Nove maggio 92, amarcord del primo scudetto Benetton

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Non sono un marinaio che non mantiene le promesse. Anche perché soffro di mal di mare persino remando sul patino. Ma me ne ero quasi dimenticato: lunedì alla Ghirada di Treviso, all’ora di cena, Alessandro Toso ha presentato con Massimo Iacopini e Nino Pellacani il libro Nove maggio 92 (nella foto).  E all’evento non sono potuto assolutamente mancare perché tra di noi c’era ancora Pero Skansi, l’allenatore di quello scudetto, il primo dei cinque conquistati della squadra di Gilberto Benetton, il più bello e non solo perché il primo amore non si scorda mai. Trent’anni fa. Quando la Banda Osiris di Tranquillo e Bassani non faceva ancora danni e i Buzzavo e i Gherardini, ma anche i D’Antoni e i Messi(n)a non avevano assieme a lei ancora piantato le tende a Treviso prendendosi prepotentemente anche i meriti che non avevano. Era una squadra speciale. Quella del Pero. Di buoni amici. Ancora adesso. I giovani Marco Mian, Cristian Mayer, Davide Croce, Fabio Morrone e Alberto Vianini, Ciccio, il figlio del notaio sotto casa, che mi dà ancora del lei. Pensa un po’. I Moana’s di capitan Iacopini e Nino Pellacani che ho rivisto con gran piacere dopo una vita. Come del resto il notaio Enrico Fumo, il presidente, che è rimasto uguale ad allora: un giovin signore. E poi le superstar Toni Kukoc e Vinny Del Negro che sono intervenuti in video da Chicago e Phoenix, dove vivono, emozionandosi e emozionando. Ricordando Skansi che tutti avremmo voluto veder apparire all’improvviso in fondo al viale col suo passo dinoccolato ma deciso e mai stanco. Dove i ragazzini giocano ancora a pallacanestro, ma non sono bravi come quelli di allora. Eppure Pero era nei nostri cuori e non avresti invero nemmeno dovuto cercarlo.  E poi Piero Generali e Stefano Rusconi per i quali ho sempre avuto un debole: ora lo posso confessare. Piero perché l’ho visto nascere. A Mestre. Col coach-padre Roberto Zamarin. E sposarsi. A vent’anni. Come me. Ovviamente con una mestrina. “Cazzo!”. Come dice sempre lui in un modo unico al mondo: con la zeta arrotondata. Stefano perché gli ero amico e lo chiamavo Formaggino perché di quei formaggini, di cui non sopportavo neanche l’odore, andava matto. E gli riempivo il vassoio. Sull’aereo. In giro per gli States. Seduti sempre uno a fianco dell’altro…

Di gustosi aneddoti è però molto più ricco il libro ben fatto da Alessandro Toso che nella stagione 1991-92 seguiva la Benetton per Antenna Tre Veneto e aveva ancora un sassolino nella scarpa che si voleva finalmente togliere. “Trent’anni fa scrivesti sul Giorno che “miagolavo” al microfono per un fallo che gli arbitri avevano fischiato a Treviso in un duello tra Rusconi e Walter Magnifico in gara 4 di finale con la Scavolini”. Ne ho scritte tante di cavolate nella mia vita, gli ho risposto: l’ultima è che mi sarei fatto frate se il Milan avesse conquistato questo scudetto. Come spero. In fondo, chiuso in un convento senza sentire e vedere il borioso Tranquillo e senza leggere i giornali in assoluta malafede sfornati dai covi intertristi di Cairo, non ci starei poi così male. Oppure potrei sempre entrare nella mega struttura del Vaticano a Roma che ospita oltre 800 pellegrini. Dove Stefano Rusconi ha trovato finalmente un buon lavoro e sono contento che non si isoli più dal resto del mondo.

Nove maggio 92 è dedicato a Gilberto, Pero, Beppe. Josha e Ciano che non sono più tra noi: Beppe De Stefano, Josha Blasic e Luciano Bortoletto. Il racconto di Toso comincia dall’agosto 1991 e il centro sportivo di Sportilia “dove i ragazzi della Benetton muoiono di fatica. Petar Skansi è uno che non fa sconti. Rispetto alla squadra precedente sono partiti lo storico capitano Paolo Vazzoler, il ragazzo del vivaio Massimo Minto, un totem come Renato Villalta e l’acchiappa-rimbalzi Dan Gay”. Che alla Ghirada purtroppo lunedì non si sono fatti vivi. “Rusconi è costato alla società bianco-verde qualcosa come diciotto miliardi di lire”. Più il nero di seppia che arrivò a Varese in un borsa della spesa e potrei anche dirvi chi l’ha recapitata ma non sono ancora così bastardo. Anche se in molti lo pensano. “L’altro colpaccio fu Mister Europa, il faro più luminoso della Jugoplastika di Spalato, reduce da tre Coppe dei Campioni vinte in successione”. E pensare che lo scoop dell’acquisto di Kukoc la diedi per primo durante l’Open dell’autunno 1990 da Barcellona (Knicks-Scavolini 119-115 in semifinale dopo un tempo supplementare) e Gilberto Benetton indisse apposta a Treviso una conferenza-stampa per smentirmi. Difatti. Difatti sarò anche un bastardo, con tutto il rispetto per la mia cara madre, ma ugualmente meriterei il Pulitzer (per le news di basket) che sarà invece assegnato al varesotto Hemingway Sciascia che in verità non ha più una notizia da quando scrive per il Curierun e ha tradito Virginio Bernardi per correre dietro al SuperBasket di  Giampiero Hruby.

Massimo Iacopini ha scritto invece l’introduzione del libro che è poi la lettera che ha letto al funerale di Skansi un mese fa a Lubiana per volere di Jana, la moglie di Pero. Tanto bella e toccante che non potete assolutamente non andare a leggervela. Così come i dialoghi inediti e sinceri tra Iaco e Nino. O i ricordi dei protagonisti di quel memorabile scudetto. Stefano Rusconi: “Qualcuno potrebbe pensare che Pero avesse un occhio di riguardo per Toni, visto che erano entrambi croati e si conoscevano già, invece Skansi era durissimo con Toni, non gliene faceva passare una. Spesso discutevano nella loro lingua e noi sentivamo solo picku di qua e picku di là, ma non erano sicuramente reciproci complimenti. Invece con Vinny era più morbido forse perché Vinny era già un autentico professionista in tutto e per tutto”. Enrico Fumo: “I ragazzi erano molto uniti tra loro. Eppure Pero non risparmiava nessuno, nemmeno Kukoc. Solo per farvi un esempio ricordo che al ritorno da una trasferta a Cantù, dove avevamo perso, Toni era nervoso e aveva chiesto all’autista del pullman d’accelerare per arrivare a Treviso il prima possibile. Alla risposta che esistevano dei limiti di velocità, Toni s’offrì di pagare di testa sua un’eventuale multa, ma Pero sentì la conversazione e davanti a tutti fece lo shampoo a Kukoc”. Oscar Eleni: “Il giornalismo di quegli anni era fatto di credenti e combattenti, non di servi sciocchi come quelli che oggi legano l’asino dove vuole il padrone”. Peccato che poi l’Orso non faccia come me anche i nomi. Petar Skansi: “Quando ero a Pesaro i giornalisti scrivevano che il mio non era basket, ma ping pong, perché andavamo dall’altra parte velocissimi e tiravamo subito come nel tennis da tavolo”. E ancora: “Il quarto di finale contro Trieste è stata una bellissima sfida con Boscia Tanjevic, mio collega e avversario da sempre. Eravamo tutti e due allievi del professor Nikolic. Ricordo una partita epica a Sarajevo contro il suo Bosna che sulla carta era favoritissimo. Ma abbiamo vinto impostando tutto sul contropiede e la velocità. C’erano 7.000 spettatori indiavolati che alla fine se ne sono andati con la coda tra le gambe. Altre volte con Boscia ho perso, ma nei quarti di finale con la Benetton ero sicuro d’avere la squadra più forte e non avevo certo paura di prendermi la responsabilità d’ammetterlo”. Simone Fregonese, il mitico capo ufficio-stampa: “Alla cena dello scudetto da Celeste, a Venegazzù, Vinny ha una faccia scura, strana. Girano brutte voci: sappiamo un po’ tutti che tornerà in America”, Nino: “Rusca con i sentimenti era davvero un animale. Poi in campo era un altro tipo di animale e lì erano problemi degli avversari”. Infine Lalla, la moglie di Gilberto: “In Italia il calcio è sempre stato dominante. A mio marito piaceva, andavamo anche a Vicenza a vedere il Lanerossi del compianto Paolo Rossi, ma la sua vera passione è stata la pallacanestro. Il basket era emozione pura e tensione continua che nel calcio non ho mai trovato”.

Vi avevo promesso che lunedì avrei dato le pagelle alla regular season, ma Peterson mi ha preceduto. Furbino più di una faina, DidonDan non ha però sparato un meritatissimo dal 4 al 5 alla stagione dell’Armani o della Reyer preferendo utilizzare da spartiacque come nel golf il par del campo che equivale alla sufficienza comunque assegnata a Trieste, Treviso e Cremona, pur retrocessa, come mi sembra giusto. Difatti né meglio né peggio di così avrebbe potuto fare la Vanoli se hai finito i soldi e non vuoi indebitarti sino al collo come la Fortitudo (voto 2 e mezzo) finita lo stesso in A2. Peccato tuttavia che il -1 nel golf sia una cosa, cioè un colpo sotto il par, quindi un giro di 18 buche positivo, mentre nel basket se premi con un +2 per esempio Brescia e Tortona pensando che corrisponda ad un 8 in pagella ti sbagli di grosso perché è vero semmai il contrario. Mi sono spiegato? No, ma non importa. Né tanto meno vi devo spiegare perché negli altri giorni della scorsa settimana non ho trovato il tempo di bocciare la stagione di Ettore Messi(n)a con un salomonico 4 (3 come presidente e 5 come allenatore) senza lasciarmi incantare dal successo di Milano in Coppa Italia che avrei vinto anch’io con P(r)ozzecco contro la squadretta di JP Macura che sarà anche un fenomeno, ma mai come Weems o Shields come vorrebbe lasciarci credere la Gazzetta. La quale, appena vede una bella mucca da mungere qual è diventata oggi la Bertram del miliardario Beniaminio Gavio, non devi pregarla due volte perché ci si butti a pesce. In verità non penso che Derthona quest’anno abbia fatto i bambini coi baffi. Brava sì, però in quale campionato? Il più scadente della nostra storia. Bravo semmai è stato Merendino, alias Ramondino, che per altro sembra che Gavio o Picchi, ora non ricordo più quale dei due, non volesse nemmeno confermare. Di sicuro neanche Raisport ha voluto stasera trasmettere in diretta Tortona contro Venezia e men che meno lo farà in gara due martedì o tre giovedì nei quarti dei playoff o eventualmente sulle reti ammiraglia della tivù di Stato. Dove, poche storie, devono andarci solo i big-match o gli incontri di cartello. Anche gratis. Come si sgola a raccomandarsi da oltre otto anni Napoleone Brugnaro: “Più basket in Rai”. Inascoltato persino da Federico Casarin e dalla Lega di Umberto Gandini. Che vorrebbero invece rinnovare con Discovery Channel e mostrare le partite di campionato sul Nove, il canale – tanto per capirci – di Maurizio Crozza e Marco Travaglio. Ma mi faccia il piacere, onorevole Trombetta!

Con il calcio sono in rottura prolungata dopo l’ennesima rapina a mano armata sempre dei soliti prescritti nella finale di Coppa Italia. Potrei parlarvi allora di Enea Bastianini, il mio occhio destro, al terzo successo stagionale nel MotoGp con la Ducati e ora terzo in classifica nel Mondiale a solo 8 punti da Quartararo. Altro che il tanto osannato Francesco Bagnaia, di nuovo out nella ghiaia, che corre invece per la scuderia dell’intertriste Valentino Rossi e per l’Aprilia di Noale, provincia di Venezia. Oppure del Ghiro di Cairo dove un corridore italiano non vince una tappa nemmeno con l’arrivo in discesa e la bici a motore. Ma non voglio di nuovo fare arrabbiare l’amico Massimo Ciuchi, che mi ospitò nella sua casa di Como quando lavoravamo insieme al Giorno e non gradisce i (miei) minestroni. Nonostante, lo giuro, io ci metta un sacco di passione oltre ai piselli di Peseggia che sono di una bontà assoluta e le carote appena colte dall’orto in campagna. E comunque credo di fargli cosa gradita se gli regalo un paio di chicche di basket femminile. Del quale un tempo andava ghiotto. La Virtus e l’Umana raddoppieranno il prossimo anno il loro budget per strappare lo scudetto alla Famila di Schio. Dove si è già accasata Elisa Penna in fuga da Venezia. Mentre Giorgia Sottana sposerà la compagnia di squadra Kim Mestdagh. Canestri d’auguri. E Andrea Mazzon sarà pure l’allenatore dell’Under 20 azzurra ai prossimi Europei. Intanto sono cominciati stasera i playoff tricolori con Milano-Reggio Emilia, Tortona-Venezia e Virtus-Pesaro di cui mi occuperò però non prima di domani pomeriggio. Ora ho altro da vedere: per esempio in registrata tifando come un matto per il Diavolo. Anticipandovi solo che Citofonare LaMonica prenderà il posto di Stefano Tedeschi alla presidenza degli arbitri e che Carmelo Paternicò potrà arbitrare per altri cinque anni in serie A grazie ad una deroga già passata in Federazione che gli prolungherà la pensione dai 55 ai 60 anni. Insomma ormai Giannino Petrucci fa tutto quello che gli consiglia (tra virgolette) di fare il Messi(n)a. Che non vede anche l’ora di sbolognare il Poz che non lo diverte più da Natale. Non mi credete? Fate a meno. Mi basterebbe che almeno non riesca a sbatterlo in nazionale maggiore. Dove il candidato numero uno di Giannino è da almeno un lustro Sasha Djordjevic. Ora soprattutto che il Fenerbahce l’ha sostituito con Dimitris Itoudis, ex Cska Mosca. In seconda battuta al posto di Romeo Sacchetti ci sarebbe Walter De Raffaele. Che andrebbe bene, anzi molto meglio, anche al president-coach dell’Armani. Il quale domenica ha lasciato il Taliercio sotto braccio a Stefano Tonut. Che l’anno prossimo giocherà di sicuro con le scarpette rosse. Ovviamente dopo aver pagato il buy-out di 200.000 euro alla Reyer. Canestri d’auguri anche a lui. Che ne ha più bisogno di tutti. Dovendo andare a Milano…