12 giugno, giovedì Ho solo un paio d’ore di tempo, minuto più minuto meno. Poi scappo a Bologna. A far che? Magari a mangiare le favolose crescentine, conosciute pure come tigelle lontano dall’Appennino modenese dove sono nate e mai moriranno. A dio piacendo. E pare gli piacciano assai. Se trovo una trattoria ancora aperta dopo la partita. Quale partita? Lo capisco. Nessuno s’immagina che stasera ci sia la prima partita di finale scudetto della palla nel canestro, uno sport un tempo molto apprezzato e conosciuto nel Belpaese, ma oggi quasi scomparso almeno dalla prima pagina della Gazzetta dello sport. Che, dopo lo 0-6 beccato dalla “insuperabile” Intertriste del piccolo Inzaghi a Monaco di Baviera e lo 0-3 buscato a Oslo dalla “fantastica” nazionale di Spalletti che ha fatto spallucce e se ne è tornato nel borgo toscano di Montaione, nei pressi di Certaldo, a fare il vino de “La Rimessa”, sangiovese e merlot, e anche l’olio come Olivetta Spahija in Croazia. Dunque dicevo, ma dov’ero rimasto? Ora ricordo. Perdonatemi, però un po’ rincoglionito lo sono e non fatico ad ammetterlo. Dunque dicevo del quotidiano in rosa di Urbano Cairo che si sta lentamente rimettendo in sesto dal terribile doppio shock che francamente non si aspettava di ricevere tra capo e collo e, dopo aver sparato una montagna di fregnacce al mercato del pesce surgelato, “il Conte Antonio alla Juve, Acciuga Allegri al Napoli e il povero Claudio Ranieri alla guida degli azzurri”, oggi è sulla strada della guarigione. Con l’intervista esclusiva (però!) a Roberto Mancini: “E’ stato un errore lasciare: chi non tornerebbe dove è stato felice?”. E’ proprio vero. O lo scoop sensazionale: “Juve, Tudor rinnova: contratto sino al ‘27”. Purtroppo. “Elkann in visita dà la carica”. Bravo. Anche se io El Can della famiglia Agnelli lo scrivo in un altro modo.
E pazienza se poi la Gazzetta si è dimenticata di dedicare solo due righe in prima al basket e a gara 1 tricolore tra l’odiata Virtus di Dusko Codino Ivanovic e la dimenticata Brescia del Peppe Poeta, i due veri allenatori dell’anno in corso: straniero e italiano. Altro che Paolino Galbi Galbiati che pure è nei miei favori, ma non trova una squadra neanche a pagarla oro. Nemmeno la Reyer accomunata a Teramo, pardon a Trapani, succede, nel 7 in pagella di Oscar Eleni, amico mio, non prendertela. Che stavolta, parlando bene persino del “caro nemico” Campana, più che dare i voti ha dato i numeri scrivendo che è stato bravo Antonelli a confermare Repesa, mentre io penso che sia stato molto più bravo Gelsomino coi tempi che corrono a farsi pagare in anticipo l’80 per cento dell’ingaggio annuale già a settembre dal padrone che pare sia sommerso dai solleciti di pagamento. “E bravo Casarin a brindare con il signor sindaco Brugnaro alle tante cose buone fatte dalla Reyer quest’anno”. Quali, di grazia? Per caso la doppia sconfitta nel derby con Treviso che ha invece licenziato Frank Vitucci per far contenta la sua curva di stupidi, o la batosta subita in casa persino da Pistoia già retrocessa? C’è l’imbarazzo nella scelta.
I richiami della Gazzetta d’oggi sono stati invece: “Soldi dei diritti tv: scontro Lega-Abodi” e “Vasseur sotto esame: si gioca la Ferrari”. Per la verità il primo richiamo ha scatenato stamattina una coda all’edicola del centro di Milano d’almeno un paio di chilometri da parte degli appassionati che volevano saperne di più su come andrà a finire le disputa tra Ezio Maria Simonelli, che credo sia il presidente delle società di serie A di calcio, e il ministro per lo sport e i giovani nel governo Meloni. Straordinariamente e per la prima e unica volta in vita mia tifando per Andrea Abodi se è vero che ha destinato dei soldi persino per la nostra palla nel cestino che ne ha un bisogno estremo. Mentre sono dovuto andare alle pagine 35-36-e-37 per sapere chi mai sia questo Fred Vasseur di 56 anni e da tre team principal delle Rosse di Maranello per le quali, lo si sarà capito, non ho mai fatto il tifo.
Stanno per scoccare le due ore, non sto scherzando, e io devo mettere qui un punto altrimenti non arrivo in tempo per il salto a due della partita tra Diouf (o Zizic) e Bilan, luce dei miei occhi come del resto Della Valle, per me sempre il mio Ricciolino, Hackett e Shengelia al quale il Messi(n)a troppo tardi, abbracciandolo sabato al Forum, gli ha chiesto di passare all’Armani. L’entusiasta presidentessa di Brescia, Grazie Graziella Bragaglio, mi ha appena fatto sapere, d’essersi già messa in viaggio per la Segafredo Arena con il caro marito, Matteo Bonetti, che deve aggiustare la schiena al mia Tigre che non s’alza più dal divano da due settimane: me l’ha promesso e ci riuscirà, ne sono strasicuro. Perché è bravissimo, mi hanno detto. Non credo che Brescia disti molto di più di Mestre da Bologna. Quindi scappo. Tanto avrò modo di parlare di questo duello tricolore che andrà come minimo alle quattro partite e che all’inizio dei playoff mi ero augurato che fosse proprio Segafredo-Germani. Poche ciance: verba volant, scripta manent. E io l’ho scritto su questo blog mentre voi tutti eravate ancora convinti che Milano avrebbe stravinto il quarto scudetto di fila. Come no? E che vinca il migliore. Mentre è sicuro che non farò in tempo a comprarmi al mercato della frutta e della verdura di Bologna le tentatrici ciliegie dei desideri per le quali vado fuori di testa. Vedi foto e poi ditemi se non ho sempre ragione.