Senza il Gallo magari sarà più facile vincere una medaglia

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Per essere bastardo sino al midollo vi voglio subito far presente che anche l’Italia di Simone Pianigiani, più scandalosa della famosa e bella Gilda (Monica Guerritore), riuscì a sculacciare Israele non un lustro fa, ma negli ultimi Europei prima di questi. Quelli di Lille. Negli ottavi di finale. Vincendo non di uno e neanche di ventun punti, come ieri sera a Tel Aviv, ma addirittura di trenta: 82-52. Era il 13 settembre 2015: lo ricordo benissimo perché proprio quel giorno Napoleone Brugnaro, sindaco di Venezia da un paio di mesi, festeggiò il suo 54esimo complessivo con gli amici e i fuochi d’artificio, Alessandro Gentile stabilì il suo record di punti in azzurro, ben 27, il Mago Bargnani si fece male dopo pochi minuti, guarda caso, Gigi Datome era fuori gioco, il Gallo Danilo segnò appena tre canestri su dieci tentativi e meglio di lui fece Ricciolino Della Valle (8) che chissà perché non piace a Ettore Messina come a me il cacio con le pere. A distanza di quarantott’ore poi la nostra nazionale perse l’accesso alle medaglie (e all’Olimpiade di Rio) dopo un tempo supplementare con la Lituania e qui iniziarono i moti carbonari contro Simone Pianigiani, capeggiati da quelli di Sky e sostenuti da tutti i giornali di regime, che costarono la testa al mio amato cittì che, come scrisse il caro Umberto Zapelloni Vien dal Mare, era stato l’artefice e unico colpevole di quel disastroso sesto posto finale nel paese di Robespierre e della ghigliottina. Per la verità anche il mio compaesano esordì in panchina agli Europei del 1993 a Karlsruhe con una vittoria (92-83) sugli israeliani, ma poi perse tutte le altre partite con la Lettonia, la Grecia, la Spagna e la Russia e i fricchettoni, come chiamavo allora i suoi azzurri, non andarono nemmeno a Monaco di Baviera. Però nessuno osò storcere un capello a Messina che quattro anni dopo, sempre per amore della verità, conquistò l’argento a Barcellona prima di mandare Giannino Petrucci a quel paese e tornare alla Virtus di Bologna. Detto tutto questo, e non tanto per farmi sentire un vecchio ancora più bacucco di quanto già sono, nessuno vuol togliere niente al valore del magnifico, e per molti versi pure sorprendente, 69-48 rifilato allo stesso Israele di Lille. Che se però era modestissimo due anni fa, come a più riprese vollero ribadire a quel tempo i signori Tranquillo e Pessina, a maggior ragione lo è stato ieri sera nella sua arena. Dove solo Dawson ha infilato per sbaglio una tripla e assieme a tutti gli altri compagni di nazionale è stato ridicolo nel tiro al bersaglio grosso (1/14). Come del resto l’audience televisivo ottenuto da Sky nonostante tutto il battage pubblicitario che ha preceduto e strombazzato l’evento e le ingenti forze impiegate dalla tivù di Murdoch nell’occasione: appena 180 mila spettatori nel primo tempo e poco più di 200 mila nella ripresa. Contro i tre milioni e duecento mila italiani che la pallavolo, in diretta alla medesima ora, ha tenuto disperatamente incollati davanti a Rai Uno nonostante tutti avessero capito sin dal bel principio che per la nazionale di Gianlorenzo Blengini non ci sarebbe stata trippa per gatti con un Belgio che in un sol boccone si è infatti divorato Giannelli e compagnia cantante. Ve l’avevo anticipato: di volley non ne capisco (quasi) un tubo. Anche se ero con l’Italia a Rio de Janeiro nel 1990 e quattro anni dopo ad Atene quando l’Italia dell’immenso Julio Velasco vinse un oro mondiale dietro l’altro. Mentre di pallacanestro ne mastico un cicinin di più e quindi già azzardo chiedermi grattandomi i capelli sempre più spenti: non sarà che questa nazionale senza il Gallo tra i piedi, e tutta la sua corte dei miracoli che gli lecca la cresta, si è compattata intorno al leader naturale, Gigi Datome, che agli Europei di Lille praticamente non c’era, e all’entusiasmante Marco Belinelli che prima di ieri non avevo mai visto così vispo, lucido e determinato anche in difesa? Negli ottavi comunque intanto ci siamo e andremo a Istanbul. Dalla quale potremmo magari anche tornare con una medaglia. Lo volesse il cielo. Ed Ettore coi suoi seguaci comincino pure a toccare ferro. Ormai l’ho sparata grossa e non mi tiro di certo indietro. Se invece preferite schiacciare il piede sul freno e iniziare a mettere le mani avanti, fatelo pure. Io ho nelle orecchie le dichiarazioni a caldo di Messina: “Abbiamo giocato con una personalità favolosa”. E ho cominciato già a sognare. Senza Gallinari. Per il trionfo delle mie convinzioni. Alle quali vi ha sempre divertito riderci sopra.