Col cancro ci combatto, con l’ignoranza perdo la partita

CLAUDIO PEA

Vediamo se avete anche il coraggio di dire che non vi ho forse sempre sconsigliato di leggere i quotidiani di prima mattina. Eviterete così di rovinarvi l’intera giornata e di togliervi l’ultimo goccio di buon umore che magari vi era ancora rimasto in fondo alla tazza del caffellatte. Tanto più che le cattive notizie hanno le gambe lunghe e ti raggiungono ovunque in un nano secondo. I giornali sono fatti coi piedi e i loro editori li trattano ormai come carta straccia. E al massimo si salvano il Fatto Quotidiano, le pagine dello sport del Corriere e l’ultima di satira su Repubblica. Dove è capitato persino che Luca Bottura abbia bruciato sul tempo Marco Travaglio in occasione dell’uscita del “nuovo capolavoro letterario” che l’Innominabile, al secolo Matteo Renzi, ha presentato nella “splendida cornice di Galleria Borghese” senza indossare la mascherina. Né nel corso della conferenza stampa davanti all’interessatissima Maria Elena Boschi, capitata lì per caso, né quando, al termine della discussione, il Lupetto di Rignano si è intrattenuto con la folla (?) regalando una dedica anche a Teresa Bellanova che non mi crederà nessuno ma si è pure commossa. Sembra, come hanno scritto prima Bottura e poi Travaglio, che il pagliaccetto col due per cento abbia nel suo libro, “La mossa del Cavallo”, distribuito lecca-lecca un po’ a tutti. Per esempio una stoccata alle banche per far contento Il Tempo, un grido d’allarme e di dolore sul Conte Giuseppe 2 per Il Giornale di Alessandro Sallusti e un attacco violento ai magistrati per La Verità diretta e orchestrata da quel simpaticone di Maurizio Belpietro. Tutto marciume di destra che non toccherei nemmeno con i guanti di gomma inzuppati nell’amuchina.

Un aficionado mi ha fatto ieri notare, molto dispiaciuto, che non mi facevo vivo sul blog dal 16 maggio: è vero e mi scuso, ma avevo perso la voglia di scrivere. Così. Di punto in bianco. Dalla mattina alla sera. Come mi è successo anche con i sapori che ho lasciato in radioterapia all’inizio dello scorso autunno. Dopo aver scribacchiato tutti i santi giorni, anche sin troppo, durante i due mesi di coprifuoco. Oltre tutto divertendomi parecchio. Il motivo? Uno, nessuno, centomila. Senz’altro la nausea che mi danno Salvini e la Meloni ogni qual volta li vedo in televisione che non si perdono un tiggì o un talk show di regime per vomitare il loro odio (di ricino) addosso al presidente del Consiglio che meglio di così, nella bufera della pandemia, non avrebbe invece potuto comportarsi. Anche se capisco che gli ignoranti questo non lo possano capire e da loro purtroppo sono circondato vivendo in una regione nella quale si sono stoltamente innamorati di un Sorcio Verde (e ingrato) che ha l’alito che puzza di topo morto (inumidito dal Prosecco di Conegliano) e ha girato le spalle persino all’Andrea Crisanti che gli ha salvato il culo oltre che la poltrona di governatore del Veneto.

Certo è che ce ne vuole per far perdere la pazienza a Pierluigi Bersani che finalmente da Bianca Berlinguer ha detto agli “imbecilli” quelle cose che il Don Abbondio capitolino (Nicola Zingaretti) ha paura anche solo di pensare nel sonno: “Il messaggio che la destra sta dando in Parlamento e fuori è una coltellata al Paese. Tanto che mi nasce il sospetto che, se avessero governato loro, non sarebbero bastati i cimiteri in Italia”. Questo è fattuale come direbbe un altro che è sempre meglio perdere che trovare. Ovvero Littorio Feltri, direttore di Libero & Brutto. Mentre il terrorista Sallusti, che non ha fatto una piega di fronte all’infamia sparata da quel poveruomo che è il presidente dei ricchi scemi (“Il Governo di Conte è più dannoso del virus”), addirittura oggi si è scandalizzato rigirando la frittata e titolando in prima pagina sul giornale rifondato dal Pregiudicato d’Arcore che non si è fatto nemmeno un’ora di galera: “Sinistra di sciacalli”. E non stava assolutamente guardandosi allo specchio insieme a Carlo Bonomi che prenderei piuttosto per un orecchio e lo trascinerei senza mascherina a farsi un bel giro d’Italia per i letti di terapia intensiva degli ospedali dove ancora si muore di Covid e i decessi oggi sono stati pur sempre ottantacinque, appena tre meno di ieri.

Mi ha fatto anche arrabbiare qualche amico di vecchia data e questa è stata davvero un’inattesa pugnalata alla schiena peggio di quella che Luca Zaia ha inferto al Prof venuto da Londra che i padovani dovrebbero invece venerare tra due sabato nella basilica che ospita le reliquie di Sant’Antonio. Mi hanno detto che sono un Narciso o, peggio, un Lucignolo soltanto perché non la penso come loro e non mi nascondo dietro a un dito, confesso serenamente d’aver anch’io molto peccato, però non la smetterò mai di sbattermi per cercare (e scovare) verità scabrose che non si possono seppellire. Mi sono poi soprattutto sentito tradito da quella mediocre categoria che sono diventati i gasatissimi allenatori italiani di pallacanestro, quasi tutti legati alla scuderia di Virginio San Bernardi, che negli ultimi tempi sono diventati addirittura più fastidiosi dei loro dirigenti filibustieri sui quali l’esperto in nero di seppia, Ciccioblack Tranquillo, curiosamente non indaga come invece a suo tempo fece con l’odiato Montepaschi di Siena, né ci spiega oggi come possa un giocatore guadagnare più soldi con i diritti d’immagine che con lo stipendio. Mistero gaudioso. O non forse gli allenatori e i dirigenti, eccezion fatta per Don Chisciotte Baraldi, che in serata ha concluso per Amedeo Tessitori alla Virtus da Treviso, sono comandati a bacchetta da chi fa (male) entrambi i mestieri e occupa ovviamente i vertici della tanto chiacchierata Banda Osiris che faceva le marchette per la LegaBasket di Umberto Gandini ed era profumatamente pagata da Egidio Bianchi?

Anche il prossimo sarà del resto un campionato fuorilegge con la Reale Mutua, che ha rinnovato la sponsorizzazione di Torino, da tenere particolarmente sott’occhio assieme a Pallino Sardara che non potrà essere padrone di due squadre di serie A come nel calcio non sarebbe permesso nemmeno a Lotito e a De Laurentiis. O mi sbaglio, caro il mio Giannino Petrucci? Che stamattina intanto si è inventato un altro lodo geniale, stavolta “salva città”, per favorire il possibile cambio di proprietà di Roma e di Brescia senza che i nuovi acquirenti (Campari e Ferrari?) debbano pagare i vecchi debiti eventualmente contratti da Ciglione Toti e da Grazia Graziella Grazie lo stesso Bragaglio. Di sicuro a me sotto il naso comunque non la farete e per questo sono tornato oggi in pista con le orecchie ritte e la vista lunga. E infatti ho già sentito che Federico Pasquini, bravo e astuto general manager del Banco di Sardegna, si sta muovendo sul mercato trattando giocatori pure per Torino mentre Ettore Messi(n)a continua a spendere e spandere e dopo Datome  (alla frutta) girerà allo Zalgiris il malvisto Arturo Gudaitis per il costosissimo Edgaras Ulanovas. Domani in ogni caso approfondirò meglio il discorso e magari vi domanderò anche se vi sembra possibile che per esempio gli stranieri di Sassari e Brindisi l’anno passato siano costati più o meno quanto quelli di Pesaro. Sempre che non vi dispiaccia. Altrimenti me lo dite subito e io mi ritiro di nuovo in buon ordine nei cari boschi del Cansiglio con i compagni partigiani a combattere le mie battaglie che non sono neanche di poco conto se martedì il fratello otorino mi farà l’ennesima biopsia per scoprire se il tumore mi ha lasciato finalmente in pace dopo un anno esatto dalla brutta diagnosi (5 giugno 2019). Come vedete, non ho segreti nel cassetto o scheletri nell’armadio, né men che meno so cosa farmene della pietas pelosa. Piuttosto ditemi: riuscirò mai a convincere un salvinista veneto della sua crassa ignoranza o un fascista di Facciotta nera della sua stupida violenza? E’ una battaglia persa: la penso purtroppo così anch’io da una vita.

Nella foto sto leggendo il Fatto Quotidiano sul divano. Tra il caminetto e la televisione. Nel tardo pomeriggio. A dimostrazione che non me la passo neanche male e che qualche chilo l’ho anche ripreso dei venti che quel benedetto cancro mi aveva strappato. Sono oggi caricato a molla e quindi non è vero che sono giù di corda come mi raccontano girasse voce nelle fogne dell’hinterland milanese. Il quotidiano di Marco Travaglio ha cambiato da dieci giorni la grafica e, se devo essere proprio sincero, preferivo com’era disegnato prima con più manchette, curiosità, caos e fantasia. Resta comunque per contenuti il mio giornale di gran lunga preferito perché è polemista, satirico, accattivante e soprattutto libero. Ovvero senza il padrone che ti sta sempre col fiato sul collo come il fratello di Lapo Elkann a Repubblica che non è più il faro della sinistra italiana perché si è improvvisamente ammosciato perdendo lucidità e grinta. Tanto che mi domando, come si è chiesto anche Gad Lerner, cosa c’è rimasto a fare Michele Serra nel giornale fondato da Eugenio Scalfari. Né sta meglio Mamma Rosa maritata a Urbano Cairo se le pagine che leggo più volentieri sono ormai le due delle avventure del Paperino tennista che purtroppo domenica andrà in vacanza e allora non mi resterà che consolarmi con i divertenti elzeviri di Andrea Di Caro che chissà per quale ragione tutti in redazione chiamano Di Cairo. Mentre il direttore responsabile Andrea Monti sta preparando le valigie per scappare a Cortina d’Ampezzo, dove gestirà la comunicazione dei prossimi Mondiali di sci alpino e delle Olimpiadi del 2026, lasciando così molto volentieri la sua poltrona a Stefano Barigelli, che negli anni si è costruito la meritata fama del terribile taglia teste, oltre che il compito ingrato di dover spedire a casa entro Natale una doppia dozzina di giornalisti della Gazzetta che oggi aveva mandato Tessitori a Bologna. Brava, ma sull’altra parrocchia. Quella fortitudina. Di modo che la Fossa si è sentita presa per i fondelli e a Mamma Rosa la farà presto pagare molto cara.