Casarin fedelissimo a Brugnaro ha detto no ad Armani

casarin brugnaro

L’importante è avere le idee chiare. Come Giorgio Armani o chi per lui: la sorella Rosanna, che parla all’orecchio di Sandro Gamba, però con la mano davanti alla bocca, o PantaLeo Dell’Orco, a capo della linea uomo del gruppo, al quale nessuno ha ancora detto che nel basket esiste il pivot come nella vita una parola sola. Mercoledì infatti è stato proposto a Simone Pianigiani il prolungamento del contratto di un altro anno oltre ad un generoso aumento dello stipendio. Mentre venerdì in gran segreto (?) è stato convocato in sede Ettore Messi(n)a che sarà l’allenatore dei fraticelli di Milano, dopo quelli d’Assisi, per le prossime due o tre stagioni. Oltre che il responsabile dell’area tecnica con un budget molto superiore al precedente e quindi intorno ai 30 milioni di euro, carta bianca su tutti i fronti e Mike James per esempio già con le valigie in mano. Neanche la Juve di Agnelli, Nedved e Paratici è arrivata a tanto con Allegri anche se per la verità Acciuga ha vinto a maggio lo scudetto, mentre il mio Nazareno per la prima volta in carriera lo ha perso. Non dimenticando il flop degli azzurri del Messia nel preolimpico di Torino e il buco dei suoi ultimi cinque anni nella Nba come assistente sopportato di Popovich agli Spurs, o ricordando la lite con Danilo Gallinari e l’allontanamento del Gallo dalla nazionale, la sua grande amicizia con il leader massimo della Banda Osiris e il caratteraccio che è persino peggiore del mio, non mi spello di certo le mani come Mamma Rosa o il Vate Bianchini per il suo ritorno in Italia che per primo, questo almeno dovete concedermelo, ho annunciato il 24 maggio scorso svelando il piano dei massoni di Ciccioblack Tranquillo in una riunione carbonara sui Navigli. Stamattina Pianigiani ha rescisso consensualmente il contratto con le scarpette rosse: vale a dire, è libero d’andare ad allenare dove vuole, ma non sarà più in Italia. Come aveva giurato anche Ettore andandosene nel 2005 dalla Treviso benettoniana all’Armata Rossa di Mosca assieme al fido (?) Lele Molin che stavolta invece non sarà al suo fianco nell’avventura milanese. Resterà Mario Fioretti che a Messi(n)a ha aperto la porticina segreta per accedere alla famiglia Armani e forse dalla Nba sbarcherà anche Claudio Crippa che è lo scout europeo di San Antonio, ma non ne sarei così sicuro come assicura il buon Andrea Tosi sulla Gazzetta.it  Piuttosto punterei su Daniele Baiesi, il diesse bolognese del Bayern Monaco, che Livio Proli non poteva vedere neanche dipinto. Sarà una rivoluzione totale e radicale con una sola gradita (e non improbabile) sorpresa: la presidenza dell’Olimpia assegnata a Dan Peterson piuttosto che a Sandro Gamba come avrebbe voluto Rosanna Armani. L’ipotesi del presidente-manager è stata invece scartata dopo che in un primo momento, e parlo del mese scorso, Re Giorgio come Andrea Agnelli aveva personalmente garantito a Pianigiani non solo che sarebbe stato confermato alla guida dell’Olimpia come minimo per un’altra stagione, ma anche che lo stesso Livio Proli, togliendo il disturbo, avrebbe scelto il suo successore che – tenetevi stretti – aveva individuato nell’amico Federico Casarin (nella foto in cravatta). Ebbene non so se il presidente della Reyer abbia parlato con Napoleone Brugnaro dell’imbarazzante quanto indecente proposta di Milano. So che Casarin non se l’è sentita di tradire il sindaco di Venezia neanche di fronte ad un’offerta che gli avrebbe cambiato la vita e questa è l’unica cosa che m’interessava conoscere. Cioè aver scoperto che nel basket d’oggi ci sono ancora uomini pur in via d’estinzione con i quali mi posso vantare di mangiare il pollo con le mani ed essere felice di sedermi a tavola con loro. Checché ne pensi qualcuno al quale non riesco a voler male nonostante ultimamente me ne abbia dette un sacco e una sporta, mamma che dolore!, scrivendo di me cose di cui è inutile che gli spieghi che sono assolutamente false come il forte legame che univa MaraMeo Sacchetti martire a Boscia Tanjevic e al quale possono credere solo quelli che devono lavarsi la coscienza sporca. Ma adesso scappo al Palaverde assieme a Carlo Recalcati: una pasta col ragù e poi gara 1 tra De’Longhi e Orlandina che vale la serie A al meglio delle cinque partite. Così potete copiarmi: ve ne do ampia licenza. E senza saltare la cena. Mentre di conversare sulla finale-scudetto avremo tempo di farlo oltre la noia e, come penso, sino almeno alla sesta sfida tricolore.