Aldo Grasso cambi cognome altrimenti sarà licenziato

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Ho aspettato tutto il santo giorno sotto la pioggia i 200 metri olimpici di Federica Pellegrini. Che mi sarei anche potuto registrare e vedere stamattina. Bevendo il caffelatte e gustando uno jogurt senza lattosio. E senza fretta. Ma sono stato sveglio sin oltre le quattro del mattino. E poi non riuscivo più a prendere sonno. Deluso del quarto posto? No, solo dispiaciuto per la Divina. Il quarto giorno dei Giochi è stato il primo in rosso per gli azzurri di Rio de Janeiro. E anche il quinto non è iniziato bene con l’eliminazione subito (agli ottavi) di Arianna Errigo, argento nel fioretto individuale e oro a squadre quattro anni fa a Londra. Adesso siamo nelle mani di Elisa Di Francisca da Jesi. Come Meches Mancini. Campionessa olimpica in carica. Due prime donne d’Italia: evidentemente una era di troppo. Ex amiche per la pelle mi hanno raccontato. Stavolta è Arianna la favorita: ha scritto oggi Flavio Vanetti sul Corriere della sera. Capita a tutti di sbagliare. Anch’io avrei detto che Federica Pellegrini avrebbe vinto una medaglia. Minimo quella di bronzo. Da quel poco che la conosco. Dopo averla vista nuotare lunedì in semifinale e uscire dalla acqua dell’Estadio Aquatico splendida sorridente serena. Domani vi faccio vedere io. Sembrava dire la Divina a Katie Ledecky e Sarah Sjostrom incrociandole con lo sguardo. Ma non per sfida. Semplicemente perché le pareva di stare molto bene e di poter fare ancora meglio in finale. E nemmeno per presunzione. Come le rinfacciano ora gli scemi del villaggio dei social network. Ai quali magari è anche antipatica. E ai quali non so cosa farei se li avessi adesso a portata di lama. Perché non mi è difficile pensare che siano gli stessi che hanno chiesto la testa di Beppe Tassi. E Andrea Riffeser, il padrone, l’ha data subito a loro in pasto. Benpensanti dell’ultima ora. Cani che abbaiate per un titolo senz’altro sbagliato: “Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”. Per la verità le tre ragazze dell’arco mi erano sembrate brave, ma anche un po’ abbondanti in vita e sui fianchi. Del resto anche a me capita spesso che la mia ironia da due soldi non venga capita. Né sono sempre apprezzati i miei innocenti giochi di parole. Càpita e capìta: l’avete afferrata? Ma di qui a sollevare dall’incarico un bravo professionista solo per il fatto che non ha esercitato il controllo su un titolo, magari anche buttato là in fretta e furia da un collega di redazione o da un occasionale della domenica, mi è sembrata francamente un’esagerazione bella e buona. E molto gratuita. In fondo anche Guendalina Sartori, Claudia Mandia e Lucilla Boari ci avevano intelligentemente riso sopra. Cosa allora dovrebbero fare a me che da secoli chiamo Cicciobello il mio caro amico Flavio Tranquillo e da un anno Ciccioblack? Cioè da quando lui medesimo ha confessato d’aver preso il nero dalla Montepaschi Siena. Sbattermi in galera e buttar via la chiave? Esagerati. Nel frattempo ad Aldo Grasso, per me un mito assoluto, consiglio di cambiare in quattro e quattr’otto cognome prima che se ne accorga Urbano Cairo, il nuovo padrone del Corriere della sera, e lo licenzi su due piedi. Con tutte le teste che ha da tagliare. Tanto più che se anche si firmasse per esempio Grissino, e non più Grasso, pensate che non me ne accorga se “A fil di rete” l’ha scritto lui o un altro? Soprattutto con un suo articolo sotto gli occhi che ho ritagliato e conservato. E che adesso mi vado a rileggere: “Se fossi un tifoso della Mercedes e della Red Bull non mi stuferei così tanto, ma sono due o tre anni che la Formula 1 è di una noia mortale, uno degli spettacoli più soporiferi che la tv riesce a offrirci. E’ brutto dirlo, ma solo gli incidenti riescono a ravvivare la corsa per poi ripiombare, con la safety car, nella monotonia più esasperante”. Inconfondibile. O mi sbaglio?