C’è troppa gente per strada. Io non esco (quasi) mai. Se non quando devo fare un salto all’ospedale per qualche controllo e ne farei molto volentieri a meno. Me lo dice la Tigre. Che ogni tanto va fuori a fare la spesa e mi compra la carne per il brodo: l’unica cosa da otto mesi che bevo volentieri oltre all’acqua del sindaco. Ma ho le finestre della camera spalancate sul quartiere e sento, mentre scrivo, che è finita la pace. Sento soprattutto tante voci di ragazzi che non vanno in fabbrica, e neanche in ufficio, non studiano e piuttosto stanno tutto il giorno attaccati al telefonino, che ridono e scherzano a branchi. Sono giovani: se non si divertono a vent’anni? Giusto, però nessuno nemmeno vieta a loro che possano anche andare a lavorare. Che ne dite? D’accordo, ma dove? Ci sono tante fragole da raccogliere sui campi. O anche l’insalata, le carote, le patate, i cavoli. Sotto le foglie dei quali nascono i bambini. Quelli che nemmeno i comunisti si sognano di toccare e di mangiare. E poi arriveranno le ciliegie, belle grosse, rosse e mature. E le albicocche, le pesche, mele e pere. E a settembre l’uva. Così Napoleone Brugnaro sarà contento: nessuno a Venezia e a Mestre e nelle sue campagne morirà di fame. Poi ad ottobre avremo un’altra ondata di carogna-virus. Chi l’ha detto? Andrea Crisanti, il vero Salvatore dei veneti, poche storie. Ma Luca Zaia con la stella di latta subito ci rassicura: stavolta saremo preparati ad affrontarlo. Abbiamo gli scudi e le spade di cartone, le mascherine e i tamponi. E i letti in terapia intensiva? “Ci arrangeremo con i sacchi a pelo”. Sperando che nel frattempo il professor Crisanti, che non è più ascoltato dal vanitoso governatore delle vigne del Prosecco di Conegliano, bagnate al mattino dalla rugiada e annaffiate al tramonto dai pesticidi, non l’abbia già mandato in mona e non sia tornato a Londra. Dove lavora la moglie, pure lei medico, e il figlio studia fisica a Cambridge. Non ci sono braccianti sui campi: è il grido d’allarme di Colfagricoltura e Coldiretti. E tonnellate e tonnellate di frutta estiva marciranno sugli alberi o, meglio, ai loro piedi. Il ministro Teresa Bellanova, una donna che sa il fatto suo, pur se renziana, ma avrà modo presto come me – spero – di ravvedersi, ha proposto la regolarizzazione dei migranti irregolari in Italia ed è stata subito zittita da Vito Crimi che nessuno dei nostri baldi giovanotti, che hanno ripreso a radunarsi in piazza per il rito dello spritz prima di cena, sa poi bene chi sia. Li aiuto io: è il sottosegretario al ministero dell’Interno e capo politico dei Cinque stelle. Ah, però. Penultimo in verità nella lista di gradimento dei leader di partito davanti solo a Grillo che è sparito dalla faccia della terra, ma dietro persino a Salvini, Zingaretti, Berlusconi e passi, ma anche a Calenda e Renzi. Il che è il massimo del minimo storico. E comunque lo ha spiegato meglio ancora ieri Luca Bottura su Repubblica riferito a lui: “Nessuna bacchetta magica potrà mai trasformare le zucche vuote in carrozze”. Ovviamente anche la destra bicolore più che tricolore, cioè verde come il Cazzaro e nera, bell’abissina, come il faccione della Meloni, ha minacciato fuoco e fiamme contro il progetto di legge della Bellanova, ma a lei ho lasciato volentieri rispondere Antonio Padellaro sul Fatto con la sua solita superba ironia. “Mi sembra di vederlo l’ex capitano del Papeete, con i giovani patrioti di pura razza italica, figli delle brigate contadine Salvini e Meloni, chino su distese di pomodori San Marzano che intona: “Sciur padrun da li beli braghi bianchi”. Sgranocchiando un rosario e schifato dai mantenuti di colore che fanno la bella vita nelle baraccopoli”. Nel frattempo stamattina hanno contato i chilometri di coda di macchine incolonnate sulla strada che porta al Lido di Jesolo ed erano più di una dozzina. Da Caposile alla foce del Piave. E nessuno aveva fretta d’andare al lavoro, ma solo non vedeva l’ora di farsi un bel tuffo in mare approfittando della giornata di sole e della mancanza assoluta di controlli della polizia o dei carabinieri impegnati tutti a regolare il traffico verso le spiagge. “Liberi tutti” ha del resto ordinato il generale Zaia della dinastia dei Cadorna e i veneti gli hanno subito ubbidito in massa promettendogli che anche lo voteranno ad occhi chiusi nelle prossime elezioni soprattutto se, oltre ai bar e ai cinema, alla serie A di calcio e alle discoteche, riaprirà finalmente anche i casini. Massì, buttiamo pure a puttane due mesi di coprifuoco e divertiamoci che la vita è una e la curva della pandemia decresce in tutte le regioni. In fondo i morti da Covid-19 sono stati 243 nelle ultime ventiquattr’ore e oltre trentamila (30.201) dall’inizio della pandemia. Domani e dopo è sabato e domenica. E non voglio nemmeno immaginare quanta gente scapperà al mare. Sulla battigia. Bravi. Voi intanto andate pure avanti. Che poi vi raggiungo. Magari prima della prossima Pasqua. Perché oggi è l’8 maggio [San Vittore] e non sono nati solamente i mitici Andrea Barzagli (39 anni), otto scudetti di fila con la Juve, e Vincenzo De Luca (70), il governatore che non vuole i lombardo-veneti tra le palle, oltre a Littorio Sgarbi (68), ultimamente parecchio invecchiato e molto rincoglionito, e a Denis Verdini, uno in più (69) della Capra e futuro probabile suocero del Cazzaro Verde. Oggi è il compleanno di Franco Baresi. Anche se potrei dire è stato. Visto che è mezzanotte passata. Che ho festeggiato stamattina con Michelino Fusco che all’alba ha scritto su Facebook un ricordo sul Piscinin che v’invito a leggere tutto d’un fiato tanto è ricco d’amore per l’amico che ha compiuto sessant’anni e che nessun giornalista al mondo ha conosciuto e frequentato meglio di lui. Piscinin così l’ha soprannominato Paolo Mariconti, lo storico massaggiatore del Milan della stella, con lui nella foto nel giorno dell’esordio di Franz (da Beckenbauer) a Verona il 23 aprile del 1978. Di lui scrisse Gianni Brera nel ’92: “Baresi II è dotato di uno stile unico, prepotente, imperioso, talora spietato. Si getta sul pallone come una belva. E, se per un caso dannato non lo coglie, salvi il buon Dio chi ne è in possesso! (Sì, caro Gianni Mura, mi spiace ma anche il tuo Brera usava il punto esclamativo! E adesso, per farti ridere, c’aggiungo pure i tuoi odiatissimi tre puntini)… Avesse anche la legnata del gol, sarebbe il massimo mai visto sulla terra con il brasiliano Mauro, battitore libero del Santos e della nazionale brasiliana del 1962”. Ora Mauro non me lo ricordo come Pelè e Amarildo, Gilmar e Garrincha, però potrei con Michelino tirare notte come una volta discutendo se fosse stato più grande Franco Baresi o Gaetano Scirea. Un bel match comunque tra due galantuomini che avevano in comune la classe e la timidezza. Mentre non mi è piaciuto, come mi succede quasi sempre, il pezzo firmato da Arrigo Sacchi oggi sulla Gazzetta e titolato: “Il mio grande e coraggioso Baresi, inimitabile leader silenzioso”. Ma questa il profeta di Fusignano può darla a bere a tutti, ma non a me e soprattutto a Fusco. Perché Righetto arrivò al Milan dal Parma nel 1987 e con tutta la spocchia del provinciale che ne sapeva una più del Diavolo regalò al Piscinin una cassetta nella quale potesse vedere in azione il suo ex giocatore, il povero Gianluca Signorini morto di sla nel 2002, e imparasse da lui il mestiere del battitore libero nella difesa a quattro in linea. Tant’è che il capitano rossonero all’epoca la prese così male che lo confessò a Michelino e pensò anche d’andare alla Roma dove a braccia aperte l’avrebbe accolto il Barone Liedholm. Intervenne allora Silvio Berlusconi in persona per far firmare a Baresi il rinnovo del contratto in bianco che lo legherà al Milan per altre dieci stagioni. Con il quale ha vinto sei scudetti. Uno persino con Sacchi. E tre Coppe dei Campioni. Una leggenda. Come non si è mai raccontata così nemmeno a Sky.