L’ultimo miracolo del Nazareno: il rinascimento di Milano

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Doveva ancora sorgere il sole, ma l’infermiere, che è venuto stamane a farmi il prelievo di sangue, già sapeva che LeBron James (29 punti) nella notte aveva di nuovo perso: 120-124 a Minnesota. Ed era sconcertato: appena due vittorie dei Lakers nelle prime sette partite. Chi glielo abbia fatto fare a LeBron d’andare a Hollywood per la verità non l’ho capito nemmeno io che seguo la Nba durante la regular season se non ho proprio niente ma proprio niente di meglio da vedere e se ovviamente la diretta su Sky è in lingua inglese. Anche se ho studiato tedesco, mastico il portoghese e tutti mi dicono che Alessandro Mamoli non è in fondo poi così male. E deve essere anche vero. A patto però che non faccia la verginella (Mammoletta) con Ciccioblack Tranquillo perché non ne è assolutamente capace e questo è semmai il mestiere d’altri massoni della Banda dell’Osiris che si credono padreterni e sono invece solo dei lecchini al rabarbaro. Nemmeno Luke Walton, 38enne head coach di Los Angeles, mi sembra a dirla tutta un fenomeno d’allenatore come cercate di farmi passare anche Michelino D’Antoni. Al contrario mi piaceva suo padre, Bill Walton, che, durante il periodo universitario a Ucla, venne arrestato nel corso di una manifestazione pacifista contro la guerra in Vietnam e con le manette ai polsi lesse una dichiarazione contro Richard Nixon: “Lei, presidente, e la sua generazione hanno rovinato il mondo”. Così come il 23 viola e oro oggi accusa di razzismo Donald Trump che non è molto diverso dal nostro Matteo Salvini. Che però James ha la fortuna di non sapere neanche chi sia. I Lakers pasticciano ogni finale di partita e difatti The King si è fatto sentire nel post gara. Quando ha consigliato a tutti di girargli alla larga, “Attenti, potrei anche perdere la pazienza”, se di nuovo come stanotte Kyle Kuzma dovesse vedersi stoppata la tripla del sorpasso da un Timberwolves qualsiasi a pochi secondi dalla sirena. Intanto i Cavaliers, dopo lo 0-6 d’inizio stagione, si sono affrettati a dare un energico calcio sul sedere a Tyronn Lue, l’ex coach di LeBron James a Cleveland. Dove insieme, non più tardi di due anni fa, conquistarono lo storico titolo Nba. Ora un’identica fine potrebbe toccare a Luke Walton in caso di sconfitta allo Staples Center domani sera con i Dallas Mavericks. Anche perché in fondo LeBron è più vecchio di Cristiano Ronaldo d’appena un paio di mesi e con i Lakers ha pure un contratto quadriennale sino al 2022 (da 154 milioni di dollari) come CR7 che per la verità guadagnerà un po’ meno (124 milioni di euro). Vi avrà forse stupito se sono tornato a scrivere di basket dopo giorni e giorni d’ostentato silenzio e addirittura di Nba che per me non è proprio il massimo della libidine. Ma ve lo ripeto: con molti di voi sono arrabbiato nero da questa estate e quindi, prima che mi passi del tutto, dovrà passarne ancora un po’ d’acqua sotto ai ponti. Nel frattempo in riva al Canal Grande aspetto con pazienza, più santa che cinese, che si rifacciano vivi quelli che magari speravano d’avermi stancato con le loro bugie e il gioco delle tre tavolette. Così li sistemo per le feste. Le stesse che avevano ricominciato a organizzare le iene ridens, i gufi e gli sciacalli dell’Osiris dopo che l’Armani il 17 di questo mese era caduta al Forum con il Real Madrid. Sparando in aria come fuochi d’artificio le solite cattiverie su di lei. E cioè di una squadra fatta di nuovo coi piedi, senza capo né coda, e senza cuore, che pure è sempre costata un occhio della testa e gioca comunque da cani. Insomma altri soldi buttati dalla finestra da Proli invece di darli a loro che allestiscono le convention nel cuore della (ex) Fiera di Milano e vi spiegano per la miseria di cento euro al giorno come può rinascere la pallacanestro in Italia a parole e non coi fatti. Il bello è che nessuno, a parte il vostro pennivendolo da due lire, li ha presi per matti e non si è chiesto a chi volevano darla a bere. Non ho smesso invece di tenervi d’occhio e anzi, costretto a riposo dalla sciatalgia, vi ho spiati più del Grande Fratello. Che con Ilari Blasi, Alfonso Signorini, Fabrizio Corona, Madama la Marchesa e Cecchi Paone è di un trash che nemmeno avete l’idea di quanto sia spaventoso. E così non mi sono sfuggite neanche le pagelle di Pisa, la torre perdente di Repubblica, che già aveva slacciato le stringhe a cinque scarpette rosse su dieci bocciando i tre minuti di Amadeus Della Valle con un severissimo 4 e mezzo e scrivendo del povero Kuzminskas: “Torturato da Randolph ai limiti del ko tecnico. Voto 4. E misteriosamente tenuto dentro nel finale”. Ovvero ancora Simone Pianigiani nel mirino di Massimo Pisa che non lo può vedere per partito preso e per due ottime ragioni: uno, è di Siena; due, come me, della Lupa. E comunque fate bene a continuare a ridere se da oltre un lustro lo chiamo il Nazareno perché magari non ve ne siete ancora accorti, ma il mio amico sta dipingendo un nuovo miracolo, quello della rinascita di Milano dalla polvere. Con Mike James, nella foto, e Vladimir Micov, la sua luce. Con Nedovic e Gudaitis. Ma soprattutto con una squadra che adesso ha davvero in pugno e alla quale sta trasmesso serenità e mentalità vincente. Sperando che l’Armani centri almeno i playoff d’Eurolega. Perché questa – poche  storie – è l’unica speranza per il nostro basket d’uscire finalmente dal tunnel e rivedere le stelle. Magari cantando assieme a Sergio Endrigo: “La festa appena cominciata è già finita” e dedicandola ai gufi dell’Osiris e ai loro miseri brindisi del 17 ottobre scorso. Mentre domani sera c’è l’odiosissima festa di Halloween, cioè delle zucche vuote. Alla quale non è difficile immaginare chi ho invitato.