A Repesa è dolce il naufragar in questo mare di lacrime

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Chissà perché quando il Bamberg le prende di santa ragione in Eurolega dalle russe, prima dal Khimki di Shved e poi dal Cska di Teodosic, nessuno più canta le imprese di CamoMelli e di Gas Gas Trinchieri sui parquet germanici? E chissà perché solo quando si è temuto di perdere Hackett per il preolimpico di Torino ci si è ricordati di Danny Boy che per la verità è da un pezzo che sta giocando molto bene nella squadra del Pireo? Purtroppo anche la nostra pallacanestro ha i suoi figli e i suoi figliastri. E ben altre mele marce che la Gazzetta vuol vendere a peso d’oro al mercato dei grulli, ma non ci casco più e men che meno mi mangio il fegato. Anzi, l’ho giurato a me stesso: d’ora in avanti penserò solo a ridere di voi, poveri scemi, che vi lasciate ancora abbindolare da Mario C10H16O che vi racconta la favola di Cenerentola e magari vi nasconde che il suo principe azzurro è gay. Vi chiedo allora: qual è stata la più bella del reame domenica sui campi italici? Senz’altro quella di mezzogiorno su Sky nel finale di Brindisi-Sassari. In effetti a tre minuti dal 40esimo la squadra del presidente di Lega, che dovrebbe avere molto meno paura di Giannino Petrucci e delle sue minacce, era avanti 80-65 su quella di Stefano Sardara che invece si metterebbe il presidente federale nel taschino posteriore dei pantaloni se solo nove club su sedici della serie A glielo domandassero. Ebbene non ci crederete, ma Sassari è arrivata ad un punto (82-81) da Brindisi. La quale, come ha spavaldamente detto Andrea Meneghin, “ha alzato un po’ presto le mani dal piede dell’acceleratore”. Stupendo. E comunque sempre bene bravo 7+ al figlio di Dino. Mentre dopo cena mi è toccato anche sentire Edi Dembinski dal Pianella che diceva ad Acciughino Pittis sul time-out del 66-71 a 15 secondi dalla fine: “Ormai temo, Riccardo, che si giochi soltanto per la differenza punti tra andata e ritorno e non più per la vittoria”. Temevi cosa? Forse che Reggio Emilia raggiungesse, come ha fatto, la tua Milano in testa alla classifica? Caro il mio Denbinsky, o come cavolo ti chiami, proprio adesso che avevo forse imparato a scrivere giusto il tuo cognome, ecco che mi scivoli sulla classica buccia di banana e ti becchi un ennesimo quattro in pagella. Tanto più che la Grissin Bon si era bevuta l’Acqua Vitasnella anche nel match d’ottobre quando alla presidenza di Cantù c’era ancora Anna Cremascoli. La quale, visto che un discorso tira l’altro, come i semini di zucca con il sale, adesso vorrebbe prendere il posto di Fernando Marino alla guida di una Legabasket che non più tardi di due mesi fa riuscì con il caso Johnson a spaccare in tre o quattro parti. Evviva! E qui ci vuole, oltre allo champagne, anche il punto esclamativo. Pure a Pittis (voto 7 confermato) sono piaciuti ieri i miei gemelli: Abass e Della Valle. Arrivando a sbilanciarsi per Ricciolino e gridando: “Io lo amo questo giocatore”. Peccato solo che sia arrivato secondo. Staccato di nove mesi dal vostro scriba. O mi sbaglio? Così che, già che ci sono, v’invito anche a buttare un occhio su Andrea De Nicolao da Camposampiero, provincia di Padova, che sta crescendo come un’edera e si sta arrampicando sino alla finestra della nazionale. Esagero? Non credo, visto che ha già superato da un pezzo Andrea Cinciarini che alla corte leopardiana di Gelsomino Repesa si è smarrito come nel labirinto di Villa Pisani a Stra, provincia di Venezia. O forse è la scuola di Max Chef Menetti, juventino al bacio, che funziona meglio del MasteChef dell’intertriste Bruno Barbieri e del milanista Carlo Cracco dai quali non andrei a cena neanche se me la offrissero e fossi morto di fame? Tra poco comincia il posticipo tra Capo D’Orlando e la Virtus Bologna, ultima spiaggia per i siciliani (ma anche forse per Giorgio Valli) che non mi voglio assolutamente perdere e per questo vi do appuntamento a domani con le nuove avventure di Ciccioblack Tranquillo in vacanza nel Mar Nero e di Gelsomino Repesa in un mare di lacrime. Invero l’allenatore croato dovrebbe essere l’ultimo in serie A a piangere all’Infinito perché gli mancano un paio di buoni giocatori e invece ha intorno a sé tutti i giornalisti d’Italia che gli passano i fazzolettini di carta e gli buttano il salvagente per salvarlo dal naufragio. Al punto che quasi quasi anch’io mi commuovo per le ristrettezze nella quali è caduta da qualche mese l’Armani e singhiozzo sulla spalla di Max Chef Menetti che pure ha espugnato Cantù senza Kaukenas e Veremeenko, ma nessuno se ne è accorto. Come di Venezia senza Green, Peric, Ress e un lungo qualsiasi che ha sculacciato la svergognata Torino che ora rischia sul serio di tornare nella bolgia della A2 dalla quale quest’estate è scappata.