Sassari e Pesaro si contendono il Pancotto di Cremona

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Credo d’essere stato l’unico al mondo, ho confessato stamattina a Sancio, levandomi di buonora prima ancora che l’edicolante della piazza m’infilasse sotto al portone i giornali, a non aver visto su Sky l’ultima partita della vita di Kobe Bryant, ma d’essere ugualmente già stufo di sentir parlare tanto di un evento che, come tutti i palloncini gonfiati con la pompa da Ciccioblack Tranquillo, o ti scoppiano in faccia o sono una barba lunga sin per terra. Fu in quel mentre che il mio fido scudiero si lasciò andare in uno sbadiglio che avrebbe lacerato mascelle e mandibole persino ad un ippopotamo. “Non posso darle torto, mio padrone: Lakers-Utah Jazz è stata una gran bella commedia americana a stelle a strisce. Che può piacere o non piacere: dipende dall’importanza che dai ai 60 punti realizzati dal figlio di Joe al baraccone del luna park di Los Angeles”. Contro quella difesa all’acqua di rose forse li avrebbe segnati anche Marco Belinelli ad occhi bendatiE comunque muoviti a lavarti la faccia che dobbiamo andare. “Dove, di grazia? Se mi è lecito chiedere”. Non lontano, al Taliercio. “E per raggiungere il palasport tra San Giuliano e Favaro mi hai tirato giù dal letto così presto?”. In sella a quel tuo ciuco, vecchio decrepito e maledetto, ci potremmo impiegare anche un paio d’ore. “Don Chisciotte, mi consenta di ricordarle che la partita con Pistoia è lunedì sera”. Mi consenta intanto lascialo dire al Cavalier Berlusconi col quale ho sempre un conto aperto. “Il Cavalier Berlusconi in verità è morto, ma non lo sa perché nessuno glielo ha ancora detto”. Ed è qui che ho cominciato a pensare, tra me e me, quanto sia diventato difficile e pigro nei secoli il mio Sancio Panza. Una volta, dopo che lo convinsi a farmi da scudiero e a lasciare la terra, la moglie e i figli per combattere i mulini a vento del nostro basket, che sono cento e più di cento, scattava in piedi senza far tante domande e senza neanche essersi cambiato le mutande. E pazienza se poi puzzava più della Puzzola domani e del suo asino: era bravo e ubbidiente. Adesso devi invece dargli un calcio sul sedere per tirarlo giù dal giaciglio e vuol sapere per filo e per segno ogni mattina dove ho deciso d’andare errando per tutto il giorno. Ma così va la vita. E la riconoscenza non è di questo mondo. Prendi il Giannino Petrucci per esempio. Che lavorava alla Roma, lui laziale convinto, e un’estate mi pregò in ginocchio di convincere il Principe Cesare Rubini, per me quasi un padre, di riprenderlo in federazione ma stavolta come presidente. Ed è quel che feci. Bene. Anche se ora un po’ me ne pento. Non fosse altro perché mi chiama “bastardo” e non riesco ancora a capirne il vero motivo. O vogliamo parlare del Riccardo Paoletti da Pesaro che cosa altro doveva fare più di vincere quindici giorni fa proprio qui in laguna e di battere domenica Capo d’Orlando, praticamente salvando una delle peggiori squadre della serie A con tre giornate d’anticipo, per essere riconfermato anche l’anno venturo sulla panchina della Consultinvest? Forse dovrebbe farsi ricrescere i capelli, che sono pochi, sottili e pure ribelli? O scopare tutto l’Adriatico? Gira voce infatti che Pesaro abbia chiesto a Pancotto di riavvicinarsi a casa. Sì, avete letto bene: il dolcissimo Cesare che ha un altro anno di contratto a Cremona e che Sardara farebbe carte false per riportarlo a Sassari. Robe da non credere. Difatti non ci credo, ma ve l’ho spiattellata prima che si sveglino quelli della pizzeria di Mamma Rosa e la facciano loro vendendola come uno scoop. In verità anche il Don Chisciotte che ho nell’anima non ve l’ha raccontata proprio giusta. Difatti scrisse il Miguel de Cervantes che il Cavaliere dalla Trista Figura promise al suo compaesano “uomo dabbene, ma con pochissimo sale in zucca, un’isola che sarebbero andati a conquistare insieme e che avrebbe donato a lui come governatore”. Se ne dicono tante di cose. Intanto siamo quasi arrivati al Taliercio. Dove lo so benissimo, caro Sancio, che la Reyer affronterà tra due giorni Pistoia e che la batterà, ne sono quasi sicuro. Dal momento che Napoleone Brugnaro è in Giappone e ogni qual volta lui s’allontana da Venezia l’Umana di Walter De Raffaele vince. Anche se è una squadra metà a pezzi con Peric fuorigioco pure dai playoff, con Goss e Owens che sarebbe meglio se stessero ancora a riposo e con Tomas Ress che a fine stagione dovrà essere di nuovo operato alle cervicali che non lo fanno nemmeno dormire la notte. Ma almeno alla superstizione io credo. “D’accordo, ma cosa allora siamo venuti qui a fare?”. Taci villano e, piuttosto, stropicciati gli occhi perché oggi ti mostrerò una cosa bella, ma bella, tre volte bella, come le Final Four Reyer School Cup 2016, che non meriteresti neanche di vedere. E di cui vi parlerò però domani. Quando avrò tutto lo spazio di questo mondo. Ora vi dico solo che ha trionfato per il secondo anno consecutivo il Liceo Bruno-Franchetti di Mestre. Dove ho fatto il ginnasio e i miei gemelli tutte le superiori. Dove ha insegnato il professor Tonino Zorzi e suo allievo è stato Ettore Messina. E chi non brinda con noi, peste lo colga. (3 continua)