I grissini di Reggio Emilia e i fighetti di Capo d’Orlando

kazan

Ogni premessa è debito. Non si dice forse così? E comunque non mi ricordo più se ve l’ho già detto, ma il diciassette, e mi tocco, di ogni mese preferisco non scrivere. Ciò premesso, e pagato il debito, vi confesso che ieri sono stato a pranzo prima del ponte sull’Isonzo con il Boscia. Che penso di poter dire che è un mio caro vecchio amico. Con noi c’era anche il Paron. E quindi non avrei potuto star meglio. Mentre un altro amico mi suggerisce di cambiare il soprannome a Recalcati adesso che è andato alla Fiat di Torino. Fiat voluntas tua: non più Re Carlo, ma San Carlo. Già piazza d’armi e del mercato, progettata dall’architetto regio Carlo di Castellamonte a metà del seicento. Con El caval d’brons al centro. Da quando ho Eurosport Player, l’affare del secolo, sono cambiate le mie abitudini di vita e difatti le partite di basket, di campionato o di coppa, non me le guardo più in diretta, ma non appena ho tempo e voglia. Anche il giorno dopo. E così farò oggi pomeriggio. Difatti non ho ancora la più pallida idea di cosa abbia fatto ieri la Fiat in EuroCup con il Lietuvos di Vilnius nel debutto di San Carlo sulla panchina sabauda. In verità sarà venuto anche a voi da sorridere pensando all’esordio di Recalcati e non perché è del 1945, undici settembre, sono 48 anni che è sposato con la mitica Giovanna e non so nemmeno quanti nipoti già abbia, ma perché in carriera ha allenato più volte a Bergamo, Cantù e Varese, oltre che a Bologna, Siena, Montegranaro e Venezia, vincendo tre scudetti in tre contrade diverse: Roosters, Fortitudo e Montepaschi. Come Valerio Bianchini. Che ora teme che il loro record sia battuto proprio dal milanese di via Giusti. Oggi Chinatown. Tranquillo grande Vate, va bene tutto, ma che Torino diventi campione d’Italia con Recalcati in questa o nella prossima stagione mi sembra un cincinin esagerato. Intanto i Do Forni devono darsi una bella regolata. Visto che alla Fiat non è proprio andato giù il burrascoso distacco da Luca Banchi. E, a dirla per intero, nemmeno quello da Frank Vitucci. Che non ha il caratterino ribelle del maremmano. E poi, prima di Torino, penso ci siano sempre Milano, Venezia e Avellino. Con Giorgio Armani, Napoleone Brugnaro e l’ambizioso Gianandrea De Cesare alle spalle. E aggiungiamoci anche la Virtus. Visto che il re del Caffè Segafredo ha promesso lo scudetto entro il 2021. Quando anche a Cortina dovrebbero fare i Mondiali della neve e non hanno ancora fatto un tubo. Ogni promessa è debito. Ecco come si dice. E’ vero, ma di correggere l’incipit di questo pezzo proprio non mi sogno. E allora avanti. Di Tanjevic vi racconto un’altra volta. Anche perché devo rivederlo la settimana prossima varcando l’Isonzo. E’ in una forma luccicante e un uragano d’idee così brillanti che mi hanno fatto pensare ancora dopo il tramonto del sole e l’ultimo mezzo sigaro: questo ha ancora una marcia più di tutti. E difatti anche in Italia dovrebbero chiamarlo il Professore. Come fanno Zelimir Obradovic e Dusan Ivkovic. Non so se mi spiego. Cominciando da MaraMeo Sacchetti. Al quale proporrà d’allenare ad agosto la nazionale sperimentale che chissà per quale ragione Ettore Messina aveva smantellato e che invece Giannino Petrucci mi ha detto che vorrebbe ripristinare. Dal momento che pure a lui sembra che un mese e mezzo di vacanza d’estate possa bastare e avanzare ai nostri giovanotti azzurri per quanto stressati possano essere – prendo due nomi a caso – Fontecchio e Gentile dalle fatiche del nostro tremendo campionato. L’alternativa ad allenare la Sperimentale sarebbe Enzino Esposito. Come vi avevo del resto confidato non troppo tempo fa. E non mi ero sbagliato. Così come vi avevo detto che non avevo visto male i grissini di Reggio Emilia sabato sera al piccolo Madison di piazza Azzarita. Ed infatti per vincere a Kazan bisognava essere davvero tosti o, se preferite, ben tostati. E lo sono stati. Evviva, finalmente una gioia a fronte delle legnate che si sono beccati in Champions il Banco di Sardara, subito spedito in ritiro punitivo, e Capo d’Orlando che lo stesso diesse, Peppe Sindoni, figlio del patron Enzo, ha definito una squadra di fighetti. E lui sì che se ne intende. Altrimenti non sarebbe stato eletto miglior dirigente della serie A nel 2016-17. Dalla Russia con amore tra James White e Julian Wright non so chi dei due mi abbia più entusiasmato. Forse Markoishvili se non avesse perso quella palla da Vispa Teresa che stava per costare l’ennesima sconfitta della Grissin Bon sul filo del traguardo. Ma soprattutto mi è piaciuto Amedeo Della Valle per la reazione che ha avuto dopo lo shampoo che gli ha dato Max Chef Menetti durante il time-out di metà terzo quarto. Sino a quel momento Ricciolino aveva fatto spavento e marcato nemmeno un punto. Poi, e cioè da lì in avanti, ha messo la testa a posto ed è stato semplicemente perfetto. Superando l’ennesimo esame di maturità che Messina per due volte non gli aveva lasciato sostenere. Mi spiace, ma non dimentico.