Un’altra volta pensateci prima d’affossare Reggio e Trento

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Ho solo due occhi, ma non mi lamento: è andata molto peggio a Polifemo. E sono Nessuno, proprio come lo scaltro Ulisse. Che pur di star lontano dieci anni dalla moglie se ne è inventate di tutti i colori. E non posso essere allo stesso tempo dovunque. Altrimenti mi chiamerei Prezzemolo e diventerei scemo a correr dietro a tutti. Né posso ogni sera rincoglionirmi davanti al personale computer con Eurosport player. Che comunque non so chi l’abbia inventato, ma è stato senz’altro un genio. Questo premesso, vado al sodo. Ieri ero a Reggio Emilia. E quindi mi sono perso le sei partite della tredicesima di serie A. Poco male. Anche perché ugualmente sono venuto a sapere tutto. Per il momento mi hanno raccontato che la Reyer, sempre orfana di Bramos, che è il suo leader maximo, ha spappolato a Capo d’Orlando la squadra del Patata. Che, se non sapete ancora chi sia, ve lo dico per l’ultima volta: è il Patat(in)a Di Carlo che in Trinacria e a Sky avevano già fatto santo. L’Armani ha vinto a Pesaro come non era difficile prevedere. Con Curtis Jerrells di nuovo leone se devo credere a Mamma Rosa che porta però gli occhiali da vista e per questo di lei non mi fido molto. Cosa infatti saranno mai 16 punti con 5/11 dal campo? Che dire allora di Ricciolino Della Valle? Ventidue contro il Limoges, che non è la Vu-elle, 4/5 nelle bombe e 38 di valutazione. Stropicciandomi gli occhi che da vicino ci vedono sempre e ancora meglio. La Virtus non ha passeggiato con Pistoia, ma ha saltato un altro ostacolo sulla strada che porta a Firenze (final eight di Coppa Italia) e questo è quel le premeva. Che poi Alessandro Gentile abbia fatto tappezzeria, 0/5 nelle triple e ben dodici tiri sparati a salve, può preoccupare Ramagli, ma non in fondo più di tanto se il gemello Aradori di punti ne ha comunque raccolti ben venticinque sbagliando poco o nulla. Un giorno, quando avrò più tempo e spazio, magari anche vi spiegherò il trucco senza inganno per costringere il più piccolo dei figli di Nando all’errore. Sempre che non l’abbia già scoperto Enzino Esposito, ma non posso saperlo dal momento che non ho visto, come da premessa, la partita del PalaDozza. In compenso ho visto un’ottima Grissin Bon nel secondo tempo (47-23) delle Top 16 d’EuroCup alla faccia di quelli che anche in società l’avevano a metà autunno data per dispersa senza tener conto che Reynolds da solo non avrebbe potuto sostituire Cervi a primavera e che Mussini non poteva essere più quello che due anni e mezzo fa partì per l’America con una valigia piena di speranze poi disattese. Ora faccio ancora confusione tra White e i Wright, che sono addirittura due, ma la musica è cambiata: la squadra di Max Chef oggi ha un senso dopo aver acquistato peso in regia e solidità sotto canestro. E i numeri non mi smentiscono: cinque vittorie nelle ultime sette di campionato più in Europa il colpo grosso di Gerusalemme prima di Natale con i campioni d’Israele e dopo Santo Stefano con il Bayern di Monaco allora ancora imbattuto. Trentatré al Limoges. Oltre alla crescita esponenziale di Candi e De Vico ai quali gli americani hanno fatto da chioccia. Insomma la Grissin Bon non è più solo Della Valle e quello ad esserne più felice di tutti è proprio il Ricciolino d’oro. Che Ettore Messina ha due volte tagliato dalla nazionale e per questo non so quando riuscirò mai a perdonarlo. Avellino ha espugnato Sassari e adesso è capolista con Milano e Brescia. Che è ricaduta in casa. Stavolta inciampando nella Vanoli di MaraMeo Sacchetti. Che una ne fa e cento ne pensa. E comunque non urlerei “clamoroso al Cibali” perché la Germani è più questa di quella (esagerata) d’inizio stagione che collezionò nove vittorie di fila. Ci siamo detti tutto. No. Manca BrindisiVarese. Di nuovo Artiglio Caja si è arreso ai supplementari, ma almeno ieri ha ridato vita a Frank Vitucci che avrebbe meritato d’allenare un altro club di serie A. E ci siamo capiti.  Mentre dell’exploit della Fiat in EuroCup se ne riparla magari la prossima volta quando non avrò i minuti contati e riuscirò a spiegarmi con calma come Torino abbia potuto essere asfaltata da Trento prima di Capodanno e quattro giorni dopo sia riuscita a stritolare lo squadrone di Sasha Djordjevic. Un’idea per la verità anche ce l’avrei e ve la butto là dulcis in fundo. Non è che avete avuto troppa fretta a seppellire anche la Dolomiti sbriciolandola pezzo per pezzo e dimenticandovi che il mio Fred Buscaglia è comunque sempre uno dei migliori cinque tecnici d’Italia?