Suore e preti del basket: il nostro è Fratello Luca Blasetti

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Avete notizie di suor Jean Dolores, 98enne leader spirituale di Loyola, la squadra universitaria di Chicago che a sorpresa sabato santo affronterà in semifinale Michigan nella Final Four Ncaa di San Antonio in Texas? Oggi Mamma Rosa non ne ha stranamente parlato e io sono davvero molto ma molto preoccupato. Non tanto per la reverendissima madre, che scoppia di salute, a parte i dolori all’anca, ma per Massimo Oriani che nell’ultima settimana l’aveva ogni giorno infilata in tutti i suoi polpettoni a stelle e strisce. “Sister Jean Dolores Smith non è solo la cappellana di Loyola, ma in realtà è l’assistente allenatrice dei Ramblers”. Voi ci credete? Io neanche un po’. Ma se la cosa può far piacere a Ciccioblack Tranquillo e alla sua fanatica band perché dovrei essere proprio io a rompere le uova nel paniere? Tanto più che tra quattro giorni è Pasqua e pure il primo d’aprile. E così di cioccolato, oltre alle uova, ci saranno anche i pesci da rompere in mille pezzi e lo lascerò volentieri fare ai miei golosissimi nipotini. A me invece ha insegnato a giocare a pallacanestro in patronato Don Giancarlo che era un prete, si diceva all’epoca, assai moderno, ma non penso che la cosa vi possa interessare. Inoltre il termine cappellana non mi sembra proprio che appartenga alla nostra lingua. Esiste cappellano al singolare maschile o semmai cappellata che è un errore grossolano come ci spiega puntiglioso lo Zingarelli. E ancora ieri: “I miracoli di suor Jean Dolores non finiscono più: ha assistito ad Atlanta all’ennesimo successo del Loyola che ha vinto il South Regional (da testa di serie numero 11) battendo in finale Kansas State 78-62”. Morale della favola: Porter Moser, l’head coach dei Ramblers, è passato per una pippa agli occhi degli aficionados della Gazzetta rispetto alla cara sorella quasi centenaria di Chicago che al massimo butta giù due righe di scouting report sugli avversari di turno. E questo, se permettete, mi pare francamente molto scorretto. Oltre che illogico e bugiardo. Ma gli americani sono fatti a modo loro e i loro adulatori ancora peggio. Piuttosto sono mesi che Mamma Rosa non scrive più “come vi avevamo anticipato” perché sono ormai anni che non ha più una notizia a meno che non sia una velina che le passano Giannino o Livi(d)o. E doveva dirglielo Gianmarco Pozzecco che era in trattative con Sassari, prima di firmare per la Fortitudo, altrimenti avrebbe continuato a dormire profondamente. Sognando magari uno scudetto ad Avellino o un allenatore della Banda Osiris sulla panchina dell’Armani. Che poi non so nemmeno quanto sia vero che il Banco di Sardara volesse subito il Poz. Perché capisco tutto. Anche la sua grande passione per l’amatissima Effe biancoblù. Ma, se sul serio Federico Pasquini gli avesse ceduto il comando della truppa, io dico che Virginio Bernardi avrebbe spedito Pozzecco a nuoto in Sardegna e pure a pedate sul sedere. Tornando a suore e preti, parecchio curiosa è la storia di Luca Blasetti che nel 1984 giocava a basket in A2 con la Sebastiani Rieti e venne sostituito da Joe Bryant, sì proprio lui, il padre di Kobe, perché aveva deciso di farsi frate. Ed entrò in convento tra i francescani. Dove ci rimase quattro anni. Quasi due metri, ala di un metro e novantasette, cresciuto all’ombra di Willie Sojourner, Fratello Luca non era un Pinco Pallino qualsiasi, ma il miglior rimbalzista offensiva del campionato 1981-82. Al punto che ventiduenne meritò da Sandro Gamba la convocazione in nazionale per l’All Stars Game di Bologna assieme al compagno di squadra Roberto Brunamonti e altri azzurri che un anno dopo sarebbero diventati campioni d’Europa: Caglieris, Sacchetti, Villalta, Bonamico e Vecchiato. Bei tempi. E io c’ero. Tra gli antenati poi Blasetti aveva avuto anche un Papa e pure suo fratello Lorenzo era diventato prete. Quindi neanche noi scherziamo. Pur non essendo figli degli Stati Uniti d’America e dovendoci accontentare nel nostro piccolo di Sister Cristina che ha vinto la seconda edizione del talent show The Voice of Italy e domenica è stata ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa in caduta libera come la Fiat Torino dei Do Forni.