Il piatto preferito di LeBron James: il pollo al Curry

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E se ne vanno silenziosi. Canticchiavo in doccia. Pensando sadicamente ai Golden State Warriors che si sfilano l’anello della Nba dal dito e a Steph Curry, il bambino antipatico, che mastica il suo paradenti in gomma e lo sputa ora che è diventato più amaro del rabarbaro. Guai ai vinti. Che mai avrebbero pensato di perdere il titolo sul 3-1 e due partite a Oklahoma. Vuoi che non ne vinciamo una? No. Ha risposto tuonando LeBron James che è il mio basket e adesso anche la storia dei Cleveland Cavaliers. Non è mai finita. Per fortuna. Ve lo dicevo giusto una settimana fa. Sperando nella rimonta dell’eroe nero dell’Ohio con il 23 di Michael Jordan e la grande C granata sulla maglia nera. Mentre Ciccioblack pontificava prima di gara 6: “Cerco di rimanere con la logica (che non credo sia sua sorella) e per quello che si è visto sinora nella serie dico ancora Golden State”. Ed è qui che ho creduto nell’impossibile. Quando infatti mai Tranquillo ha azzeccato mezzo pronostico in vita sua? Cavs-Warriors 115-101. Non avevo il minimo dubbio. Ancora 41 punti del Prescelto. Ma adesso c’è la sette. In casa loro. E tremo finché non lo sento dire: “Per quel poco che capisco (pochissimo in verità, quasi niente) Golden State è sempre la favorita e non tanto per il fattore campo, quanto perché è una squadra che, dopo due bruttissime partite, gioca meglio di reazione che di convinzione”. Draymond Green monumentale. Kyrie Irving a velocità soprannaturale. Un coniglio bellissimo esce dal cilindro di Klay Thompson. Il solito esagerato. Lo spettacolo più bello, crudele, selvaggio del mondo si chiama game seven. E qui eccezionalmente mi trova d’accordo. Soprattutto se paragonato agli Europei di calcio che non decollano e ancora non riescono ad appassionarmi. Corro. Cicciobello comincia a dubitare del suo dio del basket che è un pollo al Curry. “Ma che fallo è? Un fallo che non esiste”. Già: proprio una cagata come direbbero i tre della Gialappa’s. Alla quale ne seguono almeno altre quattro nel finale. Dall’89 pari in avanti: due triple di Steph spadellate senza senso, “una mattonata” e un passaggio schiacciato dietro la schiena che è “una sanguinosa palla persa”. Il tutto condito dagli inseparabili strilli che diventano crudeli urlacci per i miei già scassati timpani quando Re James prima inchioda a terra Curry, “Non è una stoppata: è una Gioconda” e poi pure Iguodala. Al quale mi sarebbe anche piaciuto chiedere se sa chi è La Gioconda. No, ma se Tranquillo me la presenta, magari la porto fuori a cena. Sì, assieme alla Mo(n)na Lisa e a Leonardo da Vinci. Chiude Irving con una “mostruosa tripla” che avrebbe segnato pure Ricciolino Della Valle con gli occhi bendati: 89-93, primo titolo Nba ai Cavaliers. Mentre Davide Pessina termina di scaccolarsi, come avrebbe raccontato l’impietosa Gialappa’s, e dimostra d’aver studiato: “Cleveland si rialza dopo la grave crisi economica del 2008”. Dove c’è la Hall of Fame del rock n’roll, come ha ricordato Dan Peterson in prima pagina della Gazzetta. Hanno scritto tutti ieri di LeBron James e della sua epica impresa. E oggi anch’io. Buon ultimo. Ma nessuno ha fatto un po’ di cronaca della settima finale. Nemmeno tutti l’avessero vista nel cuore della notte di domenica su Sky o lunedì in ufficio. Repubblica e La Stampa gli hanno persino dedicato una pagina intera e il basket le ringrazia commosso: non succedeva dallo scorso millennio. Ettore il Messi(n)a ha pure confessato alla new entry nella Confraternita dell’Osiris d’essere stato ammirato e sorpreso del gean ribaltone dal 3-1 al 3-4. Approfittandone anche per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: “Draymond Green doveva essere squalificato già nella serie con Oklahoma City: il giocatore (che Ciccioblack chiama l’orso ballerino) è di assoluto valore, le sue scorrettezze sono però abituali”. E ancora: “La tensione ha tradito pure Curry. E quella moglie che twittava veleni non è stato un bel segnale”. Così come non è stato bello che Achille Polonara abbia saputo da Sportando d’essere stato escluso dal preolimpico di Torino dopo che era stato inserito nella lista dei ventidue azzurri nella quale non figurava in un primo momento Stefano Tonut. Che magari invece andrà ai Giochi di Rio al posto del mio Ricciolino e di Pietro Aradori. Tu chiamale se vuoi: distrazioni. Ma queste sono bagatelle del nostro cortile. Di cui oggi non mi voglio occupare. Certo è che anche mi sbaglierò, ma al mio compaisà non sembrano piacere molto i reggiani vice campioni d’Italia. E per questo non ditegli, per favore, che la GrissinBon si è ripreso Cervi a primavera. Altrimenti lascia a casa pure lui.