E’ venuto anche a me il prurito di scrivere un libro

calgary88

Ultimamente avevo perso di vista Leonildo Turrini. Con una o con due erre? Non me lo ricordo mai. Probabilmente anche con tre considerata l’enorme autostima che il mostro ha per se stesso. Era comunque passata mezzanotte e tutti i bambini sono già a nanna: altrimenti poi avrebbero gli incubi. Quando mi è apparso su Sky come un fantasma e non sono riuscito più a prendere sonno. Camicia bianca, le borse nere sotto agli occhi, lo stesso risolino da furbetto del quartiere di Meches Mancini quando discute di cartellini gialli e rossi. E gli leggi in faccia la profonda disistima che ha per gli arbitri e per i giornalisti in genere. Era seduto attorno a una tavola sparecchiata con Caressa, Bergomi, Mauro e Boban. Ad ognuno dei quali ha regalato un lecca-lecca, il suo dolcetto preferito sin da piccolino in fasce. Già non lo sopportavo molto quando adulava Alberto Tomba, Enzo Ferrari e Giuseppe Panini. Ad ognuno dei quali ha dedicato un libello. Ovviamente di successo. E qui direte: rosichi. E’ vero, anche se per la verità, leggendo i suoi, mi è passata la voglia di scriverne uno. Che poi sarebbe il mio primo, inedito e unico. Fateci caso: tutti i suoi idoli vengono delle parti di Sassuolo, dove lui è nato nel 1960, ma era già vecchio con le rughe a ventisette anni quando l’ho conosciuto e molte trasferte abbiamo fatto insieme sulle nevi. Come quella a Vancouver, dopo le Olimpiadi di Calgary e le due medaglie d’oro vinte dalla Bomba in gigante e in speciale. Bei ricordi, non lo nego. Nemmeno esistesse ancora solo il Ducato di Modena e Reggio. Che si estendeva anche a Carpi, Guastalla, Massa e Carrara. Difatti per lui, ad eccezione di Castel de’ Britti, già Parma è fuori dal (suo) mondo ed è più distante del Brennero da Poggio Bustone, provincia di Rieti. Ma perché Poggio Bustone? Domanda pertinente alla quale subito rispondo: perché lì è venuto al mondo il grande Lucio Battisti, tanto caro al mostro, pardon nostro. Al punto che l’ha magnificamente incensato in due best sellers. Però adesso che parla anche di calcio nel salotto borioso di Sky da barbagianni nerazzurro consumato, e da inesperto incallito, chi lo frena più? Solo Massimo Mauro. Diceva infatti domenica Turini, credo con un’erre sola, ma potrei sempre sbagliarmi, che Stefano Bonacini, bravo bravissimo favoloso intelligente scafato sveglio, persino bello, coi capelli corti o coi capelli lunghi, era stato davvero un genio a riassumere Fabrizio Castori. Peccato che poi non abbia però risposto al quesito di Mauro: “Ma perché allora l’aveva licenziato dopo la promozione in serie A e appena sei giornate di campionato prendendo Giuseppe Sannino?”. Silenzio di Tomba: è proprio il caso di dirlo e magari anche di chiedersi se il presidente del Carpi è il mister Gaudì che in sette anni di potere assoluto ha cambiato dodici allenatori. Sì, dunque è anche meglio di Maurizio Zamparini. Avevo un sassuolino nella scarpa e me lo sono tolto. Ovviamente a Leo, che ha un vivace senso dell’umorismo (da Wikipedia), voglio un sacco di bene, come lui alla Juventus, e quindi spero che rida della mia satira da due soldi. Se invece, parlando sul serio, lui scrive un tomo anche su Gaudì Bonacini, giuro che butto giù anch’io un libercolo vincendo la mia storica pigrizia. Il folle editore forse l’ho trovato. E pure ho una bella storia da raccontare. Di una cavallina che non è storna, ma è un baio che ha le ali ai piedi. E della quale non vi rivelo neanche il nome. Altrimenti, come diceva il Petisso Pesaola, mi rubate la idea e la fate vostra. Come fa abitualmente la Gazzetta con me nel basket.