Non è più solo tutta colpa di Proli, ma ora anche di Banchi

Non avrei mai immaginato che a San Martino facessi prima a contare le vittorie (cinque) in stagione di Milano delle sconfitte che sono diventate sei con quella di ieri sera a Reggio Emilia e tre consecutive negli ultimi otto giorni. Per carità, non cambia nulla. Nel senso che l’EA7 rivincerà il titolo, scommettiamo?, perché non c’è niente di meglio in giro per il BelPaese, e non andrà oltre i playoff in Eurolega, conquistati per la verità già l’anno scorso, perché ci sono nel nostro continente almeno cinque o sei squadre più forti di quella di Giorgio Armani, ma non certo più di sette o otto. Però non posso nemmeno mordermi sempre la lingua e comunque ci sono molte cose che non mi tornano. Cominciando dagli alibi che Luca Banchi va costruendo di sconfitta in sconfitta e che non stanno proprio in piedi. Né in cielo, né in terra. Innanzi tutto che Milano sia stanca. Forse di perdere, non certo di giocare ogni tre quattro giorni. Tanto più che Hackett riposa tutte le domeniche come il Padre Eterno e ogni lunedì come i barbieri. Per non considerare che Gigli ha le piaghe da decubito, tanto sta seduto in panchina con i pensionati, e Cirella una volta parte nel primo quintetto (ad Avellino) e poi per altre due partite è n.e. Cioè non entrato. O p.v. Cioè non pervenuto. Mentre Meacham non si capisce bene cosa l’abbiano comprato a fare dal Nanterre se è così affezionato alle virgole e non tira neanche se ha tra lui e il canestro un oceano. MarShon Brooks invece, che per la Gazzetta doveva essere l’uomo del destino milanese, merita un lungo discorso a parte essendo un caso molto più complesso sul quale c’è ben poco da scherzare. Non fosse altro perché è stato preferito da Banchi a Keith Langford non per questioni economiche ma tecniche. O semplicemente perché, di questi tempi, è costato un occhio della testa. Come del resto Kleiza che già aveva fatto ammattire Obradovic nella passata (disastrosa) stagione al Fenerbahce e in questa potrebbe anche battere il record di fischi piovuti in testa dal Forum che appartiene al Fotsis di Don Gel Scariolo. Ricordate? Già, ma allora c’era il Livido Proli e tutte le colpe ricadevano su l’ex presidente di Milano. Anche quando Bourousis, che se non se la sta cavando poi tanto male al Real Madrid, starnutiva e non prendeva le pastiglie per il raffreddore che gli aveva ordinato il medico della società. O kappa. Magari di Mister Brooks ne se riparla un altro giorno. Intanto mi preme tornare sulla partita di Reggio Emilia che evidentemente non è quella che ho visto ieri in televisione se stamane ho letto sul Corriere dello sport che è stata vinta dalla Grissin Bon grazie ad un tiro libero decisivo di Kaukenas a un solo secondo dalla sirena. Veramente a me è sembrato che dalla lunetta abbia fatto centro Riccardo Cervi al secondo tentativo e non il lituano, ma mi posso sempre essere sbagliato. Sono certo invece che potete dirmi tutto quello che volete ma non che Kaukenas sia stato meglio di Amedeo Della Valle o che Alessandro Gentile non vi abbia ricordato in questa occasione Drazen Petrovic nelle sue irresistibili penetrazione-arresto-e-tiro o che l’Armani abbia perso, come vorrebbe sostenere Luca Banchi arrampicandosi sugli specchi, per colpa degli arbitri. Che erano Vicino, Sardella e Di Francesco. Ora non so (per mia ignoranza) quale dei tre, complessivamente abbastanza scarsi, fosse sotto canestro quando il magnifico ricciolino, figlio del marchese Carlo di Carabàs, svelto come il Gatto con gli stivali, è stato prima strapazzato da Moss e poi sgambettato con un calcio da Kleiza. Di sicuro non poteva non aver visto il vergognoso gesto del Fiorello lituano e comunque non ha fischiato il re di tutti i falli antisportivi. A quel punto il match era sul 75 pari a poco più di mezzo minuto dal termine, Kleiza doveva essere espulso, Della Valle avrebbe dovuto tirare non due ma quattro tiri liberi e poi il possesso-palla sarebbe stata ancora della squadra di Max Menetti. Come dire, vittoria e primato in classifica a Reggio Emilia senza aspettare che Cervi (e non Kaukenas) sparigliasse dalla lunetta e infilasse col brivido il meritato canestro del 77-76 finale.