Il Ponte della Libertà non è stato fatto saltare in aria…

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Avevo già deciso che domani, dopo una vita, avrei ripreso a scrivere: il 3 è un numero che non mi dispiace e il martedì, in fondo, è il giorno della settimana meno impegnativo soprattutto quando al lunedì mi perdo dietro le registrazioni delle partite della domenica. E invece ho precipitevolissimevolmente cambiato idea. Posso? Spero ancora proprio di sì. Anche perché per quasi due mesi, tra una cosa e l’altra, un’ulcera e una trombosi, tanto per non farmi mancare niente, non ho rotto le scatole a nessuno. L’affezionata Tigre a parte. Ho così anticipato di ventiquattr’ore il mio rientro sulla scena e il mio ritorno al blog di satira con uno Scacciapensieri sul referendum che ieri ha proposto di dividere Venezia da Mestre o, se preferite, Mestre da Venezia, in modo da non irretire nessun permaloso fradeo (fratello) di acqua o di terra. 206.553 veneziani erano stati infatti chiamati alle urne. Dalle 7 alle 23. Ebbene di questi, e non c’era neanche l’aqua granda (acqua alta), solo 45mila, pari al 21,73 per cento, hanno fatto domenica il loro dovere di cittadini della Serenissima Repubblica, nonché della Repubblica italiana. Ossia quello di recarsi alle urne e di depositare in esse la scheda. Ha stravinto il alla separazione che ha ottenuto il 66,11% dei consensi, ma nessuno può oggi gridar vittoria come in un partita di pallone. Anche perché non è stato e non doveva essere un confronto politico come invece è stato fatto passare dai fucsia. Che sono a Venezia-Mestre più Marghera il partito di Napoleone Brugnaro che regna sovrano assieme ai leghisti e ha invitato i veneziani a “stare tutti a casa”. Non è stato infatti raggiunto, e manco sfiorato, il quorum del 50 per cento necessario affinché la consultazione potesse essere ritenuta valida. E comunque sarò anche un “cretinetti”, come Franca Valeri chiamava Alberto Sordi nel film di Dino Risi, Il vedovo, o come il filosofo dei miei stivali, Massimo Cacciari, ha definito la settimana scorsa “mentecatti” quelli che vorrebbero spaccare la città in due e si recheranno a votare, ma ieri mattina, sotto mezzogiorno, zitto zitto e buono buono, sfidando il pericolo d’essere visto dai miei concittadini e magari dileggiato dagli squadristi e dal grande Renato Brunetta, sotto braccio al mio caro nipote Enrico, perché non sto ancora (quasi) in piedi, sono andato lo stesso a votare all’istituto tecnico Pacinotti. Sezione 155. E, già che ci sono, vi dico anche sopra quale dei due francobolli della scheda ho fatto una crocetta. Non è difficile indovinarlo: ovviamente sul . L’aula era vuota, cupa e fredda. Il giovane scrutatore non aveva nemmeno riempito una facciata di foglio protocollo con la prima lista dei votanti. Nessuna coda, una miseria nera, uno squallore unico, ma anche una vergogna per chi ha proposto di disertare le urne e adesso si vanta d’aver vinto le elezioni assieme al Gazzettino di Roberto Papetti che oggi ha esultato: “Referendum flop: Venezia resta con Mestre”. Del resto il direttore del Gazzettino è sempre lo stesso da dieci anni e sono dieci anni che sistematicamente il Gazzettino perde copie ogni mese. Così come a San Marco nessuno può vedere Napoleone e sotto la torre mestrina dell’orologio è meglio che l’ex sindaco Cacciari giri sempre alla larga. E comunque, se c’è stato un partito che è uscito sconfitto dalle urne, questo è stato quello degli unionisti. Il No sosteneva infatti nella sua campagna politicamente e scandalosamente terroristica che Mestre, in caso d’affermazione del Sì, si sarebbe indebitata sino al collo e avrebbe persino dovuto ridurre il numero delle corse degli autobus e dei tram. Come no? E magari avrebbe fatto saltare in aria con la dinamite il Ponte della Libertà (nella foto) per separare una volta per tutte la dolce campagna dalla tirannia di Venezia che sarebbe rimasta così isolata dal resto del mondo e raggiungibile solo a nuoto o a bordo di gommoni albanesi di seconda mano. A domani. Più no che sì. Ma senz’altro arrivederci a mercoledì. Quando sfornerò un paio di scoop di basket che vi faranno drizzare i capelli o vi spiegherò perché sono sempre più convinto che Cristiano Ronaldo, 35 anni tra due mesi, sia il più grande bidone che la Juve ha preso in questo secolo.