giornata Schifo di Raffaele Ferraro o con qualche giornalista di Sky (Alessandro Mamoli?) che non mi sembrano poi così necessari e irrinunciabili alla luce soprattutto dei tempi bui a cui i diciotto club di serie A stanno andando incontro. O forse mi sbaglio? Luca Baraldi e Christian Pavani mi hanno già detto di no come del resto Federico Casarin e Paolo Vazzoler. Anche se qui gioco in casa. Piuttosto lo sapevate che in A2 Roma avrà comunque due squadre, l’Eurobasket e pure la Stella Azzurra in sostituzione di Roseto, che però dovranno emigrare fuori dalla Grande Raccordo Anulare? Mentre Imola oggi si autoretrocederà in serie B e al suo posto sarà ripescata Rimini o Fabriano. Così come è inutile che Marco Martelli, ex diesse della Virtus, ancora me lo neghi, ma tornerà ad essere il giemme della Junior Casale Monferrato dopo che Giancarlo Cerutti ha ceduto la società al dolce sponsor, la Novipiù del cavalier Flavio Repetto. Credendo che per oggi tutto questo possa bastare. A domani dunque. Quando di nuovo gli allenatori di serie A si ritroveranno in video conferenza e il loro sindacato (Usap) presieduto da Gianni Zappi risponderà a tono a una proposta di Umberto Gandini sulle modifiche nel rinnovo dei contratti (in caso di un altro stop del campionato per pandemia) che in primis Ettore Messina, nero come la pece, non intende in alcun modo sottoscrivere in quanto già bocciato dalla stessa Lega. Ahimè, me ne stavo dimenticando: Pallino Sardara ha oggi contattato Gelsomino Repesa, ma non escludo che domani possa anche dirottare su Stefano Pillastrini, Luca Banchi o Maurizio Buscaglia che costano meno. Staremo a vedere e intanto buonanotte a tutti.