Nessuno scandalo: le finali sono sempre state una corrida

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Monta, cresce, s’infiamma l’attesa per la finale di stasera che potrebbe dare finalmente lo scudetto all’Armani dopo quattro anni di colpi a vuoti, di tempeste e tradimenti, di pochi sorrisi e di soldi buttati al vento. Oppure  rimandare tutto di quarantott’ore nell’ultimo duello alla Segafredo Arena che sarebbe probabilmente la soluzione più equa e comunque senz’altro la più affascinante. Di nuovo sold out (12.500 spettatori) il Forum per la terza volta di fila. Ormai lo vado dicendo da gara 1: il titolo lo vincerà Milano. Ma devo essere sincero: spero stavolta di sbagliarmi. E non solo perché questa Virtus di pelle mi seduce più dell’Olimpia, Don Gel Scariolo di Erode Messina, e non ci vuole molto, e pure Monnezza Teodosic del Chacho Rodriguez. Ma soprattutto perché spero che la bella delle belle tra le squadre più titolate d’Italia possa andare in onda almeno lunedì per l’ultima volta sulla seconda o la terza rete della Rai raccogliendo i consensi che in fondo si merita e non come oggi, vergogna delle vergogne, su Raisport che, se anche chiudesse domani i battenti, nemmeno mi dispiacerebbe più di tanto. E non tanto per il suo direttore, Alessandra De Stefano, scorbutica e insopportabile, che non posso vedere nemmeno dipinta e che comunque qualcuno che la raccomandi per un altro lavoro lo troverà sempre nel carrozzone di Saxa Rubra. Quanto perché l’audience che raccoglie Raisport è ridicolo a fronte d’enormi spese statali in un momento in cui il gasolio è a due euro al litro e il pieno che ho fatto stamattina in aperta campagna mi è costato più di un centone.

Erano anni che la nostra pallacanestro non entrava di prepotenza non dico nel cuore della gente, perché sarei esagerato, e nemmeno nelle case, visto che la Rai non parteciperà neanche – a quanto pare – al bando di concorso per il rinnovo del contratto televisivo della serie A che la Lega di Umberto Gandini aprirà mercoledì a bocce ferme, ma di sicuro ha trovato nelle ultime ore molto più spazio sui giornali, per quello che può contare, e tra i social network dove sino all’altro giorno nemmeno s’accennava a parlare di basket. Mentre ora c’è molta curiosità, anche tra i giovani, per sapere come andrà a finire questa sfida intrigante tra le vu nere e le scarpette rosse. Difatti la gente me lo chiede con insistenza su Facebook come non non mi sarei mai immaginato, non capacitandosi però pure lei di come sia possibile che oggi la sesta partita di finale non sia trasmessa in diretta sulle tivù ammiraglie di viale Mazzini. In un sabato poi nel quale non c’è nient’altro di sport che possa farle ombra dopo che Matteo Berrettini nel pomeriggio ha liquidato in due set perfetti anche Van de Zandschulp sull’erba amica del Queen’s e domani giocherà ancora la finale contro il serbo Krajinovic. Del resto la nostra palla nel cestino non se la passa poi così male come la Rai vuol far credere al suo popolo forse per difendere la pallavolo che ha un terzo delle sponsorizzazioni del basket e di cui un giorno vi darò i numeri al dettaglio. Intanto l’UnipolSai Assicurazioni s’è affrettata proprio oggi a rinnovare, dopo due anni difficili, il buon rapporto che ha con la LegaBasket come title sponsor della serie A e presentig partner della SuperCoppa e delle final eight di Coppa Italia.

So che adesso andrò a sbattere contro un muro, ma ho la zucca dura e non mi fermo. Mentre leggo quel titolo del Corriere della Sera (“Alibi e complotti, come rovinare un magnifico duello“) che mi ha fatto venire il latte alle ginocchia e un tremendo mal di pancia. E così vado avanti per la mia strada anche dovessi essere l’unico fuori dal gregge e dal coro a sostenere che non ci ho trovato nulla d’assolutamente scandaloso in questa escalation di veleni presentata con preoccupazione da quasi tutti i quotidiani tra Massimo Zanetti e Ettore Messi(n)a che in fondo cosa hanno detto di così riprovevole da indignare i benpensanti e i moralisti a un tanto al chilo? Che i tre arbitri hanno favorito la squadra avversaria e per questo la Segafredo ha vinto nonostante i loro fischi sbagliati e l’Armani ha perso per un tecnico a Melli che solo per il presidente allenatore di Milano non era da punire. Tutta qua: capirai. O poco peggio. Che poi il patron della Segafredo non abbia magari la minima intenzione di sedersi alla stessa tavola apparecchiata dal Messi(n)a pro domo sua negli ultimi mesi, cominciando dall’intemerata della vigilia di Pasqua contro il presidente degli arbitri Stefano Tedeschi, nessuno può obbligarlo a farlo e non posso onestamente dire che sbagli. Né posso negare che l’Olimpia di un signore come Giorgio Armani avrebbe fatto molto meglio a non chiedere a Giannino Petrucci d’attivare la procura federale per verificare se ci fossero gli estremi per provvedimenti sanzionatori nei confronti della Virtus e della sua proprietà. Ma questi sono altri discorsi nei quali non voglio più addentrarmi e spero lo faccia anche l’ex sindaco di San Felice Circeo che ha altri nodi ben più grossi da sciogliere nel suo palazzo degli spettri.  In passato tutte le finali sono sempre state bene o male una corrida. Anche Siena-VareseVenezia-Trento di un recente passato. Per non parlare dello scudetto del 1984 vinto dalla Virtus Granarolo di Albertone Bucci nella superbella di Milano contro la Simac di Dan Peterson senza Dino Meneghin squalificato per aver mandato a remengo Vitolo e Duranti in gara 2 a Bologna. O ve ne siete già dimenticati? Ma adesso si gioca: buon spettacolo a tutti. Se sarà spettacolo. E che vinca il migliore. “Speremo de no!” come disse Nereo Rocco, il Paron, prima del derby con la grande Inter di Helenio Herrera.