Più del Gallo ha sbagliato Ettore e ora tocca a Marameo

sacchetti

O famo strano. Propose Ivano, il coatto, alla moglie Jessica (Claudia Gerini) in “Viaggi di nozze”, il cult di Carlo Verdone che deve piacere un casino anche a Flavio Tranquillo. Altrimenti nelle sue deliranti e spaventose radiocronache su Sky non lo avrebbe continuamente riproposto a Danilo Gallinari. Il quale, quando può, lo ascolta. Da bravo figliolo qual è. Però stavolta mi pare che abbia un po’ esagerato: e l’ha fatto molto, forse anche troppo, strano. Facendosi pure un sacco male. La qual cosa assai mi addolora. Dico sul serio. Perché il Gallo di suo era già abbastanza fragile e poi non l’ha di certo lui scelto Ciccoblack come padre, mentore e istigatore. Comunque non lo condanno. Non fosse altro perché non è nel mio costume o forse semplicemente perché sono nato bastian contrario, sto bene anche da solo, vivo in pace con me stesso e non mi unisco a nessun coro o gregge. Al punto che sarei stato anche tentato persino di difenderlo se il suo destro alla mascella di Kok non fosse stato un gesto assolutamente indifendibile e violento. Semmai in quel pugno chiuso e surreale, con la faccia cattiva e feroce, sono nascoste ben altre responsabilità. La prima è di Ettore Messina. Che dopo il fallimento nel preolimpico di Torino e l’impossibile sconfitta con la Croazia avrebbe dovuto capire che il suo mondo non è più il nostro e sarebbe dovuto rimanere in America. A San Antonio. Invece ha ridetto sì a Giannino Petrucci e se ne è già pentito. Anche se mi va di pensare, e non solo per il gusto di provocare, che con Gallinari a Tel Aviv, e successivamente spero a Istanbul, non avremmo vinto un bel niente di niente. Non fosse altro perché il Gallo, che oggi otto, cioè l’otto dell’otto, compirà 29 anni, non ha mai vinto nulla in vita sua e per questo ingenerosamente l’ho sempre considerato il più grande perdente di successo di tutta la storia della nostra pallacanestro. Del resto due estati fa lui c’era a Lille e non mi risulta che l’Italia sia salita su uno dei tre gradini del podio europeo. Ma allora, me lo stavo dimenticando, la colpa fu data tutta a Simone Pianigiani: come no? Andremo invece a Tel Aviv senza il Gallo nel pollaio, Datome non sarà più il jolly ma il meritevole leader della nazionale, Messina scoprirà che esiste anche Pascolo e così magari torneremo dagli Europei con una meravigliosa medaglia al collo. Il mio compaesano, adottato dai veneziani come un fratello, ha pure sbagliato a caricare d’eccessiva tensione quella che con l’Olanda a Trento doveva essere né più né meno che un’amichevole che si poteva benissimo anche perdere e non sarebbe crollato il mondo. Invece ho visto solo facce stressate, occhi spiritati, braccini corti e gambe che facevano Giacomo Giacomo. Ma dai! Avrebbe esclamato l’immenso Giampiero Mughini sdrammatizzando e magari anche chiedendosi: ma chi sarà mai questo Gallinari? Tanto più che sabato a cena, dopo aver spezzato le reni alla Bielorussia e prima del fattaccio di domenica sera, Ettore aveva suggerito a Giannino e al P.G. di Tuttosport, così i giornali di Papà Urbano si sono beccati l’ennesimo buco nazional-popolare, il nome del suo più gradito successore: MaraMeo Sacchetti. Che oggi a mezzogiorno ha pranzato a Roma con Petrucci e gli ha detto “sì, accetto di fare il cittì” dopo aver finto d’averci pensato sopra per due lunghe notti e aver gustato la famosa crostata d’albicocche o pesche o pere di cui il presidente federale va ghiotto. E Sacripanti? Messina l’aveva già fatto fuori. E Djordjevic? Lo ripeto: pensava di poter avere la luna. E Buscaglia? Non ha convinto del tutto Giannino. E quindi? Io avrei di nuovo corteggiato Tanjevic. Ma Petrucci,  chissà perché, non mi ascolta più. Se mai mi ha ascoltato.