Proli e Milano all’attacco e non soltanto dello scudetto

5 giornate

Mamma Rosa si è spudoratamente impossessata anche della Lba Awards che era una delle tante cose belle che aveva ideato la Lega del basket negli anni d’oro con Roberto Allievi presidente dopo Gianni De Michelis e Luigi Porelli. Altri tempi. Erano premiati al termine della stagione il miglior giocatore e allenatore del campionato e successivamente, cioè dal 2006, con Enrico Prandi, anche il miglior dirigente e under 22. Votavano gli addetti ai lavori e i giornalisti specializzati che per ciascuna categoria potevano dare tre preferenze. C’era insomma competenza e pure l’attesa era grande. Ieri invece la festa della serie A nella sala Buzzati di Rcs a Milano è stata poca roba. E non perché hanno vinto Andrew Crawford e Meo Sacchetti che probabilmente sono stati anche i più bravi in quella che ho chiamato irregular season, ma perché il voto è stato allargato anche ai lettori della Gazzetta che sono per lo più i tifosi che da Mamma Rosa hanno imparato a vedere di traverso l’Armani di Livio Proli e Simone Pianigiani come la Juve di Andrea Agnelli e Max Allegri che hanno avuto il solo torto di vincere più scudetti di tutti gli altri club messi insieme. Non è possibile infatti che la squadra che ha dominato il campionato e l’ha concluso con sei punti di vantaggio sulle seconde, Cremona e Venezia, che poi sarebbero stati otto senza quel discutibile 20-0 a tavolino assegnato a Pistoia, sia stata nell’occasione completamente ignorata ed esclusa da tutte e sette le categorie premiate. O forse mi sbaglio? Non credo e stavolta non voglio nemmeno sentir ragioni. Del resto l’evento è stato chiamato Gazzetta-Lega e non Lega-Gazzetta che sarebbe stato il minimo della pena. Sul palco sono sfilati tutti. Giannino Petrucci con Sacco e Vanzetti. Sì, insomma, ci siamo capiti. Sono stati premiati tre di Brindisi: il diesse Simone Giofrè con un’effe sola, il miglior italiano Riccardo Moraschini, niente da dire, e il sorprendente John Brown III che viene dall’A2 (Treviso). E non Frank Vitucci che ha casa proprio nella città di Signore e signori ed è stato il vero deus ex machina della straordinaria annata dell’Happy Casa di Fernando Marino che pure avrebbe meritato un po’ di considerazione quale miglior dirigente del 2018-19. La parte del leone al microfono l’ha fatta invece Luca Chiabotti, ex pupillo di Mamma Rosa, acerrimo nemico dell’Olimpia e oggi giornalista in pensione. Che non si sa bene a quale titolo ha intrattenuto i presenti se non come membro eccellente della famosa Banda Osiris di Ciccioblack Tranquillo e San Bernardi con il numero di tessera 005. E comunque nessuno dei campioni d’Italia è stato nominato. Men che meno Proli e Pianigiani che saranno anche ricchi, ma non hanno il colera. Ma neanche il professor Vladimir Micov. Per non dire di Mike James che un paio di canestri in più di qualche cremino della Vanoli mi pare che quest’inverno l’abbia segnato. No, così non si può più andare avanti. E adesso avrete finalmente capito uno dei molti motivi della crisi che mi ha indotto a non scrivere più di pallacanestro per oltre un mese. Ero stomacato. E non soltanto dai massoni dell’Osiris e dai loro fiancheggiatori, ma soprattutto da chi digerisce anche i rospi e non si lamenta mai. Difatti se sono tornato in pista non è tanto perché sono perdutamente innamorato della stagione dei playoff che mi regala una ciliegina al giorno, e stasera sarò ancora al Palaverde, ma perché avrò tempo di prendermi tante rivincite dopo che Livio Proli nella riunione di giovedì scorso in Lega le ha cantate a chi di dovere e ha disotterrato di nuovo l’ascia di guerra. Stavolta senza fare prigionieri. Ma con chi ce l’avesse ve lo dirò domani. Oggi il tempo è scaduto. Anticipandovi soltanto che Mamma Rosa e la Banda Osiris non potranno di qui in avanti continuare spavaldamente a spendere, spandere ed espandersi facendo sempre i loro porci comodi. Milano torna così sulle barricate per una battaglia che sarà più lunga delle Cinque Giornate (nella foto d’epoca, ndr) e con l’esito probabilmente diverso. Confermando solo lo scudetto tricolore sui balconi e le finestre.