Al Circo Massimo è nata l’Italia di Cochi e Renato Pozzecco

Circo-Massimo

Stamattina, come tutti i tre di giugno, la prima cosa che faccio da oltre quarant’anni, stropicciandomi gli occhi e schiarendomi la voce, dopo essermi lavato in fretta come i gattini, è telefonare a Sandro Gamba per regalargli canestri e ancora canestri d’auguri di buon compleanno. Con l’amato (ex) cittì e con Stella, la sua cara moglie, ho sempre avuto un rapporto molto bello. Quasi familiare. Legato a ricordi dolcissimi: l’oro di Nantes, l’argento di Mosca e di Roma, il bronzo di Stoccarda. Ma anche la magnifica tournée con la nazionale nei college dell’America a stelle e strisce, il pranzo all’università di North Carolina ospiti lui ed io di Dean Smith o le vacanze d’agosto insieme in Sardegna. Quella volta al Forte Cappellini. Dove una sera, nel teatrino del club village di Baja Sardinia, diede spettacolo Beppe Grillo ironizzando su un politico emergente molto vicino a Bettino Craxi che mi pare si chiamasse Silvio Berlusconi, ma potrei sempre anche sbagliarmi. Per i novant’anni ha fatto gli auguri a Sandro sulla Gazzetta anche Ettore Messina che fu suo primo assistente nella Virtus: “Auguri coach Gamba. In questo giorno speciale voglio ringraziarti d’essermi stato Maestro, amico e un esempio di correttezza, di leadership e di passione non solo per il gioco del basket”. Senz’altro Sandro gli è stato buon Maestro, con l’emme maiuscola, di leadership e pure di passione. Ma lasciamo perdere la correttezza. Per favore. Perché un allenatore più scorretto di  Messi(n)a, a meno che non voglia unirmi alla pletora dei giornalisti ipocriti e farisei che lo idolatrano, è difficile trovarlo sui parquet d’Italia e forse anche d’Europa. E qui non credo proprio di sbagliarmi. Specie quando Ettore se la prende con gli arbitri o con uno dei suoi giocatori italiani. O per come si è comportato nei confronti di Simone Pianigiani. Boccaccia mia, statti però ora zitta. E buona.

Oggi è un giorno di festa. E d’allegrezza piena. Anche se sabato sarà solo domani nel villaggio del nostro piccolo basket. Dove dopo pranzo ci si attendeva il primo pirotecnico show del grande Gianmarco Pozzecco in nazionale. Al Circo Massimo (nella foto, ndr) di Milano. Acrobati e ballerini, pagliacci e scimmiette, patatine fritte e popcorn. E invece niente di niente. Perché il Poz era emozionato, quasi commosso e va capito: nemmeno lui in effetti avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventato il cittì degli azzurri della palla nel cestino senza aver mai vinto uno scudetto. Nemmeno strappando la camicia in mille pezzi o, come d’abitudine, abbracciando tutti quanti. Anche il cameriere del Principe di Savoia che gli voleva solo offrire un calice di Prosecco, il suo bollicine preferito, e che deve aver pensato tra sé e sé: ma questo è proprio matto da legare? No, forse lo era. Quando giocava playmaker e simpaticamente – credo – lo chiamavo la Formica atomica e non la Zanzara come Laurito ha poi storpiato il mio soprannome doc. Al punto che l’ho cambiato e ora per me è diventato P(r)ozzecco. Gli piaccia o meno. Del resto non ho con lui da tempo alcun rapporto. Neanche un saluto. Pazienza: me ne farò una ragione. Anche se in verità mi ha divertito una delle sue mitiche baggianate che ha sparato al microfono quando ha detto che il miglior allenatore della terra è Ettore Messina che in nazionale ha fatto la storia. Come no? Ha perso a Torino il torneo di qualificazione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro contro la Croazia più scarsa dell’ultimo secolo e mezzo.

Per fortuna che al mancato show del circo massimo è intervenuto il mio Giannino più divertente del clown bolognese che su un giornale, non importa quale, ha scritto che la Fortitudo è ad un passo dall’ingaggiare Pianigiani. Come no? Difatti Simone ci andrebbe anche a piedi ad allenare in A2 e comunque, per non arrivare in ritardo, nel pomeriggio si è già incamminato dalle Tre Torri di City Life verso le Due degli Asinelli. Fa anche ridere ad essere sinceri vedere tutti i santi giorni Hemingway Sciascia Giuseppe che mitraglia spaventose bufale su non so quale sito web mentre sua moglie entra nella stanza con la borsa della spesa dalla quale spuntano le foglie di sedano o di carciofo a seconda delle stagioni. E se ne va in cucina a preparare la cena. Ma mai sarà esilarante come il federal Petrucci che, presentando il nuovo cittì in conferenza-stampa, l’ha chiamato non una, ma due o forse anche tre volte Gianmarco Pozzetto (sic!) a dimostrazione che non si è ancora ripreso e reso conto di cosa ha combinato quarantott’ore prima dando un calcio sul sedere al povero Sacchetti mentre MaraMeo cadeva dalle nuvole o dal pero. Nemmeno questo ho ancora ben capito e comunque sono certo che presto Giannino ci comunicherà anche lo staff tecnico azzurro che ha scelto insieme a Salvatore Trainotti per supportare Renato P(r)ozzecco. Uno sarà di sicuro Cochi Ponzoni oltre a probabilmente Edoardo Casalone, l’allenatore di Torino esonerato, e a Peppe Poeta se saprà dire di no alle sirene di Messi(n)a e di Trento.

Mi fa invece molto meno sorridere la partecipazione di Federico Casarin a Oggi le comiche girato nel primo pomeriggio al Principe di Savoia di Milano. Anzi, mi è passata proprio la voglia di scherzare. Perché se il presidente della Reyer non si fosse mosso oggi da Venezia, mi sarebbe se non altro rimasto il dubbio che non aveva sposato in pieno la pittoresca e intempestiva scelta di Petrucci di sostituire Sacchetti con il Poz e non, almeno, con Walter De Raffaele che, una volta scartati Sasha Djordjevic e Gas Gas Trinchieri, non avrebbe, a mio modesto parere, potuto avere rivali nella corsa alla panchina della nazionale. O forse sono io che sono fatto male. Difatti avrei già dato mercoledì subito le irrevocabili dimissioni da vice presidente federale non appena mi fossi reso conto di stare lì soltanto per sostenere i giochini di Petrucci e di Messi(n)a. Cioè sistemando le rogne arbitrali nel passaggio di consegne da Stefano Tedeschi a Citofonare LaMonica o concedendo la deroga a Paternicò e Begnis d’allungare l’età della loro pensione da 55 a 60 anni. Senza contare che la nuova riforma dei campionati sembra fatta con i piedi se tra due stagioni l’A2 sarà un girone unico a venti squadre e nella serie B a 32 ci saranno appena due promozioni. Oltre all’affollatissima serie C interregionale. Insomma il Palazzo di Giannino sta imbarcando acqua da tutte le falle come l’Andrea Doria centrata sulla fiancata di dritta dalla prua della Stockholm e nessuno ci fa caso. Petrucci si è innamorato di Trainotti come sino poco tempo fa di Messina da Catania e intanto ha perso l’appoggio, oltre che di Tedeschi, presidente degli arbitri, anche del fedelissimo Pietro Basciano al quale ha chiesto addirittura di dare le dimissioni dalla presidenza di Lnp di A2 e B. Insomma MaraMeo non era che l’ultimo dei problemi federali e solo perché, bene o male, era arrivato quinto ai Giochi di Tokyo come a quelli di Los Angeles l’Italia di Sandro Gamba. Che fu licenziato su due piedi anche allora da chi? Indovinarlo non vi sarà difficile.

Oggi è stato l”indimenticabile 36esimo compleanno pure di Alfred Joel Al Horford Reynoso, 2 e 06 di San Felipe de Puerta Plata (Repubblica Dominicana) che, alla sua prima finale Nba della vita, ha trascinato alla vittoria (108-120) i Boston Celtics, la mia squadra del cuore sin dai tempi delle epiche sfide anni 80 con i Los Angeles LakersLarry Bird contro Magic Johnson, non so se mi spiego. In gara 1, a San Francisco, contro i favoritissimi Golden State Warriors di Steph Curry che mi sta antipatico come pochi altri al mondo ed è disgustoso quando si mastica e rimastica il paradenti di gomma tra i denti. Non fosse solo perché è pure il preferito di Ciccioblack Tranquillo, cioè quanto basta e avanza per motivare la mia immutabile scelta di campo. 26 di Joel Horford, mvp del match, e 40-16 dei Celtics nell’ultimo quarto. Con il fantastico dominicano che sul 103 pari ha infilato 8 punti decisivi di fila. Quasi da non credere. Difatti ancora non ci credo che Boston possa conquistare il titolo. Così come sono convinto che l’Armani non possa di nuovo perderlo con la Virtus. Però sarebbe un sacco divertente. Sono sincero. E non come Renato Pozzecco o come cavolo si chiama. Che è stato scaricato da Messi(n)a prima di Natale. Lo sanno tutti. Ma tutti hanno il terrore di scriverlo. Tranne il coraggioso Umberto De Santis di Pianeta Basket. Che ha titolato: “Presentazione Pozzecco: poche idee ma ben confuse”. Dopo aver attaccato ieri anche Giannino. Che tanto dice d non leggere i blog e quindi può stare tranquillo. Pardon, sereno. Tranquillo mai!