Dove eravamo rimasti? A lunedì 9 marzo: “Fermi tutti”, titolarono Repubblica e il Corriere. Nel posticipo della 26esima giornata a Reggio Emilia il Sassuolo si era sbarazzato 3-0 del Brescia di Mario Balotelli, sostituito da Alfredo Donnarumma dopo il terzo gol del marsigliese Jèrèmie Boga. Francesco Caputo segnò una doppietta e la festeggiò con un cartello poi diventato famoso: “Andrà tutto bene, restate a casa”. Per la verità non è andato proprio tutto bene se negli ultimi cento giorni i decessi in Italia sono stati più di 34 mila. Numeri da paura che ovviamente si è inventato il Conte Giuseppe, come sostengono i camerati della Meloni e di Salvini, per imporre al popolo i suoi assurdi decreti. Gli stessi imbecilli che dicono che l’olocausto fu una fantasia di milioni e milioni d’ebrei sterminati nei campi di concentramento. Gli stessi fanatici che, radunati in piazza, ottant’anni fa, il 10 giugno 1940, coprirono con una standing ovation il nonno di Alessandra Mussolini che dal balcone di Palazzo Venezia annunciò agli italiani: “Un’ora segnata dal destino è scoccata: la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia”. Adesso non so se sia da fanatici o da stupidi tornare a giocare tra un’oretta a pallone. Nello stadio vuoto dell’Allianz Stadium. Ma non l’ha voluto di sicuro Andrea Agnelli. Come è matematico che l’accuseranno gli idioti bauscioni qualora il Milan dovesse stasera essere eliminato dalla Coppa Italia. Ma semmai quel furbino di Claudio Lotito che, se dico che è un mitomane, sportivamente e satiricamente parlando, spero che non mi faccia recapitare l’atto di citazione in tribunale come ha fatto negli ultimi sei mesi per la sedicesima volta l’Innominabile, al secolo Matteo Renzi, con il Fatto Quotidiano. Con la q e non con la c, mi raccomando, caro il nostro Daniele Capezzone che ve lo eravate forse dimenticato e magari vi sareste aspettati di vederlo apparire come concorrente di Paolo Ruffini al reality su Italia 1 “La Pupa e il secchione”. E invece “l’ex radicale, figlio di Pannella, europeista, liberista, ma pure un po’ socialista zapateriano, poi berlusconiano ortodosso, infine eretico, in fuga da Forza Italia e accolto da Raffaele Fitto – come ci ha raccontato oggi Tommaso Rodano – è diventato una delle firme di punta de La Verità (di quel simpaticone di Maurizio Belpietro, ndr), il quotidiano corsaro che ha cavalcato con talento gli spiriti animali dell’ascesa salviniana”. Ora mi incolperete, l’ho già sentita, d’essere un fedele sostenitore del giornale di Marco Travaglio oltre tutto buon juventino (moderato). E allora? Non ci trovo assolutamente niente di sconcertante. O dovrei forse leggere la Verità che è comprato da quattro gatti neri, imbecilli, fanatici e pure mitomani? O l’inserto della pallavolo sulla Gazzetta? O le avventure di Paperino in casa di Mamma Rosa e Papà Urbano? O la Mossa del cavallo, l’ultimo libro del Lupetto di Rignano di cui ne dice bene solo Massimo Giletti che, come sostiene lo scanzonato Marco Travaglino, “ha il pregio di non avere mai nelle sue presunte interviste la più pallida idea di ciò di cui sta parlando”. Ecco, torniamo al pallone. Che sarà meglio. Avendo altresì già deciso d’indossare stasera la mascherina della Juventus (nella foto) e non quella rossa con la falce e il martello che mi hanno regalato i cari amici gobbi di Venezia scommettendo che non avrei mai avuto il coraggio d’indossarla e quindi sbagliandosi di grosso. Mi sono infatti anche fatto disegnare la mascherina con l’immagine di Che Guevara sulla guancia ovviamente sinistra e la scritta “NO ZAIA” sulla destra che esibirò, Vanesio come sono, sempre su questo blog la prima volta nella quale avrò l’occasione. Eravamo rimasti quasi cento giorni fa a Sassuolo-Brescia, ma soprattutto al derby d’Italia che il Conte Antonio, ora molto meno sulla cresta dell’onda del Conte Giuseppe, sbattendosene del carogna-virus, aveva voluto giocare a tutti i costi la sera prima per approfittare del fatto che si sarebbe giocato in una cattedrale nel deserto. “Buongiorno tristezza”: ha scritto oggi Paolo Ziliani. Per lui magari che è rossonero e detesta la Signora addirittura più della Beneamata che nell’83 – peccato se lo sia dimenticato – lo trattò come un sacco di patate nello spogliatoio di Cesena. In effetti, dopo aver visto il ritorno della BundesLiga, nemmeno a me piace questo calcio sulle uova e nell’ovatta, ma è pure vero non mi sono mai perso una partita della Juve dalla prima diretta che Telepiù (poi Sky) ha mandato in onda nello scorso millennio e non vedo perché non dovrei seguire tra mezzora il ritorno di semifinale con il Milan che anche l’amico Paolo si gusterà dalla sua nuova residenza in Portogallo sperando nel ribaltamento del pronostico. E comunque la Juve ha tutto da rimetterci da questa ripresa delle ostilità essendo sfavorita in tutte e tre le competizioni nelle quali è ancora in corsa. Mi sbaglierò infatti, e me lo auguro, però per la Coppa Italia ha maggiori possibilità di successo il Napoli di Ringhio Gattuso, per lo scudetto la Lazio di Simone bugiardello Inzaghi e per la Champions nelle final eight di Lisbona senz’altro il Bayern di Monaco che, allenato non so da chi, mi pare da Hans-Dieter (Hansi) Flick, è in una forma strepitosa. Semmai è l’Inter che può puntare al triplete. O mi sbaglio? E’ probabile. La sto soltanto gufando. Non posso del resto dimenticare, perché ho la memoria di un elefante, che prima di sculacciare i nerazzurri con Ramsey e una genialità di Dybala, la squadra del Benzinaio aveva perso con Napoli, Verona e Lione, se l’era cavata per il rotto della cuffia con le ultime in classifica, Brescia e Spal, e aveva rimediato un immeritato 1-1 nel match d’andata di Coppa Italia a San Siro con un discusso (come sempre) rigore trasformato da Cristiano Ronaldo un minuto dopo il 90esimo. E difatti Marx Sarri rischiava sul serio la riconferma pur avendo altri due anni di contratto. Non so se mi sono spiegato.