Per lo scudetto tifo Atalanta anche se lo vincerà l’Inter

pasalic

Avrei voluto martedì, prima del tramonto, andare al cinema Candiani. Dietro casa. Una multisala nella piazzetta come il centro culturale appunto intitolate a Gigi Candiani. Che era un pittore mestrino che dipingeva a olio i paesaggi della terraferma veneziana oltre che quelli della laguna. Addentrandosi sino a Ravenna o nella magnifica Valsanzibio e anche oltre: nell’allegro Vicentino. Tra i magnagati. Se non sulle colline di Prosecco di Luca Zaia. Me lo ricordo molto bene quella pasta d’uomo, bene in carne, dietro al suo bancone del panificio di via Poerio. Dietro il Duomo. Anche se è scomparso quasi sessant’anni fa. Perché, uscendo da scuola a mezzogiorno e mezzo, correvo da lui a prendere il pane e, prima d’arrivare a casa, mi sgranocchiavo almeno uno dei suoi deliziosi cornetti ferraresi che mia madre si raccomandava fossero sempre ben cotti. Come le ciope e i montasù. Per non dire del pan biscotto. Gigi Candiani di mestiere era infatti un eccellente fornaio: il migliore di Mestre-Venezia. E questo in pochi lo sanno. Come il vostro scriba somarello, ai tempi delle scuole medie alla Giulio Cesare, non sapeva che fosse anche molto stimato per i suoi quadri. Al Candiani il martedì un biglietto per il cinema costa solo tre euro. E da qualche giorno danno l’imperdibile “E’ stata la mano di Dio”. Il film di Paolo Sorrentino che ha vinto a settembre il Leone d’argento alla Mostra di Venezia e al quale Emiliano Morreale (Repubblica) ha dato quattro stelle. Giudicandolo cioè bellissimo. Ma martedì a metà pomeriggio c’era pure il Venezia a Bergamo con l’Atalanta su Sky e poi, dopo cena, la Juve a Salerno su Dazn. E quindi non è difficile immaginare quale sia stata alla fine la mia scelta (sbagliata). Del Venezia di Paolo Zanetti vi avevo parlato l’altro giorno e magari non ero piaciuto a tutti. Come capita molto spesso, ma non importa. Scrivo perché i medici e gli amici mi hanno detto che mi fa molto bene alla salute. Che da un paio d’anni è un cincinin cagionevole. E non certo per soddisfare il padrone. Che non ho. O gli ultras dei quali, fosse per me, farei volentieri a meno. Scrivo la prima cosa che mi salta in testa. Sì, certo, anche di Gigi Candiani. Frugando tra i miei ricordi. O dei tiggì che non riesco più a vedere. Soprattutto quando sono seduto a tavola e ogni volta per me è già una battaglia mettere sotto ai denti qualcosa che mi piace avendomi la radioterapia bruciato due anni fa tutte le papille gustative che sono magari anche ricresciute nel frattempo, ma non oltre il 50-60 per cento. In più non me ne frega proprio niente di quel che raccontano Salvini, la Meloni o Renzi e i loro sottopancia. Ma anche Draghi, Letta e Mattarella se devo essere proprio sincero. Mentre credo che Massimo Cacciari, sostenendo i No Green Pass, sia partito per la tangente e non lo recupereremo mai più. Anche se in fin dei conti ha 77 anni, otto meno del Pregiudicato d’Arcore e non so, tra i due, chi sia più fuori: il filosofo che parla di vaccini come non avesse fatto altro nella vita o il Berlusconi che ambisce a diventare presidente della Repubblica? Poveri noi. Lo so, ho già abbondantemente varcato la soglia delle quaranta righe oltre la quale non volevo andare se voglio mantenere la promessa fatta ai miei aficionados di scrivere lo Scacciapensieri quasi tutti i giorni o almeno cinque volte la settimana. Ma dal momento che nemmeno ieri mi sono seduto alla tastiera che oltre tutto dovrò cambiare perché si divora spesso e volentieri le emme e le erre, nonché gli apostrofi, come io una volta m’abbuffavo di carne alla brace di cui adesso mi dà fastidio solo l’odore, e il ricambio mi costerà la bellezza di 520 euro, ho deciso seduta stante che raddoppierò le righe di questo Ieri, oggi e domani. Or dunque lo confesso: martedì prima di cena avrei fatto meglio ad andare al Candiani perché Atalanta-Venezia era iniziata da meno di un quarto d’ora e già Mario Pasalic (nella foto) aveva segnato due dei suoi tre gol al povero Sergio Romero (nella stessa foto) e non sarebbe stato difficile immaginare come sarebbe andata a finire la sfida visto che di tutta la serie A la squadra che mi rifiuto di chiamare Unione è quella che ha tirato meno in porta e segnato in 15 partite appena 12 reti, una sola in più del peggior attacco del campionato che è quello della Salernitana con Ribery infortunato. In più Okereke non era nemmeno in panchina e Aramu è entrato sullo 0-3. E qui Zanetti mi dovrebbe spiegare il motivo per il quale ha rinunciato dall’inizio al Dybala de noialtri. Ieri invece sono andato a vedere E’ stata la mano di Dio, di cui magari ve ne parlerò più a lungo un’altra volta, e non me ne sono pentito. Anzi. Anche se Diego Armando Maradona, luce dei miei occhi, nel film da 8 abbondante in pagella è usato da Sorrentino, diciamoci la verità, come uno specchietto per le allodole. Stasera andrò invece a vedere Ferzaneide (di e con Ferzan Ozpetek) al teatro Toniolo che è ancora più vicino del Candiani a casa mia. Dove sono nato e morirò il più tardi possibile. Alla faccia della Banda Osiris. Mentre domenica pomeriggio, sperando che non faccia di nuovo un freddo cane e non piova, sarò a Sant’Elena per il difficile derby con il Verona. E poi di corsa volerò a Treviso per il duello tra i miei allenatori d’ oggi (sul parquet) preferiti: Max Chef Menetti e Artiglio Caja. E che vinca il migliore. Come vedete ho una vita parecchio intensa e libera come il sole. Augurandomi alla fin fine che lo scudetto lo vinca l’Atalanta che in fin dei conti ha tre punti meno dell’Inter, che resta comunque la mia favorita per il bis tricolore, e nel ritorno affronterà la Beneamata a Bergamo. Nonostante Giampi Gasperini sia quasi più antipatico e presuntuoso di Walter Ego Mazzarri. Mentre ribadisco che il Venezia, al di là dei fanatici sostenitori neroverdi (con una strisciolina d’arancione mestrino sui fianchi), farà molta ma molta fatica purtroppo ad evitare la retrocessione se il presidente Niederauer non farà un ulteriore sforzo economico e comprerà a gennaio una punta che non sia di mezza vigogna. Un Arnautovic, sei gol nel Bologna e 32 con la nazionale austriaca, tanto per intenderci. E poi la Serenissima Repubblica, mi creda, gli intitolerà una calle o un campiello. Come minimo.