Basta con Milano, godiamoci piuttosto Reggio italiana

reeg

Non fammi parlare. Si raccomandano in tanti. Salvo un minuto dopo raccontarmi tutto. Per filo e per segno. L’importante è che non li smascheri. Il resto viene da solo. In fiducia. Se invece pensate che le notizione, come le chiama quel matto intelligente di Fiorello, mi piovano dal cielo e mi cadano sulla zucca come le noci di cocco, evidentemente mi conoscete poco e in chissà quale Paese delle meraviglie vivete. Passo i pomeriggi al telefono. E con gli allenatori d’Italia mi sento molte più volte di quante neanche v’immaginate. Uno di questi, la settimana scorsa, mi ha per esempio domandato che fine avessi mai fatto: “Non ti avranno mica messo in galera?”. Non ancora. “Perché io in prigione le arance anche te le porto”. Lo so benissimo. “E, già che ci sono, c’infilo dentro anche una lima. Così seghi le sbarre e scappi. Difatti che basket sarebbe se tu non potessi sparare liberamente ogni giorno le tue cazzate?”. Bisognerebbe reinventarlo, ma mi sa tanto che si è rotta la macchinetta e al papà non tira più. O mi sbaglio? Assolutamente non credo. Dei pasticci che sta combinando il Livido Proli ieri non ho scritto una riga. E neanche oggi. Forse domani. Ma state pure tranquilli o, meglio, sereni: so tutto. Né corro il rischio che qualcuno mi bruci la notizia sotto al naso per almeno un paio di buone ragioni: i giornalisti di Milano dormono peggio degli orsi in letargo e poi, quando anche si svegliano, certe cose non ve le possono comunque raccontare. Altrimenti Armani toglie la pubblicità su quel quotidiano che già non se la passa nemmeno tanto bene. Insomma ci siamo capiti. Oppure devo pensare che siete diventati anche voi tutti degli ipocriti che si sono venduti per trenta danari? Dico solo che quello di Alessandro Gentile non sarà un addio a Milano, ma molto più probabilmente un arrivederci all’anno venturo se non andrà agli Houston Rockets con una mozzarella di bufala in dono per Michelino D’Antoni. Anche perché Giorgio Armani gli ha promesso di prestargli il suo yacht pure per la prossima estate. Come lo scorso fine luglio. E non ditemi che non sapevate nemmeno questa. Invece magari vi hanno raccontato la leggenda metropolitana secondo la quale Bruno Cerella si è legato all’Olimpia per un altro biennio solo perché ad una sfilata di moda ha incontrato proprio Re Giorgio. Che gli ha domandato: “Come te la passi?”. E l’argentino di Bahia Blanca gli ha risposto sconsolato che Proli gli aveva consigliato di cercarsi un’altra squadra. “E allora tu vai da lui e gli dici che ti rinnovi il contratto perché te l’ho detto io”. Non volevo parlare del coacervo di Gelsomino piangente Repesa e non lo faccio. Tanto il nome della squadra nella quale andrà a giocare il secondo figlio di Nando ve lo dirà l’ArLecchino di Mamma Rosa non appena lo saprà da Proli. Forse al Bamberg di Gas Gas Trinchieri? Non è da escludere, anche se mi auguro che Alessandro possa trovare qualcosa di meglio. Visto che i campioni di Germania sono ultimi in EuroLega e come Milano non andranno ai playoff a meno che non succeda il finimondo. Quanto al resto cosa devo raccontarvi ancora? Che stasera vado a vedere la Reyer al Taliercio con il Le Mans e qualcuno mi chiederà cosa ha Stefano Tonut che non gioca quasi più e, quando anche scende in campo, è irriconoscibile: vuoto e timido. Non avrà per caso l’ernia? Operatelo allora: cosa aspettate? Venezia continua comunque a vincere e a stupire anche senza il suo giovane leader. E allora una domanda ve la faccio adesso io: non sarà mica che Walter De Raffaele è un gran bravo allenatore? Su, coraggio, rispondetemi che intanto cerco un simpatico soprannome anche per il livornese che, se gli piace, potrei sempre chiamare Ray-Ban. Non fosse infatti inciampata  in casa con Trento, ora l’Umana sarebbe seconda in classifica a pari punti con Reggio Emilia. La quale ha battuto nel posticipo pure Capo d’Orlando, che è assai più forte di quel che sbagliando si creda, nonostante il guyanese Delroy James abbia fatto anche ieri sera flanella e forse sarebbe il caso di tagliarlo se la Grissin Bon dovesse per forza come Milano vincere lo scudetto, ma è così bella con i suoi magnifici sei italiani che io non la toccherei neanche se me lo ordinasse il dottore. Rischierei infatti di rompere certi equilibri che sono sempre delicati in una squadra sulla quale da sette anni Max Chef Menetti sta lavorando con tanto amore. E sempre meglio. Mentre non capisco piuttosto come la Gazzetta faccia a sostenere che Fede Pasquini non possa essere licenziato visto che un giemme non caccia mai un allenatore essendo il dolce emiliano contemporaneamente coach e manager di Sassari. Peccato che stiamo parlando del Banco di Sardara e che Stefano Sardara nella Dinamo sia deus ex machina. Ovvero non si muove foglia a Sassari se lui non lo voglia. Quanto al significato della parola coacervo dovete chiedere lumi a Matteo Renzi: non è comunque, fidatevi, una parolaccia.