Il Pascolo torna a Trento e Filloy a Milano con Burns

mucche

Non mi siedo in cattedra perché non ho niente da insegnare a nessuno. Però qualcuno prima o poi i puntini sulle i li dovrà pur mettere. Altrimenti sarà il caos più totale. E allora ci provo. Partendo dall’abc e parlando come mangio. Nella nostra pallacanestro c’è soprattutto una grande confusione dei ruoli. Ovvero il padrone spesso e volentieri vorrebbe fare l’allenatore. E a sua volta all’allenatore piacerebbe costruirsi la squadra dei suoi sogni con i soldi del padrone. E invece il padrone deve soltanto cacciare i quattrini e guardarsi dal non spenderne troppi. E l’allenatore deve solo allenare e magari migliorare la qualità dei suoi giocatori. C’è poi il presidente o il general manager che amministra il budget che ha a disposizione e va al mercato per vendere o per comprare. Perché è pacifico che ne deve sapere di queste cose molto più del padrone e dell’allenatore. Mentre il giocatore deve solamente pensare a giocare e a rendere almeno per quel che è pagato. Così come il tifoso deve fare il tifo per la sua squadra del cuore e, se non gli vanno a genio il padrone o l’allenatore, quel presidente o quel giocatore, può benissimo starsene a casa e vedere la partita davanti alla televisione. Ecco, una volta definiti i ruoli, saremmo già a buon punto. Difatti qual è la mia società modello? Quella, guarda caso, che è campione d’Italia. Dove il padrone del vapore è Luigi Brugnaro; il presidente con il portafoglio gonfio è Federico Casarin che fa e disfa e, se sbaglia, paga; l’allenatore è Walter De Raffaele specializzato nel valorizzare i playmaker (Filloy ieri, De Nicolao oggi) e i giocatori hanno un rendimento a Venezia senz’altro superiore che altrove dal momento che prendono regolarmente lo stipendio a fine mese e sanno che, se sgarrano o tirano a campare, quella è la porta e se ne possono pure andare. Soprattutto non c’è confusione nei ruoli. Anche se mi pare ovvio che i confini non sono segnati dai reticolati, il Pesciolino tricolore si confronta spesso con Ray-Ban che, a sua volta, ascolta i suoi collaboratori e vi dico la verità: neanche a Pesaro avevo visto Austin Daye così entusiasta e nemmeno a Sassari l’ultimo arrivato, Edgar Sosa, così motivato. Quanto a Napoleone non è che tra me e lui scorra buon sangue, ma ultimamente devo riconoscere che è molto migliorato. Vuoi perché è impegnatissimo a fare il sindaco di Venezia e non ha più tempo da perdere a girare negli spogliatoi della Reyer. Vuoi perché forse ha trovato il buon precettore, che gli avevo consigliato, per avere belle maniere anche con gli arbitri. E la stessa cosa potrei dire di Reggio Emilia con il collaudato asse portante LandiDalla SaldaFrosiniMenetti che si affida sul parquet a Manuchar Markoishvili più ancora che a Amedeo Della Valle. Che tutti giurano vada a giocare il prossimo anno nell’Armani, ma non ci voglio credere e comunque glielo sconsiglio. Meglio la Virtus, se proprio Ricciolino vuole cambiar aria, ma tra meno di un’ora i miei grissini scendono in campo contro l’imbattuto Lokomotiv e non li voglio distrarre con questi discorsi da due soldi. A Milano e più ancora a Bologna c’è invece un sacco di confusione nei ruoli, ma qui il discorso sarebbe troppo lungo e difatti lo affronterò magari domani. Intanto mi tuffo a pesce sul mercato perché ne ho sentite di cotte e di crude. E so che l’argomento tira assai tra i miei aficionandos. Di Abass che vorrebbe andare al Bayern di Monaco vi ho già raccontato mesi fa: Sasha Djordjevic lo attende a braccia aperte, ma prima deve svincolarsi dall’Armani e non mi risulta che Livio Proli lo voglia lasciar andar via a cuor leggero. Però si è già guardato intorno e una proposta indecente ha già fatto a Ariel Filloy che tornerebbe a indossare le scarpette rosse dopo ben sei anni. Così come non è un mistero che pure Dada Pascolo non ne possa più di stare all’Olimpia. Ieri sera Simone Pianigiani l’ha poi lasciato fuori dai dodici che le hanno buscate a Desio dal demotivato Valencia. Di modo che adesso le sconfitte in casa della AX sono salite a nove che anche a me in quattordici partite mi sembrano davvero troppe. In più Proli ha allungato le mani su Christian Burns, l’italo-americano di Cantù, e allora il nostro Dadaunpa ha telefonato a Salvatore Trainotti e l’ha supplicato a mani giunte: “Riportami a Trento, ti prego: costi quel che costi”. E sarà accontentato da uno dei migliori giemme che abbiamo la fortuna d’avere nel Bel Paese e che vedrei bene proprio a Milano anche se lui dice che non ne sa niente. Come Nicola Alberani alla Virtus. Che, sentite me, si può invece fare.