Confermata squalifica: sei mesi di lavori forzati a Hackett

Cosa vi avevo detto? Che non sarebbe finita qui. Come sarebbe invece piaciuto alla Gazzetta. Alla quale, offesa e indignata, perché giustamente ripudiata, importava solo che Daniel Hackett fosse ghigliottinato sulla pubblica piazza (Solferino?) mentre le vecchine di Sky continuavano a sferruzzare a maglia e i loro pargoli a giocare a pallacanestro con la sua testa. Mi spiace, o neanche, ma si va comunque avanti. Dovessimo anche riparlarne per l’intera estate. Tanto più che in tutto questo imbroglio ci sono ancora troppi punti interrogativi ai quali non è stata data una risposta onesta e convincente. Una cosa soltanto si è capita senza essere cervelloni o dietrologi: che Giannino se l’era legata al dito e che, appena ha potuto, l’ha fatta pagare cara a Hackett col quale lo scorso inverno aveva fumato il calumet della pace davanti a Messer Minucci come tra lo Squalo Galliani e Barbara Berlusconi. Difatti temo anche per la mia salute e non vorrei che quei cinquanta corvacci neri, che ad ogni tramonto del sole si posano sui cavi della funivia della Faloria e mi guardano torvi, ce l’avessero proprio e solo con me. Ieri del resto se la sono presa con la mia Bmw, imbiancandola di limo sul cofano. E oggi? Stamattina l’avvocato Cassì, consulente legale della EA7 Emporio Armani, ha presentato istanza di riesame davanti ai giudici della commissione giudicante della Federbasket affinchè l’esagerata condanna di sei mesi di squalifica venga ridotta non dico a una lavata di capo, che Daniel ha già abbondantemente cosparso di cenere, o a una bella pacca sulla spalla, sperando di non scassargli anche quella, ma a uno stop in campionato facciamo al massimo sino a Natale per permettergli d’essere in campo a Santo Stefano per Milano contro Ichs, che sarebbe dovuta essere Siena e che sarà invece Capo d’Orlando. Per la verità ieri Enrico Cassì in un’intervista radiofonica ha parlato anche della letteraccia che i sedici azzurri hanno dettato all’addetto stampa della Fip e che pure a lui, e quindi non soltanto a me e a Chiabo, è sembrata “poco piacevole e soprattutto intempestiva”. Ma ha anche aggiunto, e qui la Gazzetta ha pensato bene di usare le forbici e di darci un taglio, che “Daniel aveva già chiesto scusa a tutti: sa di aver sbagliato e lo ha pure scritto pubblicamente”. Evviva: nella nazionale del mio amato cittì Simone Pianigiani, detto il Nazareno, c’è o, meglio, c’era qualcuno ancora capace a scrivere e che magari sa pure chi siano Celestino V e Enrico IV. Un brindisi a Cassì al quale avrei anche buttato le braccia al collo quando ha chiuso il suo intervento a Radiosportiva dicendo: “Cos’altro deve ancora fare il mio protetto? Forse uccidersi? Mi sembra che siamo qui a prendere a bastonate un morto”. Qual era infatti il titolo, ripreso anche da Google, del mio pezzo di ieri su questo sito? “Tormentone Hackett: adesso lo vogliamo anche torturare?”. Come diceva Salomone, il pirata pacioccone, nel fortunato Carosello dell’Amarena Fabris. Che non è piaciuto solo a Giannino che subito ha replicato a Cassì nemmeno la lettera, come si sussurra anche a Palazzo, l’avesse scritta di suo pugno: “Condivido in pieno il comunicato dei giocatori azzurri: qui si tratta di far rispettare le regole e non di essere contro Hackett”. Come no? Difatti l’ha invitato con l’avvocato dell’Armani a gustare un buon gelato al veleno. Come cantava la Giannina che però non è neanche lontana parente del vendicativo sindaco di San Felice Circeo. E difatti qual è stata la sentenza sul far della sera della commissione giudicante della Federbasket di Petrucci? Rigettata l’istanza di riesame, ha confermato i sei mesi di squalifica e la ghigliottina per il disertore di Forlimpopoli in piazza Solferino. Come vi avevo detto. E di nuovo non mi sono sbagliato.        (Hackett – 6 continua)