John El Cann lasci perdere Juve e Ferrari. E si dia all’ippica

   20 ottobre, lunedì              Il calcio mi rattrista quando non mi nausea. E, se vedo la Juve di Igor Tudor, mi deprime al punto che butterei il Samsung mille pollici giù dalla finestra in testa ad un intertriste sfegato che l’altra sera si domandava sul blog come avessi potuto preferire di seguire su Netflix la finale di Riad piuttosto che la notturna dell’Olimpico, eccezionalmente su Sky, tra la Roma e la sua Beneamata. Potevo rispondergli che la finale del Six Kings Slam, “un’esibizione”, aveva avuto un valore superiore per il vincitore, che – guarda caso – è stato Sinner su Alcaraz (chi l’avrebbe detto? forse io), ad un anno di stipendio del buon nerazzurro, Alessandro Bastoni, o dell’allenatore giallorosso, Gian Piero Gasperini che avrei riportato di corsa in casa della Vecchia Signora ormai piena di rughe, peggio di Ornella Vanoni o di Rita Pavone quando si svegliamo al mattino. In verità non gli ho dato nemmeno bada. Anche perché, se non sono distratto da una partita di pallacanestro, pure di A2, starei tutto il giorno molto più volentieri a guardarmi il tennis in televisione. Piuttosto che lo 0-0 penoso di sabato a Pisa con il Verona. E non soltanto per vedere Jannik Sinner. Troppo facile. Ma anche, come nel pomeriggio, Elisabetta Cocciaretto, che non è né bella né brava come Aryna Sabalenka, che era impegnata nel primo turno del  Wta 250 di Guanzhou contro Diane Parry d’arancione vestita.

Lo so benissimo: non mi credete. Neanche se vi racconto che ora ho capito perché la ventiquattrenne di Fermo (Ancona) che era due anni fa numero 29 nel ranking sia precipitata quasi fuori dalle prime cento al mondo (95esima). Aveva il match in pugno sulla francese che è una delle poche tenniste del circuito a fare ancora il rovescio ad una mano. 6-4, 4-0, 40-15 il punteggio a suo favore. Quando si è clamorosamente incartata, ha buttato via ben cinque match-point, oltre che la racchetta, furente e arrabbiata nera, e ha perso al tie-break il secondo set per 9-7. Ma si può? Io dico di no. Nonostante poi abbiamo vinto 6-2 al terzo. Però in quasi due ore e trequarti. Nelle quali sono quasi morto aggrappandomi a lei.

Un tempo pensavo che anche la pallavolo fosse un’insopportabile lagna: pim pum pam, tre tocchi al massimo, una rete di mezzo, nessun contatto. Ma mi sbagliavo perché nel mezzo del cammin della mia vita ho avuto la fortuna d’incontrare quel genio di Julio Velasco che me l’ha spiegata. Ai Mondiali ’90 in Brasile, ovviamente vinti da Lollo Bernardi e compagni contro i cubani di quel diavolo di Joel Despagne che Raul Diago accendeva come una miccia. I compagni di Lollo erano però Andrea Lucchetta, mvp del torneo iridato, Paolo Tofoli, Andrea Cantagalli (miglior ricevitore), Andrea Gardini e Andrea Zorzi. Oltre a Fefè De Giorgi e Marco Bracci. Non so se mi spiego. Spero di sì. Anche se gli italiani nella loro grande ignoranza sportiva, oltre che politica, vanno sempre dietro all’onda e alla moda di quel momento. Mentre del passato ricordano sempre troppo poco. Quasi nulla.

Quasi niente. Per essersi innamorati persino di Kenan Ildiz al quale troppo in fretta hanno assegnato la patente di fuoriclasse e la maglia bianconera numero dieci. Che era stata di Omar Sivori, Michel Platini, Robi Baggio e Alex Del Piero. E non di Zinedine Zidane, pallone d’oro nel 1998 e vincitore di ben tre edizioni del Fifa World Player. Figlio di un pastore della Cabilia, in Algeria, poi onesto muratore a Marsiglia. Che prese a testate Marco Materazzi che gli aveva insultato la madre e forse pure la sorella. E fece benissimo. Anche se perse il titolo mondiale, ma tanto ne aveva già vinto uno per la Francia e, se avesse fatto il bis, non avrei cambiato il mio giudizio su di lui: Immenso come chiamavo suo fratello maggiore, Michel Platini, tre palloni d’oro di fila dal 1983 al 1985.

Diventarono gli italiani pazzi per Alberto Tomba la Bomba che per me era E.T., l’extra-terrestre: sciava sui binari di ghiaccio e non deragliava quasi mai, neanche se aveva fatto bisboccia tutta la notte. E’ ancora oggi innamorato perso di Martina Colombari, la moglie di Billy Costacurta, e non faceva il superG perché la mamma aveva paura. Ma se adesso agli stessi domandate il nome di uno slalomista azzurro di Coppa del Mondo che a febbraio disputerà a Bormio le Olimpiadi di Milano e Cortina, non ve ne sapranno dire mezzo. In effetti abbiamo una squadra maschile delle prove tecniche che fa ridere i polli. A parte Alex Vinatzer che nel passato inverno è arrivato secondo tra le porte strette della mitica Kitzbuehel, ma a quel podio non ne ha saputo aggiungere un altro manco per sbaglio. In più Tommaso Sala si è rotto il crociato a novembre e chissà in quali condizioni si presenterà un anno dopo nel primo slalom della stagione a Levi, in Finlandia, tra le renne. Al quale partecipa anche Babbo Natale sulla slitta ma fuori classifica.

Ma dove vuoi arrivare? Già vi domandate se appena un po’ mi conoscete. Ve lo giuro, non è assolutamente mia intenzione di menare il can per l’aia. Il titolo di questo pezzo, che presto darò in pasto al mio blog, e la foto di John El Cann, nipote (veneziano?) dell’avvocato Gianni Agnelli, che mi dicono si rivolti ogni domenica nella tomba, penso che non lascino dubbi su quale sia il consiglio che voglia dare all’ incapace totale, sportivamente parlando, paron di Stampa e Repubblica. Che non possono muovere un dito contro di lui. E le capisco. Mentre io, povero pensionato da oltre tre lustri, perdutamente innamorato della satira che sta purtroppo morendo con l’avvento di Giorgia Meloni, credo di potergli tranquillamente suggerire di lasciar perdere la Juventus e pure, già che c’è, la Rossa di Maranello, e di darsi all’ippica. Magari al salto con gli ostacoli. Dove potrebbe trovare un grande maestro in Andrea Riffeser Monti, presidente degli editori e padrone del Carlino, Nazione e Giorno. Che è un cavallerizzo eccezionale. D’altri tempi. Magari trascinando con loro alla perdizione tra cavalli e stalle, selle e amazzoni, anche Urbano Cairo. E, già che ci sono,  pure Luigi Garlando e Massimo Gramellini che, galoppando, chissà dove possono arrivare. Io lo saprei, ma non ve lo posso assolutamente confessare.

Dulcis in fundo, ringrazio il mio primo nipote che porta il mio stesso cognome e che ieri mi ha consigliato, dopo che ero stato a vedere Julia Roberts in “After the hunt” di Luca Gudagnino, di non guardare la partita della Juve a Como se non fossi stato preparato al peggio. E difatti non lo ero. Così, dopo essermi addormentato al cinema, e non perché il film fosse brutto o lei non fosse bella come quando l’ho intervistata per il Giorno ai tempi di Pretty Woman. Anzi. Invecchiando è diventata donna. Ancora più brava e interessante. Ma perché non mi ero preparato a digerire un tale mattone filosofico. E allora ho preso finalmente una decisione che farò mia anche nei prossimi weekend. Al lunedì in un’oretta mi vedrò tutti gli highlights su Dazn della serie A, compresa la partita di David, persino più brocco di Vlahovic, e pure dei match di B del Venezia e del Padova del sabato e della domenica. E, se perderò i posticipi, pazienza: me ne farò una ragione. Tanto gli italiani sanno tutto loro: di calcio come ora di tennis e pallavolo. E ieri di sci. Nascono imparati. Ed infatti domani, conoscendoli, chiederanno non la testa di El Kann, ma di Tudor che vorrebbero sostituire con Mancini e Spalletti, tutti e due insieme magari a Palladino. Non scherziamo. E si scaglieranno contro Jannik dicendo che è vergognoso che non giochi le finali di Coppa Davis e che dica: “Tanto ne ho già vinte due”. Perché non è forse vero? Senza capire che lui è poco italiano come me. E non ci dispiace nemmeno un cincinin. Semmai con le pagine delle critiche dei giornali ci puliamo le orecchie…

P.s.: domani mi guardo tutto quel che c’è da vedere di pallacanestro. E poi mercoledì vi dico. A tutt’ora conosco soltanto il risultato di Mestre che ha perso con molto onore in casa della capolista Pesaro. “Giocando non bene, ma benissimo” mi ha confessato l’amico Alessandro Dalla Salda, nuovo ad della Victoria Libertas dopo Reggio Emilia, Virtus e Napoli. “Al punto che nel terzo quarto siamo andati anche sotto di dieci”. Lo so e nel colpaccio ci ho pure creduto. E’ dura, ma ci salveremo: con Mattia Ferrari ne sono certo. Pur col budget molto più basso dei venti club dell’A2. Quasi quasi mi dimenticavo di ricordarvi che domani alle 10 (su Sky) c’è il derby Cocciaretto-Bronzetti degli ottavi di Guangzhou. In Cina.