Milano non ha rubato nulla, ma Siena non doveva vincere

Se l’è cercata e allora vi domando: “Cosa ci fa un pidocchio sulla crapa pelata di Flavio Portaluppi?”. Il senzatetto. E’ vecchia? Può darsi, ma a me l’ha raccontata solo ieri notte un amico, uno dei cinque o sei che mi sono ancora rimasti, e mi è sembrata simpatica. Spero ci rida sopra pure il Lupo, ma sarà molto difficile. Anche se le scarpette rosse sono tornate a vincere lo scudetto dopo diciotto interminabili anni e l’omonimo book tricolore di Werther Pedrazzi è andato a ruba in poche ore nelle edicole di Milano. Da quando infatti Portaluppi due anni fa è diventato general manager dell’EA7, vuoi perché non aveva mai indovinato un acquisto prima di Hackett, vuoi perché è contestato persino dai suoi ultras (col daspo), nessuno l’ha più visto abbozzare mezzo sorrisetto neanche di nascosto. E nemmeno se con una piuma gli fai il solletico sulla pancia che ha più pelosa invero di quella di Lucio Dalla o di un gorilla. E comunque dovrei io essere il primo a star zitto: anch’io sto perdendo i capelli e mi è venuta la fobia della palla di biliardo. Ovvero della piazza nel centro della testa. Come Yoghi Banchi e i frati cappuccini del monastero che tutti i santi giorni li sento pregare Dio che non svuoti il sacco. Mentre l’amico sincero che mi è venuto a trovare si è seduto accanto a me sulla sponda del fiume che costeggia la grande muraglia del basket e insieme, nell’attesa, abbiamo acceso un fuoco e cantato le canzoni di Rino Gaetano, maestro d’ironia e di vita. Dedicandole a chi è senza memoria, chi ha fatto la spia e chi legge la mano, chi ha rotto con tutti e chi fuma un toscano, chi è morto d’invidia o di gelosia, chi ha fatto l’indiano e ama la zia. E intanto Berta filava con Mario e con Gino e nasceva un bambino che non era di Mario e non era di Gino. E nun ve reggae più. Però Portaluppi poteva anche risparmiarselo di raccontare a Radio24 che Milano non aveva rubato nulla nonostante quello che hanno riportato alcuni siti o che ha detto Marco Crespi nello spogliatoio dopo l’ultima partita di finale: “They steal our trophy”. Ora mi spiace ma non so l’inglese come Tranquillo e comunque pensavo che Paperoga fosse un amico del Lupo. E a un amico si perdona tutto. Soprattutto nei momenti del dolore e del lutto. Se invece ce l’avevi con me, caro il mio Lupo, non hai capito neanche tu un tubo, ma per l’ultima volta lo rispiego affinchè anche chi non ha orecchie per intendere se lo metta almeno in testa. Non ce l’ho con Milano. Anzi. E non rosico per il suo scudetto. Meglio l’Olimpia che qualsiasi altro club del Belpaese. Lo giuro. Ce l’ho invece con tutto il sistema e con quell’arbitraggio chirurgico e istruito affinché lo scudetto non lo rivincesse Siena. Cioè la squadra che poi sarebbe fallita come purtroppo è accaduto. E questo, per Giannino e i suoi buffoni di corte, sarebbe stato davvero insopportabile. Brindo allora al Drago che ha vinto al mattino la provaccia e alla sera il Palio del 2 luglio. Non è il Drago la mia contrada beneamata. Ho in simpatia semmai Nonna Lupa che veste il suo fantino coi miei colori, il bianco e il nero degli juventini listato dell’arancione dei mestrini, e non vince in Piazza del Campo da cinque lustri. Però da quando ho saputo che il Drago come la Selva non hanno una contrada rivale, ma combattono contro tutte le altre sedici nemiche, cosa volete che vi dica? Molto mi assomiglia e per questo assai di più ora mi aggrada.

Foto di Carlo Massarini