Il peggio del peggio non è Adani ma il gobbo contro Allegri

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Sono sette anni che lo vado ripetendo: questo Lele Adani è proprio irritante e sgradevole. Peggio di Ciccioblack Tranquillo. O quasi. Uno sputasentenze in piena regola. Doppio petto, cravatta e panciotto. Più brutto del peccato, è convinto di saperne di calcio più di tutti. Come del resto Righetto Sacchi, un altro laureato in fisica molecolare all’università della Sapienza. Che però qualcosa ha portato a casa girando per l’Europa. Al contrario del modesto difensore di Fiorentina e Inter. Che in verità una Coppa Italia per sbaglio l’ha anche vinta con i viola e cinque amichevoli con la nazionale di Trapattoni le ha pure giocate all’inizio di questo millennio. Ma il Trap era un cittì dal cuore d’oro: una volta convocò persino Stefano Bettarini per fare un favore alla ex moglie Simona Ventura in crisi matrimoniale. Da quando il reggiano di Correggio è commentatore tecnico su Sky sarà stato anche sfortunato, ma la Juventus a fine campionato ha sempre vinto lo scudetto e questo deve ancora bruciargli parecchio. Dal momento che nel frattempo si è invaghito anche del Napoli di Ancelotti e ancor prima di quello di Sarri. Per non parlare della Beneamata di Spalletti e delle Dea di Gasperini. Si tagliasse almeno i capelli, la barba e i baffi, e il folto pelo che nasconde sotto la camicia bianca un po’ unta sul colletto, forse non sarebbe nemmeno il mostro di Loch Ness che appare in televisione. Così invece mette paura non appena scioglie la lingua che sprizza veleno e invidia contro Max Allegri (nella foto) che invano ha cercato di spiegargli anche in un libro di 275 pagine che giocare bene a calcio in fondo “è molto semplice” ma lo capiscono solo le persone intelligenti. Nelle quali non penso volesse includere Adani o quei giornalisti che da anni gli fanno un’assurda critica d’estetica trascendentale (vedi Immanuel Kant) o gli stessi tifosi juventini (gobbi e ingenerosi) che non gli hanno perdonato d’aver perso con l’Ajax la partita di ritorno dei quarti di Champions all’alba della conquista del suo quinto scudetto di fila. “C’è poi un problema in Italia: stanno diventando tutti teorici e tu sei il primo – gli ha detto fuori dai denti dopo Inter-Juve 1-1 – che di calcio non sa niente forse perché non hai mai fatto l’allenatore”. Per la verità Meches Mancini lo avrebbe voluto nel novembre 2014 come suo vice sulla panchina nerazzurra, ma il furbetto preferì continuare a pontificare dal pulpito nel salotto del saccente Marco Cattaneo o in postazione con Riccardo Trevisani che gli regge la coda e lo fa sentire un padreterno. La Gazzetta con Sacchi e il Corriere con Sconcerti(no) avevano già provveduto a processare la Juve di Ronaldo il giorno dopo il fine corsa in Champions bocciando lo slogan dell’Acciuga da Livorno: vincere non è mai facile come pare. E stasera lo si è visto in un derby stradominato dalla Signora. Ma non esagerando nei toni e nella condanna sommaria anche perché di lì a poche ore i giornali avrebbero dovuto celebrare l’ottava meraviglia bianconera con le pagelle tricolori della domenica di Pasqua. E allora ecco Mamma Rosa: “Allegri 8,5 – Campionato di governo, da allenatore maturo. I fatti: vittoria con anticipo record, serenità con Bonucci, inserimento di Ronaldo, tensione quasi sempre sotto controllo”. L’altro giornale di Papà Urbano: “Allegri 9 – Va in fuga già a fine dicembre e tiene sempre la squadra sulla corda con mano ferma e scelte non poi così facili”. Tuttosport, magari esagerando: “Allegri 10 – E’ forse lo scudetto più brillante e vinto dimostrando in modo schiacciante la superiorità bianconera. In più ha lanciato Bentancur e Kean, due pilastri del futuro. Il CR7 degli allenatori”. Persino la Repubblica granatina: “Allegri 9 – Non ha una formazione tipo, non ha un chiodo fisso, non ha un modo stabile ma plasma, improvvisa, migliora chiunque gli passi per le mani”. Solo il povero Lele Adani ha invece continuato a bastonarlo arrivando a dirgli anche a bocce ferme che è “scortese, maleducato e arrogante”. Assieme al Gazzettino che ha dato appena 7 al livornese come a Mandzukic: “Il solito allenatore timoroso, convenzionale, conservatore. La squadra gioca il peggior calcio tra tutte le grandi d’Europa e nell’80% delle partite di campionato non riesce a esprimere il suo straordinario potenziale comportandosi spesso da provinciale. Forse il tempo di cambiare è arrivato”. E magari anche di chiamare l’ambulanza. D’urgenza. E comunque stasera la Juve ha giocato molto meglio del Toro nonostante nove assenze importanti, eppure ha pareggiato il derby solo all’84esimo con Cristiano Ronaldo rischiando di perderlo per una frittata di Cancelo-Pjanic e il gol (irregolare?) di Lukic al quarto d’ora. Perché anche questo è calcio: lo capirà mai il mostro di Loch Ness che vede sempre una partita diversa da quella di Allegri e pure stavolta ha parlato di una Juve che ha giocato con poca brillantezza e qualità tecnica? Lo dubito. Se hai il dente avvelenato e vorresti Guardiola sulla panchina dei campioni d’Italia. Deludente è stato semmai il duello (mancato) tra Allegri e Adani prima di mezzanotte che si è risolto in un lungo monologo del livornese che non ha mai passato la palla al reggiano imbronciato e ancora deluso per una vittoria dei granata che aveva a lungo sperato insieme a Walter Ego Mazzarri e a trequarti d’italiani. Anche gobbi e ingrati.