Strepitoso Abass, il nuovo Profeta del nostro basket

abass

Ho visto Abass Awudu Abass, ho visto Abass Awudu Abass, eh, mammà, innamorato son. La cantavano a Napoli per Diego Armando Maradona. Lo so. E so anche che sono facile ai colpi di fulmine dopo il primo incontro: Riccardo Pittis, Drazen Petrovic, Toni Kukoc e Carlton Myers. E, andando di fretta, oggi Ricciolino Della Valle e Stefano Tonut, che per i miei gusti è ancora poco coinvolto nei giochi noiosi della Reyer di Phil Goss. Riccardo Pittis a diciotto anni vinse la Coppa dei Campioni battendo il Maccabi in finale. Era la Milano da bere di Peterson, Meneghin, D’Antoni, McAdoo, Premier, Barlow, Vittorio Gallinari, Franco Boselli, Bargna, Ambrassa e del mio Acciughino per l’appunto. C’ero anch’io a Losanna. E non mi pare il Gufo con gli occhiali. Altrimenti sarebbe finita in ben altro modo: ci giurerei. In quella edizione (1986-87) la Tracer rischiò d’uscire già a ottobre eliminata dall’Aris di Galis e Yannakis che all’andata, in un clima infuocato, l’aveva travolta 98-67. Sì, avete letto bene: 31 punti di scarto e 44 del dio greco, Nick Galis. Ricordo che la sera prima l’Olimpia tentò invano d’allenarsi nell’arena di Salonicco: c’erano non meno di quattromila tifosi indemoniati dell’Aris sugli spalti che tiravano dracme contro i giocatori di Milano e dedicavano a Meneghin un ossessivo e odioso coro: “Dino, Dino, Cicciolino”. All’epoca del resto Ilona Staller sedeva sui banchi della Camera in rappresentanza del partito radicale di Marco Pannella e tutto il mondo ci rideva dietro per l’onorevole Cicciolina. Come sino a poco tempo fa per il nostro premier Silvio Berlusconi. D’accordo, sono andato completamente fuori tema, ma non me ne pento: mi piace volare nel passato in modo che i giovani d’oggi capiscano come eravamo e quanto era grande la nostra pallacanestro, anche senza Sky e la Confraternita dell’Osiris, rispetto alla vostra che fa letteralmente schifo. Come lo spaventoso primo tempo di Grissin Bon-EA7 di domenica dopo cena. Gli ultimi cinque minuti della partita di ritorno al Palatrussardi ve li potete invece ancora vedere su YouTube per la telecronaca del compianto Tullio Lauro, voce amica delle scarpette rosse e caro amico, a quei tempi pure mio, di Michelino D’Antoni. Il quale, scappando in palleggio per il parquet con tutti i greci che gli correvano dietro senza acchiapparlo, difese abilmente negli ultimi 24 secondi il +34 (83-49) che qualificò clamorosamente la Tracer per il girone di semifinale. Venti punti di Roberto Premier ed eroe del match ovviamente Dino Meneghin. Che, se qualcuno accosta ancora a Danilo Gallinari, sapete cosa faccio? Gli mando suo padre Vittorio a prenderlo a pedate sul sedere. Ancora un piccolo aneddoto: sono tornato altre volte a Salonicco, anche in occasione dei Mondiali di pallavolo vinti dall’Italia di Julio Velasco nel 1994, e sistematicamente il taxista che mi accompagnava al vetusto palasport mi domandava quanti soldi avesse dato Dino Cicciolino a Galis per perdere di 34 punti quello storico duello. E sorridendo rispondevo: “Tanti, tantissimi, non so però dirle quanti”. Fatto sta che da allora Milano ha vinto solo un’altra Coppa Campioni, l’anno dopo a Gand (in Belgio) con Franco Casalini coach, sempre in finale con il Maccabi, e poi mai più. Neanche una final four di Eurolega. Che avesse davvero il club di Peterson comprato il dio ellenico e che per questo si sia rovinato chiudendo poi bottega? Bisognerebbe chiederlo a Dindondan. Scherzi a parte, vi dicevo di Abass Awudu Abass. Non ci ho mai parlato insieme e non so molto. So però che ha due mesi e mezzo meno di Alessandro Gentile e che, se sarà forte anche di testa, diventerà una stella azzurra come lui. So che è nato a Como il 27 gennaio del 1993 da padre del Ghana e madre del Togo. So che voi dite “che figo!” e noi a Venezia “che togo!”. So che se Ettore Messina non lo convoca per il preolimpico di Torino parte con il piede sbagliato. So che la Gazzetta oggi con la velocità di una tartaruga e la fantasia di una mucca al pascolo l’ha paragonato a Nembo Kid. So che domenica ero al Taliercio, e voi no, e gli ho visto fare cose che un umano non può neanche immaginare. Come un terzo tempo allo scadere dei 24 secondi dalla lunetta schiacciando di prepotenza nel canestro. Come Michael Jordan nei Bulls o Manu Ginobili nelle Vu nere. So che presto correrò a Cantù per fare quattro chiacchiere con lui, ma intanto lo chiamo il Profeta Abass. Come Johan Cruijff, il profeta del gol del mitico Sandro Ciotti. E so che stavolta non mi potrò sbagliare.