Quelli della Rai si stanno dando molto da fare a queste Olimpiadi: se non altro s’impegnano e si vede che negli ultimi tempi hanno anche studiato e si sono preparati un sacco. Insomma promossi col sei. Quasi sette se non ci avessero pensato il veronese Lorenzo Roata nel tiro con l’arco e il pavese Edi Dembinski, o come cavolo si scrive, nella pallacanestro ad abbassare vertiginosamente la media. Fermo restando che i fanatici di Sky e di Giovanni Bruno, o Bruno Giovanni, fa lo stesso, erano e sono di un’altra categoria. A parte Ciccioblack Tranquillo che è un caso umano e per questo eccezionalmente oggi lo lascio in pace. Il capo spedizione della nostra tivù di Stato a Rio de Janeiro è Gabriele Romagnoli, dallo scorso marzo direttore dello sport alla Rai. Bolognese e non romano. E pure timido. Come mi dicono quelli che un po’ lo conoscono. Autore, scrittore, commediografo, ma soprattutto giornalista. E pure bravo. O almeno io l’ho sempre letto con piacere sui migliori quotidiani d’Italia: la Stampa e la Repubblica. Da lui nessuno si aspettava una rivoluzione. Tanto più che per farla avrebbe dovuto come minimo cambiare metà squadra e addirittura dieci undicesimi di quella che è scesa in campo agli ultimi Europei di calcio in Francia ed è stata un’autentica sciagura. E difatti neanche ci ha provato a bruciarsi rivoltando come un calzino la redazione sportiva di viale Mazzini. Dove tra raccomandati e sgrammaticati, faraoni e sultani, figli di e vecchie carampane, fidanzate e ruffiani, sono quasi tutti intoccabili. E, se appena li sfiori o li sposti di scrivania, fanno causa per declassamento psico-professionale e pure la vincono a suon di milioni. I giornalisti della testata sono poi più di cento, almeno dieci i vice direttori e ben quarantasette gli inviati ai Giochi carioca. Dei quali solo sei o sette sono per la verità di valore: Jacopo Volpi, Andrea Fusco, Alessandro Antinelli, Dario Di Gennaro, Francesco Pancani e un paio d’altri. Escludendo ovviamente Franco Bragag-na che ti spiega dalla rava alla fava che è una bella giornata di sole mentre il regista ha già provveduto ad inquadrare il cielo blu senza nuvole di Ipanema e non c’è timore che piova. A meno che l’Eletto, che non sapevo fosse nato a Padova, e questo mi spiega tante cose, non si dilunghi a parlare per quattro ore delle condizioni del tempo dall’Alto Adige alla Manciuria. Però, dai, non arricciamo sempre il naso e abbiamo il coraggio di sussurrarlo anche se magari a denti stretti: stavolta non ci si può davvero lamentare della Rai alle Olimpiadi e del suo direttore. Nessuno urla per nulla come a Sky. La copertura degli eventi è ottima e abbondante. Non c’è retorica a fiumi. Almeno per ora. Visto che Bragag-na è stato sbattuto nel torrente col suo kayak e non becca medaglia. Come sarà per l’atletica leggera. Gabriele Romagnoli li ha insomma messi tutti in riga e senza usare il frustino. E’ tornato in pista persino Laurito che era stato sbattuto dietro la lavagna e che adesso è addirittura la spalla del direttore che fa il punto della giornata degli azzurri a Rio de Janeiro ogni sera nel Tg olimpico di mezzanotte, minuto più minuto meno. Ed è, la sua, una sintesi brillante quanto competente e molto gradevole. Dovrebbe solo il marito di Paola Salluzzi mettersi una T-shirt dalle tinte più vivaci, anche rossa, e così spaccherebbe il video. Come la moglie. E invece è sempre tutto vestito di nero: giacca, jeans, scarpe e canotta. Che sembra un becchino. Mentre questa Olimpiade non è un funerale. Al contrario è gioia, festa, colore, allegria, samba. Alla faccia dei barbagianni di Sky. Che avevano l’esclusiva dell’evento a cinque cerchi e l’hanno (quasi) regalata alla Rai. Pensando che i Giochi non sarebbero valsi la candela. Clamorosamente sbagliandosi. E poi sorrida, direttore. La prego. Qualche volta. Cheese. La vita è bella. Altrimenti mi assomiglia a Marino Bartoletti. Che Silvio Berlusconi chiamava Mortimer. Un santo che si festeggia ogni anno il due di novembre.