E fu subito scontro tra Scariolo e Messi(n)a per la Monica

scariolo

Prima che me ne dimentichi, e prima di trovare il tempo di fare una corsa alla toilette, vi volevo dare una notizia che deve esservi sfuggita e che comunque non ha fatto rumore: il Napoli a distanza d’appena 33 anni, gli anni di Cristo, ha vinto lo scudetto! Spargete la voce e ditelo soprattutto ai Pulcinella del moderato Vincenzo De Luca, mi raccomando, che magari una festicciola in famiglia, qualcuno, riesce anche ad organizzarla nel dopolavoro: due pizzette, una fettina di pastiera, tre bengala e, se proprio insistete, pure un mortaretto. Vi garantisco che la polizia chiuderà stavolta un occhio. Soltanto il Gazzettino di Papetti (non Fausto o infausto, ma Roberto) che in Campania notoriamente vende migliaia di copie e che infatti ha sfornato un inserto di quarantotto pagine sull’evento, ha parlato di botti, coltellate, 203 feriti e disordini nel capoluogo sul Golfo alle falde del Vesuvio. Oltre agli scontri nello stadio dell’Udinese e in altre piazze del Bel Paese. E al figlio di un boss ucciso dalla camorra in un agguato-scudetto. Poca roba insomma. A parte una giovane molto grave investita da un’auto che sventolava la bandiera di Osimhen, gli ospedali di Napoli presi d’assalto nella notte degli spari e le zolle della Dacia Arena rubate e messe in vendita sul web. Un tifoso morto d’infarto e De Laurentiis, poveraccio, che contava i soldi dell’incasso della partitella tra pochi intimi con la Fiorentina di cui non conosco l’esito, né lo voglio sapere, per farsi un panino di cicoli o ciccioli, che dir si voglia, e forse pure un altro osceno cine-panettone per Natale.

Prima che me ne scordi, e saltando direttamente alla palla nel cestino senza passare per il via, e nemmeno per Vicolo Cieco, dal momento che il Monopoli dell’odio calcistico partenopeo nei confronti della Rubentus mi ha dato proprio il voltastomaco, vi ricordo i nomi dei tre fenomeni che domenica prima di cena hanno diretto il derby senza storia del Taliercio: Mark Bartoli da Trieste, Edo Gonella da Genova e Alex Nicolini da Palermo. I quali sono riusciti nell’impresa d’espellere l’unico pivot della Nutribullet, il buon Octavius Ellis, all’inizio del terzo quarto sul più 27 (72-45), per somma di fallo tecnico e antisportivo, che magari pure c’erano, ma che si potevano benissimo anche non vedere e non dare perché tanto la Reyer avrebbe vinto lo stesso a mani basse (107-73) e non sarebbe sicuramente crepato nessuno. Men che meno il coraggioso comanche Derek Willis. Però devo anche ammettere che da quando Ettore Messi(n)a ha imposto due anni fa a Giannino Petrucci il cavalier Luigi Lamonica al vertice del settore tecnico arbitrale in sostituzione di Stefano Tedeschi, persona troppo schietta e corretta per essere vera, i fischietti della nostra serie A sono finiti nelle sabbie mobili. Dalle quali non riusciresti a tirarli fuori nemmeno con la gru più alta al mondo. Del resto non saprei sul serio indicarvi il migliore di loro in questa sventurata irregular season. Forse ancora il grossetano Manuel Mazzoni, ma non quando arbitra le partite dell’Armani. Nelle quali è più forte di lui: non riesce ad assegnare un tecnico a Messina nemmeno al centesimo vaffanculo che il focoso presidente-allenatore trinacriciuto gli spara nelle orecchie. E allora voto come numero uno degli arbitri del 2022-23 Beniamino Attard da Siracusa che se non altro con l’illustre compaesano, l’Ettore da Catania, ci litiga sistematicamente ogni volta. In discesa libera Saverio Lanzarini e Tolga Sahin, con le ruote sgonfie Bobo Begnis e Michele Rossi, non c’è un giovane di personalità che riesca a staccarsi dal gruppo dei mediocri. Ci ha provato Guido Giovannetti ma è stato subito riacciuffato. Per non parlare di Carmelo Paternicò da Enna.

Anzi, parliamone. Come ha fatto ieri Citofonare La Monica nell’incontro di Bologna programmato sotto mezzogiorno con gli otto tecnici promossi ai playoff. Che sono, è bene ricordarlo, in ordine di classifica Ettore Messi(n)a, Don Gel Scariolo (nella foto ndr), Merendina Ramondino, Olivetta Spahija, Pierino Bucchi, il Paisà Lele Molin, Frank Venexia Vitucci e Gelsomino Repesa. Peccato che si siano contati e non fossero in otto. E non perché mancava l’Ancilotto, ma proprio il più vicino di casa: Sergio Scariolo. Che in segno di protesta e polemica nei confronti di Lamonica e del designatore Marco Giansanti, pure presente, ha mandato i suoi assistenti, Andrea Diana, ex di Brescia, e Alberto Servalli. Ai quali il Messina furioso, sostenuto dai fedelissimi Bucchi e Molin oltre che da Vitucci, che aveva puntato la sveglia alle quattro per raggiungere in tempo le Due Torri da Brindisi, ha sbattuto la porta in faccia sostenendo che alla riunione erano stati invitati e quindi potevano partecipare solo i capo-allenatori e non i loro vice. Giusto o sbagliato che sia, non chiedetelo a me perché sapete già come la penso in buona fede da un paio d’anni a questa parte. Però che Carmelito l’abbia combinata davvero grossa contro la Virtus negli ultimi secondi della penultima di campionato a Treviso che sono costati il primo posto della Segafredo in campionato a favore, guarda caso, di Milano, è poco ma sicuro. Tanto che La stessa Monica ieri l’ha confessato ai Magnifici sette che non solo lui ha rivelato lo sfondamento grande come una casa di Adrian Banks su Shengelia, ma anche un’infrazione nel palleggio (accompagnata) dell’americano nella stessa azione che invece Paternicò ha premiato col canestro (valido) più tiro libero (segnato) per la Nutribullet che così si è salvata a spese di Trieste.

Ci sarebbe anche da contare le volte nelle quali il Messi(n)a ha partecipato alle riunioni in Lega Basket e quelle nelle quali ha invece spedito Christos Stavrapoulos che non ho ancora avuto il piacere di conoscere ma che mi sta simpatico. Come del resto Peppe Poeta. Il rapporto è minimo di uno a dieci. Di sicuro questi playoff che cominciano sabato non potevano iniziare meglio lo scudetto della terza stella lo vincerà l’Armani anche se la Segafredo è molto più forte. E allora? Fatevelo spiegare da Citofonare LaMonica o da Giannino Petrucci che a me certo non lo dicono. Mentre scende la sera e vi regalo ancora due pensierini. Si sussurra che Claudio Coldebella, che in questi giorni è in Grecia, possa andare a Milano. Ci credo poco. E’ molto più facile che si sistemi a Reggio Emilia. Auguri. Io al suo posto con la presidentessa Veronica Bartoli in sede dalla mattina alla sera non ci starei nemmeno un minuto. Alessandro Dalla Salda ha firmato come general manager a Napoli da settimane ma Sportando, alias Sciacallando, l’ha scoperto solo oggi. Mauro Ferrari, il patron di Brescia, deve decidere cosa vuol fare da grande, ma se conferma Ale Magro non sbaglia di sicuro. Così Walter De Raffaele può anche accontentarsi d’allenare la GeVi o la UnaHotels adesso che si sono salvate. Però a Reggio avrebbe già detto sì Luca Banchi. Fate a meno di credermi però a Venezia, se vuole, può ancora sistemarsi Gianmarco P(r)ozzecco che piace a Napoleone Brugnaro ma al Poz lo sconsigliano i medici di famiglia e il presidente federale. Se fossi Trieste ricorrerei contro la salvezza di Varese. Alla quale – mistero gaudioso – sono state in privato consegnate le motivazioni della sentenza d’appello probabilmente per non far ridere i polli. In anteprima annuncio vobis che Marco Remondino è stato eletto allenatore dell’anno. Sinceri complimenti. Anche se io ho votato Matt Brase. Andrea De Nicolao è lusingato dalle proproste di Derthona. La bomba: Stefano Tonut vorrebbe scappare da Milano. A domani. Che vi parlo un po’ di playoff A2, snobbati dalla Gazzetta dell’arido Cairo, e di serie B. Con il mio Basket Mestre che dopo cinque o sei lustri torna a giocare a casa sua. Ovvero al Taliercio. Domenica e mercoledì contro la Vuelle Livorno. Incrociando le dita. E se alla Fortitudo di Riccardo Sbezzi andasse di nuovo ad allenare Matteo Boniciolli? Specie ora che L’uomo Dalmonte (Luca) si è dimesso. Non è da escludere. Così come a Cantù pare sia già finito il tempo delle rose per MaraMeo Sacchetti.