Johnson egoist come Theodore ma Venezia non è Milano

fiat

Non ho mai pensato d’essere un genio, ma non ci voleva molto a capire che la palla al piede di Milano è Jordan Theodore. Che non voglio nemmeno sapere quanto guadagna, altrimenti mi va di traverso la caramella (dura) al gusto di mela marcia e rischio di soffocarmi. E neanche mi sogno che arrivi a capirlo Mamma Rosa che ha la testa di legno e il cervello di un moscerino. L’importante è che Livio Proli lo dica a Simone Pianigiani: “Guarda che non hai l’obbligo di farlo giocare nemmeno dopo che avrà fin(i)to di zoppicare”. Theodore si è storto la caviglia sinistra quasi un mese fa in allenamento. Da allora l’Armani ha sempre vinto tranne che a Istanbul con i campioni d’Europa del Fenerbahce, ma voglio proprio vedere se laggiù riuscirà ad andare a vincere venerdì l’Armata Rossa di Mosca che pure comanda la classifica d’Eurolega con quattro punti di vantaggio sulle seconde, l’Olympiacos e per l’appunto lo squadrone di Zeljko Obradovic. E comunque i larghi successi delle scarpette rosse sull’Efes e in Russia col Khimki, oltre a quelli in campionato sul Banco di Sardara e a Bologna con la Segafredo, hanno avuto tutti un comune denominatore: il nuovo amore scoppiato all’improvviso tra i piccoli e i lunghi dell’Olimpia. E’ risorto capitan Cinciarini. E con lui Jerrells. Gudaitis e Tarczewski non fanno più solo le belle statuine. E Goudelock faccia pure quel che vuole: l’importante è che non debba ancora e sempre passare la palla a Theodore che tanto poi mai gliela restituisce. Lo so anch’io che Milano può benissimo conquistare lo scudetto anche con lui: l’americano della Florida naturalizzato macedone mica è una pippa. Non dico questo. Ma il suo egoismo fa passare la voglia agli altri di sbattersi e di giocare con il sorriso sulle labbra: liberi e belli. Prendete la disfatta di Firenze in Coppa Italia e ributtate l’occhio sul tabellino: 23 di Goudelock e 16 di Theodore, ma Cantù ha vinto di ben 18 punti (105-87). E gli altri? Tarczewski addirittura in tribuna, Jerrells virgola e tre in pagella, Micov (7) e Bertans (6) praticamente due fantasmi, Kuzminskas frustrato e Gudaitis (2) disperso. Nel cerchio magico di Proli dicono che il presidente lasci carta bianca nelle scelte e negli acquisti al suo allenatore. Non so se sia proprio vero e di nuovo nemmeno m’interessa saperlo. Però, se le cose stanno così, come cantava Sergio Endrigo, mi rifiuto di pensare che Pianigiani, dopo aver sculacciato la Virtus, avrebbe ribadito che Theodore è comunque il suo playmaker titolare e che lo aspetta a braccia aperte. Altrimenti sarebbe più testardo di quelli della Gazzetta. Intanto stasera Jordan contro il Real Madrid non gioca e neanche mi sembra che Simone sia disperato per la sua assenza. Piuttosto domani scende in campo la GrissinBon per la bella dei quarti d’EuroCup con lo Zenit di San Pietroburgo e spero che Mamma Rosa, tutta presa dall’Armani e i diecimila del Forum nel duello più vacuo di questo turno d’EuroLega, non se ne dimentichi come al solito. Così come non capisco tutto questo entusiasmo per le vu-nere alle quali la Fiba ha regalato una wild card. In primis nel basket la Champions è la terza delle coppe europee e quest’anno ha avuto tra le sue partecipanti persino Capo d’Orlando. E poi i meriti sportivi acquisiti sul campo dove li mettiamo? Mi auguro non in quel posto. Difatti è tra poco Pasqua e nessuno mi ha ancora spiegato perché Venezia è stata esclusa dall’EuroLega. Ne aveva il titolo e tutti i diritti. E non ditemi perché il Taliercio è piccolo: potevano benissimo i campioni d’Italia giocare al Palaverde di Villorba e magari avrebbero fatto più bella figura delle scarpette rosse. Non mi credete? Fate pure a meno. Però vi sbagliate se sottostimate la società di Napoleone Brugnaro che, al di là degli ottimi risultati ottenuti in questi anni e nell’ultimo periodo, una sola sconfitta in campionato da metà dicembre, ha dimostrato di sapere il fatto proprio e di conoscere i suoi polli. Dominique Johnson era diventato una brutta copia di Jordan Theodore? Bene. Continui pure l’americano del Michigan ad ammirarsi allo specchio che nel frattempo Walter De Raffaele l’ha lasciato a cucinarsi nel suo brodo e gli ha preferito Michael Jenkins, mvp domenica nella passeggiata di salute della Reyer al Parco Ruffini di Torino. Mentre Federico Casarin è corso ai ripari ed è andato subito a prendersi dalla Nuova Zelanda l’Edgar Sosa dello scudetto di Sassari che potrebbe già esordire tra cinque giorni contro Cantù in maglia oro-granata. Lasciando pure che il mondo dica che il passaportato dominicano è una testa calda, ha già messo le mani addosso a Cerella e vuole un pallone tutto per lui. Francamente mi sembra la vecchia favola della volpe e l’uva. E, uguale a me, la pensa il mio Pesciolino rosso. Anzi, bianco-rosso-e-verde.