Il teatrino sardo Poz-Sardara come una paella de marisco

paella

Sotto mezzogiorno sono andato in palestra a due passi da casa: eravamo solo Alberto, il mio pazientissimo personal trainer con la mascherina, e il vostro scriba ancora un po’ giù di peso (e di corda) nella grande sala dove, prima della pandemia, si faceva quasi a gomitate per salire sui tapis roulant. E così mi sono perso la conferenza-stampa live del Banco di Sardegna che mi hanno garantito sia stato uno spettacolo unico di cattivo gusto, ma comunque molto divertente se hai un stomaco di ferro e non ti perdi per nessuna ragione al mondo un talk show di Barbara D’Urso con Renato Brunetta e Littorio Sgarbi. “Certo col Poz è cinema Paradiso ad ogni ora”, ha subito scritto prima di pranzo sull’Indiscreto un Orso Eleni di nuovo in splendida forma e come al solito più veloce della luce. Altro che il sottoscritto che alla tastiera sta curvo sino ad avere la schiena a pezzi e si macera sul pezzo sino a tarda notte con lo sconcertante risultato finale che la sua satira da tre soldi non sia il più delle volte compresa nemmeno dagli amici più intimi. “Poi prendono il capo espiatorio al mirto e ti fanno sapere che sono gli altri ad essersi inventati un divorzio che, viste le facce, sembrerebbe al momento una separazione in casa”. I protagonisti del teatrino sardo sono ovviamente Stefano Sardara e Gianmarco Pozzecco, ma stavolta non è stato difficile individuarli. In compenso c’è tutto il succo di un divorzio annunciato ieri da tutti i siti-blog e oggi da tutti i quotidiani d’Italia che Gesù Cripto in poche righe ha favolosamente spremuto. Insomma un pasticcio di maccheroni o meglio, per riavvicinare il Poz alla sua Formentera, una gustosa paella de marisco (nella foto) messa su in quattro e quattr’otto per quietare in primis una piazza che stamattina s’era svegliata un po’ stanca di un padre padrone che una volta litiga con MaraMeo Sacchetti, l’allenatore dello scudetto, un’altra baruffa con Enzino Esposito e ora va in bestia con l’elettrico muletto di Gorizia. Il quale, piaccia o non piaccia, l’anno scorso ha sempre vinto la Coppa Italia e perso il titolo all’ultimo duello con la Reyer di Walter De Raffaele. Ancora con la paella alla catalana sul fuoco Pallino ha allora inscenato una commedia già vista e rivista: se l’è presa insomma con i giornalisti che si sono di nuovo inventati tutto. E ti pareva. E in particolare con il mio caro C10H16O, la formula chimica della canfora, al quale ha scaricato addosso tutta la colpa di una fake news che in verità lui aveva copiato da Giuseppe Sciascia, blogger di Superbasket, e l’aveva scritta su Gazzetta.it.  Ben gli sta, mi verrebbe da dirgli, ma negli ultimi tempi sono diventato un santo. San Vanesio come mi suggerisce prontamente Gesù Cripto Eleni e quindi mi va di difendere a spada tratta (e lo scudo crociato) non solo Mario Canfora, ma tutta la categoria della stampa sportiva nazionale, compresa quella sarda, che tra ieri e oggi ha riempito pagine e pagine di notizie di pallacanestro sulla separazione tra Sardara e Pozzecco che il Pinocchio della Dinamo ha definito “una torcida di cavolate”. In effetti qualcuno ha mai visto i due azzuffarsi tirandosi per i capelli? No, anche perché Pallino ha la testa lucida proprio come la biglia bianca delle boccette. O prendendosi per il colletto? Nemmeno questo perché il Poz non avrebbe paura di strapparsi di dosso la camicia neanche davanti al Papa in Vaticano. E dunque vuoi vedere che magari tutti ci siamo sul serio una cantonata? Peccato che venerdì fosse volato a Sassari quel sant’uomo che è per davvero Virginio San Bernardi e non certo per andare in vacanza al mare. Dal momento che deve ancora sistemare un paio d’allenatori che assiste come il Pilla Pillastrini e il Pierino Bucchi ammesso che Fred Buscaglia trovi casa a Pesaro dopo aver chiesto e ottenuto la buonuscita da Reggio Emilia. E peccato anche che persino a Cagliari li abbiano sentiti litigare almeno una dozzina di volte negli ultimi tre giorni. Sono proprio curioso di leggere domattina cosa scriveranno i giornali accusati da Sardara d’essere fatti con i piedi e d’essere pure dei gran bugiardi. Staremo a vedere, ma non m’illudo che s’indigneranno più di tanto essendo Pallino potente e protetto da Giannino. Nel frattempo vi finisco di raccontare come più o meno sono semplicemente andate le cose. Nel bel mezzo dell’ennesima accesa discussione il proprietario di due squadre di serie A (o forse Petrucci se ne è dimenticato?) ha chiesto al suo allenatore di Sassari ormai ex se avesse già scritto e spedito la lettera di dimissioni. “Io neanche ci penso – gli ha risposto stupito Gianmarco -. E tu, piuttosto, mi hai licenziato?”. “Non sono mica matto a pagarti altri due anni di stipendio”. E così, come succede tra moglie e marito quando hanno deciso di divorziare, però nessuno dei due vuol lasciare all’altro la casa dove è sbocciato il loro amore infinito, entrambi hanno convenuto che fosse il caso di far finta di volersi ancora un sacco di bene davanti alla gente, ma di dormire in camere separate e di mangiare uno in soggiorno e l’altro in cucina. Ancora per quanto tempo? E chi può dirlo? Bisognerebbe domandarlo all’oracolo di Apollo che per la Sardegna ha sempre avuto un occhio di riguardo. Mentre Gelsomino Repesa per l’ennesima volta l’ha preso in quel posto e non è detto che non si sia ormai stufato di questi capricciosi italiani che promettono mari e monti e cambiano idea dalla sera alla mattina. Come ha fatto oggi Pistoia che ha deciso d’auto-retrocedersi in A2 e, se volete sapere la mia, ha fatto benissimo perché, come dicevo ieri, è da stupidi avere le pezze al culo e comprare cavale e champagne. E così in serie A sono di nuovo in diciassette, un numero che ha già portato parecchia sfortuna in questa stagione. E quindi? Sarà un’altra battaglia tra i patrizi (pochi) che vorrebbero ridurre il campionato a sedici squadre sperando che il signor Aldo Vanoli chiuda bottega e i plebei (molti) che lo vorrebbero allargare a diciotto ripescando magari Verona che però non ci sente da un orecchio. Se invece pensate che adesso vi racconti l’appassionante guerra tra i titani che ormai è esplosa tra l’Armani e la Segafredo, o meglio tra Ettore Messina e Luca Baraldi sostenuto stamane dal patron Massimo Zanetti durante la presentazione di Awudu Abass, neoacquisto della Virtus, vi dico subito che casco dal sonno e che potrei anche addormentarmi tra un minuto sulla tastiera. E dunque mi scuso con i miei aficionados, come direbbe l’emerito dottor Divago, alias Gianni Clerici, novant’anni il 24 luglio, ma sono costretto a darvi appuntamento alla prossima serata. Sottolineando solamente questa frecciatina che Zanetti ha scoccato contro Milano che in verità è una sciabolata bella e buona: “Ci piace un giocatore (alludendo a Davide Moretti, ndr) e Milano ce lo soffia sotto il naso strapagandolo soltanto per il piacere di bruciarlo come ha già fatto con molti suoi campioni e con quasi tutti i suoi giovani. Milano ha un budget esagerato (si parla di quasi 40 milioni di euro), ma non basta comprare i giocatori (bisognerebbe magari anche allenarli) e avere un mare di soldi per vincere lo scudetto. Sasha Djordjevic ci ha insegnato già quest’anno che si può lo stesso battere la squadra di Messina e ci eravamo anche riusciti se la Lega e la Federazione (solo per far contento Armani) non avessero avuto fretta di bloccare e annullare il campionato”. Applausi. E non siamo ancora in estate. Già immaginando e pregustando come saranno pirotecnici il prossimo inverno e la prossima primavera.