Vincerà anche lo scudetto ma l’Armani è una sòla

 

arlecchino

Per non fare un torto a nessuno ci vediamo insieme anche l’altra gara 1 di semifinale dei playoff. Quella dei ricchi. Anche se di certo povere non si sentono le belle e ambiziose Reggio Emilia e Avellino. Ancora in differita di qualche ora e senza conoscere l’esito finale del primo duello della serie tra Milano e Venezia. Come dicono di fare anche Ciccioblack e le scimmiette che gli stanno intorno ogni qual volta commentano nel pomeriggio le partite della Nba che si sono già giocate negli States a notte fonda. Bugiardi più di Pinocchio. Ma io non sono la Fata dai capelli turchini e neanche ci casco ad ogni loro frottola come un pero gnocco. E così vi dico subito, perché sono anche dispettoso, com’è terminata la seconda finale dell’Est tra Cleveland e Toronto che Tranquillo e Mozzarella di bufala hanno appena iniziato a raccontare su Sky fingendo d’essere in diretta: 108-89, 26 di Kyrie Irving e quindicesima tripla doppia in carriera di LeBron James (23 punti, 11 rimbalzi e 11 assist). Una meraviglia. Come le cheerleaders dei Cavaliers, una più appetitosa dell’altra. Ma torniamo con i piedi sulla terra prima di montarci la testa e farci un sacco male. Quello è basket, la nostra è pallacanestro. Per giunta su Raisport. Ma basta accontentarsi e come ripeto sempre: chi s’accontenta gode. E godo da matti a sentire il mio Acciughino Pittis che la pensa uguale a me: “Per come vedo io la pallacanestro, se le cifre valgono meno di zero durante la stagione regolare figurati nei playoff”. E lo diceva proprio a Dembinsky, o come cavolo si scrive, che lo guardava allibito e si chiedeva sconcertato: “Ma se Riccardo mi toglie anche questo pane di bocca, io che faccio? Muoio di fame?”. E giù di nuovo con le cifre come un torrente in piena. Neanche contassero le quattro vittorie a zero della Reyer durante questa stagione e la gente non sapesse che nell’ultimo mese è cambiato tutto nella squadra del buon Walter De Raffaele con le rinunce forzate a Goss, Peric e Owens e gli arrivi in particolare di Jeremy Pargo, una fantastica palla di gomma, ma anche dei sottostimati Ejim e Krubally ai quali manca la fisicità come dicono quelli che ne sanno una più del libro. Non c’è Andrea Cinciarini e così il Gelsomino piangente ha già in saccoccia l’alibi di ferro anche in caso d’improbabile debacle. Ma la sfida sembra impari sin dall’inizio. Specie se Ortner s’addormenta sotto canestro come quando prende sonno dopo che il pianto dei suoi pargoli l’ha tenuto sveglio per tutta la notte. Batista e Sanders sono incontenibili: 11-3 e una volta si sarebbe detto in tribuna-stampa prendendo il telefono in mano: “Passami gli steno”. Ovvero la partita appena cominciata è già finita: tanto vale allora mettersi subito a dettare il pezzo a braccio. Ma non è così, come pareva, perché Venezia si riorganizza in fretta e s’assesta con le triple di Green e Bramos. L’uscita dai blocci di Stefano Tonut è stata esplosiva e nessuno è più contento di me nel sottolinearlo: non mi potevo infatti sbagliare sul valore del mulo di Trieste in cui credo a occhi chiusi da più di un anno. Bastava solo farlo sentire importante. Tanto ci voleva? Milano comincia ad aver paura e lo si vede. Del resto ha giocato per tutto l’anno male e si è spesso salvata in Italia, e non all’estero, perché ha tali risorse in panchina che a Repesa prima o poi riusciva comunque la ciambella con il buco. Entra Pargo e lui sì che è una star che avrebbe dovuto prendere Livi(d)o Proli. Oltre a un playmaker come Teodosic o a un leader come Datome. Vecchi discorsi. Ventuno pari alla sirena del primo quarto. Con 11 punti di Sanders e 8 di Batista. E le altre scarpette rosse? Tutti delle sòle. Come dicono a Roma. Avevano anche detto che Ejim è una molla, ma ha una mano quadra. Forse ora si devono ricredere. Dalla stessa mattonella le bombe di Viggiano e Ress. Capitano, mio capitano, quando finirai di stupirmi? Mai. Sta in piedi per miracolo, ma non si siede. Toh, c’è anche Simon. All’intervallo è 43-38 per l’EA7 che a zona ha mandato in tilt l’attacco dell’Umana e Pargo col cappello in testa del cuoco pasticciere. Intanto scotta il telefonino: mi chiamano da tutto il mondo e, anche se lo lascio squillare, non sono mica nato ieri. Mi sa tanto che Milano l’ha combinata ancora grossa. Si riparte con due triple lussuose di Green e il risveglio di Ortner e Bramos: rimonta e sorpasso (43-54). Alex Gentile contro tutti: non ci siamo. Nei primi sei minuti della ripresa l’Armani fa scena muta con il canestro e si becca un umiliante 0-16 sui denti. Non sto più nella pelle e mi fiondo sulla Gazzetta mentre il terzo periodo si è chiuso 53-66. Gelsomino non sa più a che santo votarsi. Edi Dembinski, o come cavolo si chiama, si capisce dal tono mesto della voce che ha il cuore che gli sanguina. Piovono i primi fischi dalle tribune di Desio sulle scarpette rosse e i suoi dirigenti. Richiamo in prima pagina: “Colpo Venezia: con Green batte 77-84 Milano in gara-1 di semifinale”. E all’interno: “Milano disastrosa”. Peccato che lo scriva Max Oriani e non Arlecchino, servitore di due padroni. Come nella commedia del venezianissimo Carlo Osvaldo Goldoni. Pur restando sempre convinto che l’Armani vincerà comunque 4-1 questa serie e poi il tricolore. Ma che Proli, livido più del solito, se ne sia andato silenzioso sul 62-79 prima che la barca affondasse vorrà pur dire qualcosa.