Non potevo tutte le sere costringere la Tigre a fare le parole crociate mentre io, spaparanzato sul divano, mi guardavo il basket su Sky ovviamente senza audio. E così per sapere come sono andate a finire le partite dell’Italia con la Repubblica Ceca e della Serbia ieri con la Lituania, l’ho dovuto leggere sui giornali. Gli azzurri senza penare hanno vinto largo: 85-70, ma già erano 74-54 alla fine del terzo quarto. Di modo che se anche non avessero segnato nel quarto periodo neanche un sol punto non sarebbe cambiato nulla. Ma nessuno dei grandi inviati a Lilla, anche questo è scontato, l’ha fatto notare. Nonostante il Mago, il Gallo e compagnia bella avessero giocato neanche ventiquattr’ore prima un match particolarmente tirato che si è pure protratto cinque minuti oltre i quaranta canonici e quindi avrebbero anche potuto essere tutti stanchi morti. Oltre che avviliti e demotivati per l’immeritata sconfitta. Sì, immeritata: sottolineo e insisto. Perché magari non l’avete letto da nessuno parte, e non mi meraviglio che nessuno si sia sognato di scriverlo, ma ce l’hanno messa a bottega gli arbitri. Che erano il solito Perez, spagnolo, più due slavi, cioè un croato e un montenegrino, ai quali gli italiani sono sempre stati sulle palle. Forse anche a ragione. E comunque almeno la schiacciata di Alex Gentile andava punita con un fallo come qualche mano in faccia a Marco Belinelli quando sparacchiava le sue bombe. Il nostro è davvero un bel paese. Fondato sulla moviola nel calcio, anche per capire dal labiale se Balotelli ha mandato a quel paese l’allenatore o la sua mamma, mentre nel basket guarda le cose dall’alto al basso come i lord inglesi che intingono il biscottino nel tè delle cinque in punto e figuriamoci se hanno tempo da perdere per analizzare un fischio taciuto o inventato. Ma andate tutti a ramengo e, se vi chiedono chi vi ha mandati, dite pure che sono stato io. Come ho fatto spesso e volentieri con quei golfisti straricchi che si portano la banana da casa per risparmiare. E la sbucciano e la mordicchiano tra la nona e la decima buca. O cadono magari in acqua per andare a riprendere con il guadino una pallina butterata da mezzo euro finita nel laghetto. Fidatevi, non sto cercando il pelo nell’uovo e non mi sto nemmeno arrampicando sugli specchi, come Sconcertino Sconcerti quando deve difendere il suo amico Mancini dopo l’ennesima sconfitta dell’Inter, ma siccome il famoso Zapelloni Mazzanti Vien dal Mare, magnificamente interpretato da Nietta Zocchi nel Secondo tragico Fantozzi, ha grossolanamente parlato sulla Gazzetta di giovedì, ma me ne sono accorto solo stamane, di totale “fallimento italiano” agli Europei di Berlino e Lilla, non posso neanche far finta di non vedere che il giovanottone ha una trave in un occhio che gli dovrebbe impedire di giudicare uno sport che non segue di persona da quando hanno inventato il tiro da tre punti. E non è stato mi pare Luca Cordero di Montezemolo. Cioè a cavallo della prima e della seconda guerra tra i sanniti e i romani. Al vicedirettore in rosa, conte o marchese che sia, venga dal mare o dalla formula uno, non m’importa, faccio comunque notare che il disastro degli azzurri (all’overtime!) contro i lituani, che domani si giocano il titolo con la Spagna, alla quale l’Italia della presunta vergogna ha rifilato oltre cento punti solo dieci giorni fa, magari è stato anche figlio di qualche fallo non fischiato a Gentile o a Belinelli. Se invece questo discorso gli dà intellettualmente fastidio, gli potrei anche sempre ricordare che il Gallo ferito e sanguinante ad un braccio da un lituano (e non da una spina di rosa) ha dovuto essere sostituito in lunetta dal buon Aradori che ha sbagliato a freddo il secondo dei due tiri liberi a un minuto dal 40esimo. Con un punto in più insomma non saremmo magari andati ai supplementari, ma in semifinale, e adesso lui per primo parlerebbe di trionfo e non di fallimento. Come abitualmente fanno quelli del calcio che con disinvoltura passano dalla polvere all’altare se una palla, dopo aver sbattuto sul palo, torna in campo o finisce in rete. Ma, se permettete, noi della pallacanestro siamo un po’ più intelligenti. Salvo ovviamente qualche eccezione. Lo dice anche Giannino Petrucci. Al quale dovrei pure tirare le orecchie, ma lo farò un’altra volta. Difatti qui metto un punto. Non voglio più essere lungo. Altrimenti stufo. Che già ci riesco abbastanza bene.