Il signor Gilberto, Federica II ma non Bonucci capitano

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Non ve la faccio troppo lunga. Altrimenti sarei uguale a Lucianino Spalletti con il panciotto che per spiegare un’azione sciocca è persino più eterno di Silvio Berlusconi e prolisso di Lele Adani. Prima di sabato scorso non conoscevo questa brutta bestiolina che è la sciatalgia. Una lama sottile che almeno a me scende dalla chiappa destra lungo il femore e mi accarezza a sciabolate. La Tc lombosacrale ha stabilito che abbia delle ernie al disco. Quante? Lo dirà nei prossimi giorni una bella risonanza magnetica, ma prima deve passarmi il dolore con le punture della Tigre sul sedere e intanto provo a starmene buono buono a letto o, meglio, in poltrona. Davanti alla televisione. Come un vecchietto. Con il plaid sulle ginocchia e la pipa in bocca. No, la pipa no: mi è sempre andata di traverso. E poi non fumo più: ormai da ben ottanta giorni. Colpa del golf? Non credo. Negli ultimi anni non ho giocato quasi mai. E allora? “Saranno stati gli accidenti che ti mandavo sino diciotto mesi fa”, ha scherzato Giannino Petrucci ieri al telefono. Un vero amico. Sincero. Probabilmente sto troppo tempo seduto a scrivere. Bravo ma lento: di me si dice in giro e penso che abbiano ragione. Ma non mollo come potrebbero sperare quelli della Banda Osiris. Di cui devo fare i cento nomi prima della festa (11 novembre) di San Martino a cavallo che è un dolce-biscotto veneziano di pasta frolla impreziosito dagli smarties al cioccolato. Smascherandoli mattone per mattone. Scontatamente cominciando da Flavio Tranquillo, oggi Ciccioblack, ma sino a ieri non meno Cicciobello di  Paolo Condò, l’unico al mondo che ha visto stasera un Empoli degno di un pareggio con la Juve e per questo meritevole, lui sì, della tessera numero 100 della loggia cestistica (e altro) della quale anche in passato era stato un occulto e cocciuto sostenitore assieme ad Alex Del Piero (n.9 e mezzo). Chi è quel brutto ciccione in televisione mi ha chiesto inorridito mio nipote di sette anni e di sette scudetti. Un mulo di Trieste, anzi, proprio un asino, gli ho risposto tra il serio e il faceto. Dormo poco e per questo sarò un grillo alle tre quando dovrò spostare indietro di un’ora le lancette di tutti gli orologi e le sveglie che ho in casa. Un lavoraccio. Chi invece un po’ mi conosce non fa fatica ad immaginare che il fatto di non aver potuto scrivere per una settimana intera mi ha fatto parecchio, ma parecchio incazzare. Come l’articolo vergognoso di Gian Antonio Stella (Corriere della sera) per l’addio al signor Gilberto. Come lo chiamava e lo ha ricordato con amore il mio Acciughino Pittis. “I lutti, il ponte, gli insulti online: l’anno orribile”. E per ora non aggiungo altro perché ho anche la pressione alta e la glicemia alle stelle, vorrei bruciare il mondo e sono a pane e acqua. O quasi. Dico solo che ci sono rimasto male quando ho saputo della morte di Gilberto Benetton. Il dolore è un’altra cosa. Però mi mancherà, ne sono sicuro, quel grande uomo di sport, timido e gentile, che t’imbarazzava per la sua sorprendente semplicità. Che non mi ha mai rifiutato un’intervista a Villa Minelli, che parlava poco e ascoltava molto, che mi voleva al Gazzettino, ma non piacevo al comitato di redazione e allora gli dissi: “Lasci stare, sono i peggiori dei veneti perché sono piccoli invidiosi che credono di sapere solo tutto loro”. E lo facevo sorridere. Però anche arrossire. A mezzogiorno sul ghiacciaio austriaco di Solden è ricominciata la Coppa del Mondo di sci alpino con un nobilissimo podio nel gigante. Prima la francese Tessa Worley, due volte campionessa del mondo della specialità nel 2013 e 17. Seconda Federica Brignone, bronzo olimpico a Pyeongchang 2018. Terza Mikaela Shriffrin, riccioli d’oro, la Shirley Temple della neve, 23 anni e già la miglior slalomista della storia. La figlia di Ninna Quario ha il suo caratterino e come la madre non è simpatica a tutti, ma è tostissima: quest’estate, a Ferragosto, si è stirata al ginocchio sinistro ed è stata out sino a fine settembre. Eppure sul Rettenbach nella prima manche nel latte è stata la più veloce e quindi non serve aggiungere che è un fenomeno. Stando a letto, ne ho viste tante e lette di bellissime. Come quelle di Danilo Sarugia, pungente e arguto giornalista milanese, capo ufficio dell’Inter ai tempi di Fraizzoli e Mazzola, che di Spalletti ha scritto: “E’ il numero uno degli allenatori che parla e parla e non ha mai inventato niente. Borioso, metafisico, più amato dai cinesi della Cuccarini, ha affrontato il mercoledì il Barcellona con questa strategia: gestire il controllo del pallone. Ergo controllare il gioco dove hanno inventato il tiki-taka”. Prima di Pierluigi Pardo. Insomma al Camp Nou gli è andata ancora bene. Solo due peri, ma non c’era Messi con un braccio al collo. Dall’ora legale a quella solare. Alle sei il MotoGp dall’Australia. Quasi ci siamo. La sciatica non mi dà tregua e così non mi perderò nulla. Pure di basket. La vera passione del signor Gilberto che portò Kukoc, Pittis, Vinny Del Negro, il povero Woolridge e Stefano Rusconi alla Ghirada. E scudetti e coppe a Treviso. Ieri è già oggi e ieri Marco Cattaneo, che non è Ivan,  mi ha fatto di nuovo arrabbiare Max Allegri che non so cosa aspetti a mandarlo a quel paese. “I nostri figli hanno bisogno d’esempi visivi”. Come il secondo gol di Ronaldo: un terrificante fulmine all’incrocio. “Con la teoria e le chiacchiere non si va da nessuna parte”. Lo capirà mai la Banda Osiris? “Mi piange il cuore vedere i bambini che vanno all’allenamento e non si divertono perché li imbottiscono di schemi e di lavagnette”. Tredici partite in stagione: dodici vittorie e un solo pareggio quasi per sbaglio. Con il Genoa e Bonucci capitano. Una scelta esagerata, convengo, che ha fatto non poco arrabbiare Mandzukic che aveva e ha ragioni da vendere. Il troppo storpia. Mille volte meglio Dybala con la fascia al braccio. Oggi (o domani?) Lewis Hamilton vincerà il quinto mondiale: chapeau. Ma Ayrton Senna è stato un’altra il cosa: era il Brasile, la mia terra.