Chi spiega a Baraldi che nel basket non c’è il fuorigioco?

arance

Eccomi qui. Davanti all’Etna che fuma. Nell’aranceto. E davanti al pc. Nella mia stanza. Qualcosa anche scriverò, ma non chiedetemi cosa: neanch’io ancora lo so. E comunque qualcosa riuscirò ad inventarmi. Intanto mi godo la pace di questa foto che Giovanni mi ha postato. “Sono le mie arance”. Quelle di Sicilia. Grosse e gustose. Che adesso trionfano al centro della tavola. Ancora con le foglie verdi. Tanto che non oso nemmeno sfiorarle. Le foglie e le arance. Finalmente ho visto le tre partite di domenica scorsa che mi ero perso: Pistoia-Pesaro 77-81, Virtus-Trieste 82-74 e Cremona-Trento 84-89. Meglio tardi che mai. E ho sfogliato i giornali che avevo accatastato in un angolo come legna da ardere nel caminetto. Per la verità non mi ero perso niente come del resto era facile immaginare. L’Armani al muro per il man rovescio di Brindisi. Fuoco. Spara Canfora (C16H10O) sulla Gazzetta: “Milano, così non va: una sconfitta che è la spia di un malessere che si trascina da oltre dieci partite”. Massì, esageriamo. Male Della Valle, Fontecchio e Burns: questo è vero. Anche perché non hanno scuse di sorta in campionato. Mentre in EuroLega non sono da corsa: poche storie. Se invece volete prendervela con Pianigiani sostenendo che li usa col contagocce, fate pure: tanto non vi legge. E comunque è falso. Ricciolino (un mese out) ha sinora giocato 18,6 minuti di media a partita, l’italo-americano 15,7 e l’erede di Godot è entrato dieci volte nel primo quintetto. Questo l’ha scritto Di Schiavi (Mamma Rosa) e io l’ho soltanto copiato. A mitraglia persino Sandro Gamba (Repubblica di Milano): “Quello che m’inquieta sono le facce in panchina dell’allenatore e del suo staff o dei giocatori con lo sguardo fisso”. Da ebeti insomma. “Contro l’Happycasa la difesa non si è mai vista”. E dov’era? “Morbidezza a rimbalzo, debolezza nell’area, troppi uno contro uno subiti, Mike James un fantasma, le guardie che arretrano e pressing inesistente”. Mamma mia, che disastro. Peggio: uno sconquasso. Che dico? Un cataclisma. E ancora non bastasse, la dedica finale tutta per Simone: “Meno appelli alla stanchezza e più urli. Usare anche il forcone, se serve”. E perché non pure la stricnina. Qualche giorno dopo è una “Milano da playoff” quella che “con il cuore e la difesa” mette sotto Kaunas e conquista l’ottavo posto nella classifica d’Eurolega a pari punti con il Vitoria e il Maccabi che si sfideranno giovedì prossimo. Silenzio di tomba dall’altra parte del telefono. Contestazione impagliata ed esecuzione sommaria solo rinviata di qualche giorno. Forse a venerdì. Quando a Gran Canaria ci sarà anche Nunnally, uno che come James non alza un dito per difendere, e quindi c’è da aspettarsi un’altra tragedia già annunciata (e scritta) dall’ex amato cittì. Sempre che i fucili a canne mozze non possano tornar buoni già domani al Forum dove arriverà la squadra più amata (e frequentata) dalla Banda Osiris. Ovvero l’ambiziosa e opulente Virtus del Baraldi. Al quale uno tra i cento direttori generali che comandano alla Segafredo dovrà, prima o poi, anche spiegare che nel basket non esiste il fuorigioco e che Aradori non potrà mai tornare ad essere Pietro il Grande finché dovrà ubbidire ad un allenatore che ha scarsa fiducia in lui. A Brescia l’Artiglio Caja si è lamentato di due arbitraggi su tre. Cioè di Filippini e Morelli che remavano contro il sindacalista Sardella. A Cremona invece non mi è piaciuto proprio nessuno dei tre fischietti in chiara sudditanza psicologica nei confronti di MaraMeo Sacchetti, il cittì ideale di Giannino Petrucci, ma per fortuna ha vinto Trento e la cosa è così passata sotto silenzio visto che neanche una spinta di Ruzzier alle spalle dello scatenato Flaccadori era stata punita con un antisportivo come da regolamento. Mamma Rosa fa finta di niente, però intanto Trieste ha perso la quarta partita di fila dopo il sacco di Venezia e non mi si dica che il primo quintetto (Wright, Sanders, Dragic, Peric e Knox) è costato poco o che la sua panchina non è lunga. Mentre dovete far sapere a Pistoia che dopo la sfortunata caduta con Pesaro e la fuga di Dominique Johnson in Libano rischia sul serio di retrocedere. Perché non sarà neanche carino dirglielo, ma è più da stronzi non metterla in guardia finché c’è ancora un po’ di tempo per correre ai ripari e salvarsi.