Non so se a Urbano Cairo dicono che i suoi sottopancia, che lavorano alla pizzeria da Mamma Rosa sotto casa, mi rubano le notizie e poi non mi offrono neanche una prosciutto e funghi con una pinta di birra. Ma non importa. Non sono un morto di fame come loro e come i club della serie A che hanno accettato d’essere sponsorizzati dall’operatore mobile del gruppo poste italiane per poco più di tremila euro al mese. Coi quali non compri nemmeno i panettoni di Natale. Come avevo scritto una settimana fa e la Gazzetta ha ripreso la notizia qualche giorno dopo. Senza neanche prendersi la briga di fare due o tre operazioni: un milione e mezzo diviso 30 (mesi) e ancora diviso per 16 (società). Uguale 3.125 euro a testa. Meno le provvigioni e le varie (ed eventuali) mance. Cosa ti resta in mano? Quasi niente. Nemmeno le briciole del panettone. Ma per il Bromuro di Canfora (C10H15BrO), che aveva 4 in aritmetica alle elementari e quindi non sa nemmeno fare i conti, va sempre bene tutto. Basta chiudere un occhio, meglio se entrambi, e stare dalla parte dei (pre)potenti. Per esempio del tiranno di Valmontone. Perché ci vuole coraggio ad avere coraggio di dire che “non mi sono dimesso dopo il flop della nazionale perché nessuno me lo ha chiesto”. Veramente glielo aveva chiesto mezza Italia. Quella che Giannino non era riuscito a comprare. Cominciando da tutti e dodici i campioni d’Europa di Nantes 1983. In primis Renato Villalta. Nessuno escluso. Poi Petrucci si è trascinato Ario Costa dalla sua parte. E con il Wimbledon di Pesaro anche Roberto Brunamonti che era senza mestiere. Per cui gli apostoli di un basket che non c’è più sono rimasti in dieci. Però ci vuole più coraggio ancora a ripetere come un pappagallo tutte le baggianate che racconta il presidente federale e non trovare una sola volta l’ardire di ribattergli: “Ma cosa mi fa scrivere? Me ne vergogno”. Tanto che se non mi piacesse troppo la formula bruta (C10H15BrO) alla quale associo il giornalista di Mamma Rosa, sarei molto tentato di chiamare Mario Canfora con il nuovo soprannome di Don Abbondio. Del quale prese le difese persino Alessandro Manzoni sostenendo che “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. Però non si può neanche arrivare al colmo di proteggere Petrucci, in vacanza a Bormio con Alberto Mattioli, il grande raccoglitore di voti lombardo-veneti, quando il primo cittadino di San Felice Circeo afferma che nessuno ha osato sfidarlo nella corsa alla presidenza federale. Per forza: la sua rielezione è stata la più bulgara degli ultimi ventiquattro secoli. Cioè da Dionisio, tiranno di Siracusa, a oggi. Non ancora contento, il Don Abbondio da Avellino si è però anche schierato dalla parte di Mago Zurleni, che è da giugno il dg della Lega, e allora adesso non lo difenderebbe più nemmeno Perry Mason. PosteMobile è infatti un title sponsor che ti può anche andare bene se hai già in bocca la canna del gas e stai per aprire il rubinetto. Così come la SuperCoppa la si può giocare pure all’estero o al Palaeur o nel cortile del maragià basta che non la fai organizzare a Federico Zurleni che non ha ancora ben capito di lavorare non per il calcio o per la Ferrari ma per la povera pallacanestro italiana di serie A con le pezze sul sedere e i suoi bravi a niente di manzoniana memoria. Che domani sera tornano in campo per giocarsi la tredicesima (di campionato). Con la novità di Artiglio Caja sulla panchina di Varese che non poteva avere un esordio più difficile di quello contro la squadra più in forma del momento. Ovvero la Reyer di Ray-Ban De Raffaele con sei vittorie di fila. Nonostante in queste non ci abbia quasi mai potuto mettere il becco Stefano Tonut. Che sarà operato d’ernia e salterà le final eight di Coppa Italia (16-19 febbraio) a Rimini. Il bel mulo di Trieste con gli occhi verdi soffre, poveraccio, di mal di schiena dalla scorsa estate. E non ditemi che non è vero. Andava difatti operato subito e invece si è perso solo un sacco di tempo tra noiose terapie, consulti inutili e viaggi in culo al mondo. Santa pazienza. Come quella di Livio Proli che non si è ancora deciso di sostituire Gelsomino Repesa con Mortimer Cancellieri, ma cacciarlo avrebbe voluto dire ammettere lo spaventoso errore d’aver fatto fuori (senza motivo) Alessandro Gentile e allora un’ultima spiaggia è stata (ri)concessa al Gelsomino croato che, se non ha troppa fretta di tornare al suo paese, non può domani perdere anche a Bologna con una GrissinBon già in crisi nera. Che, oltre a Stefano Gentile, dovrà rinunciare pure ad Amedeo Della Valle. Che sarà opportunamente fermato per un mese e mezzo prima che si rompa del tutto. Auguri. Ma quest’anno più cattivi, mi raccomando. E bravi a niente. Altrimenti non vale e non siete più miei amici.