Un vero colpo di fulmine: Josh Jackson, n.11 di Kansas

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Neanche ve lo dico quello che dovevo ancora vedere in televisione perché pensate che sia matto. E invece ve lo dico: Barcellona-Real Madrid e Panathiniakos-Olympiacos d’Eurolega, Sassari-Avellino, Torino-Venezia e Brindisi-Cantù di campionato. Oltre a Jesi-Segafredo di A2 e Che fatica la vita da Bamberg, parole e musica di Gas Gas e Camomelli, che mi ero opportunamente registrato. Mentre Basket Room (o Rom?) con Billy Costacurta l’ho lasciata volentieri vedere ai fanatici di Ciccioblack e ai gemelli di Tranquillo. Che si chiamano uno Pick e l’altro Roll. Come mi sembra d’avervelo già raccontato, ma non sono Paganini e quindi qualche volta mi posso anche ripetere. Se invece vi chiedete quando troverò il tempo per recuperare il tempo perduto è presto detto: mi sono preso un giorno di vacanza (dal blog) e difatti ieri sono stato tutto il pomeriggio incollato a My Sky prima del pollo fritto al Bistrot e i polli di Siviglia dopo cena contro l’inguardabile (mia) Juventus. Ho staccato il telefonino e non ho letto i giornali di domenica e lunedì. E così adesso sono pronto a rispondere a tutte le domande che volete su quanto è successo nel pianeta basket nell’ultimo fine settimana e dintorni. Se invece pensate che vi racconti storie, come Mistero Buffa e Mister Condò, non ve lo ripeto più: potete andare tutti a remengo e possibilmente senza tornare indietro. Sono tre le stelle d’EuroLega che piacciono a me: Sergio Llull, 20 punti nel Clasico da record, Vasilis Spanoulis 22 nel derby di Atene e Milos Teodosic 25 agli ex fratelli dello Zalgiris. Lo so, non ho fatto molta fatica a scegliere da fiore a fiore, come ha spiegato sorridendo pure Andrea Meneghin a Francesco Bonfardeci, più nove che dieci: “Non c’era bisogno che ce lo dicessero i trenta giemme delle trenta squadre professionistiche d’oltreoceano per scoprire quali sono i tre migliori giocatori che non giocano nella Nba: Teo, Lul e De Colò. Sin qua credo che c’arrivavamo anche noi poveri europei”. Che io poi preferisca Spanoulis a Nando de Colo cambia poco: la differenza è sottile. Quel che è certo è che Andrea Meneghin è una spanna sopra a tutti gli opinionisti di Sky e Fox Sports, compresi quelli del calcio e dei motori. O forse andate matti per Daniele Adani, il contadino vestito da giornalista che ci spiega i massimi sistemi che governano il mondo del pallone, o per Leo Turrini, non mi ricordo mai se con due o tre erre, al quale magari non dispiacerebbe d’averne quattro come le elle della maravillosa guardia di Minorca? A volte il figlio di Dino è anche persino meno disincantato del grande padre che pure ha sempre tenuto a debita distanza il suo basket dagli squilibrati seguaci a stelle e strisce di Ciccioblack. Che è diventato persino noioso tanto parla solo di Nba o di pick and pop dalla mattina alla sera. O forse pensavate che mi fosse sfuggito lo sbadiglio prolungato di Max Chef Menetti ospite della seconda puntata di quello che ritengo sia il più fastidioso e barboso talk show dell’intera settimana di sport sui piccoli schermi. Basket Rom un talk show? Ovviamente si fa per dire. O per ridere. Intanto consiglio a Bonfardeci di stare il più lontano possibile dalle vecchie cattive compagnie se vuole che il suo sei e mezzo diventi presto un dieci ai miei occhi. Che stravedono per il simpatico Andrea e per il Trigari Niccolò (don due ci, ci tiene) che insieme fanno una bella coppia, ma ditelo sottovoce. Perché se lo viene a sentire Tranquillo impianta al nipote dell’ex ministro Mammì una di quelle scenate d’isterica gelosia di cui tanto si parla nei corridoi di Sky e di cui magari un giorno vi racconterò anche i dettagli che ho saputo dalle mie gole profonde. Adesso devo piuttosto sbrigarmi perché torno in pista per la prima volta dopo non so quanti giorni di distacco forzato e vado al Taliercio per una partita di Champions tra la Reyer e una squadra di cui non so nemmeno il nome e la nazione, ma non importa. L’importante è rivedere un duello dei canestri dal vivo dopo tanta e forse troppa televisione. Che alla lunga stanca. A meno che non sia Duke-Kansas, il massimo dei massimi del basket dei colleges. Dietro al quale mi sono volentieri perso assieme proprio a Francesco Bonfardeci e Andrea Meneghin. Follemente innamorandomi di Josh Jackson, numero 11 di Kansas, faccia intelligente e naso da pugile, che ho visto danzare sulla linea di fondo: cambio di mano e canestro in rovesciata. Appassionato di scacchi e saxofonista come Charlie Jelverton. E anche meglio. Un vero colpo di fulmine.