Perché Messina non pensa al suo Milan anziché alla Juve?

molin

Dal mio blog di mercoledì 20 settembre un titolo: “Molin e Maffezzoli, gli assistenti di Sacchetti in nazionale”. Poi settanta righe sul più e sul meno. Maffezzoli con due effe e due esse: mi raccomando. Ribadendo soltanto che il mio Fred Buscaglia resta per me uno dei migliori allenatori italiani. Come lo era ieri e lo sarà domani. O avrei dovuto forse cambiare idea solo perché quest’estate è arrivato tredicesimo agli Europei con l’Under 20 azzurra più imbarazzante degli ultimi cent’anni? Dove il gallo del pollaio doveva essere Leonardi Candi, ma si è subito scavigliato. Fatemi una cortesia. Stesso discorso per Max Chef Menetti. Anche se l’anno scorso ha cannato in pieno la stagione. O per Luca Banchi che ha tirato il fiato due campionati e magari non mangerà neanche il panettone a Natale. Vorrei difatti vedere voi al posto suo con i padroni del vapore che si ritrova tra i piedi alla Fiat di Torino. Adesso però non fate i gelosi. Siete bravi pure voi: Ray-Ban De Raffaele in primis. Nonostante la Lega dei senesi si sia dimenticata lunedì di lui e l’abbia lasciato giù dal palco di Varignana. Come ha fatto Matteo Salvini a Pontida con il grande padre del Trota. Sono del resto gli allenatori di serie A l’ultimo dei problemi della nostra pallacanestro se Frank Vitucci e Pierino Bucchi sono rimasti intrappolati per il momento nelle gabbie di partenza e se Pilla Pillastrini non si muove più da Treviso (in A2). Piuttosto qualcuno mi dovrebbe un giorno spiegare come ha fatto Paolo Conti, che non è stato riconfermato a Varese come terzo, a trovar casa nella nazionale di MaraMeo Sacchetti. Per la verità una mezza idea anche ce l’avrei, ma preferisco mordermi la lingua e tenerla per me. Altrimenti parto anch’io con il piede sbagliato a ventiquattr’ore dal via del campionato che domani comincia con l’anticipo Trento-Bologna e non vorrei che la Virtus di Riccardino Sbezzi, pardon di Aradori e i fratelli Gentile, inciampasse alla prima giornata e tutti non vedessero l’ora di dare subito la colpa ovviamente ad Alessandro Ramagli. Questa è l’Italia. Anche nel basket dei tre passi che scimmiotta il calcio e non s’accorge d’essere più ridicolo ancora. Visto che “i schei veri”, come ci ha raccontato Napoleone Brugnaro, ne girano pochi e nessuno, o quasi, li tira fuori soprattutto se c’è da infilarli nel mondo dei canestri. A parte chiaramente Lui stesso, Giorgio Armani e il dottor Segafredo. “Specie da Firenze in giù” ha sottolineato. E non solo quelli di Avellino l’hanno guardato storto: pure Stefano Sardara sarebbe stato tentato di smentirlo all’istante, ma ha lasciato perdere. Da vero signore qual è. Piuttosto alla notizia di Molin e Maffezzoli in azzurro Mamma Rosa ci è arrivata con più di una settimana di ritardo, ma non dovete meravigliarvi: è da tempo che vi vado ripetendo che sta invecchiando male  progressivamente rincoglionendo. Il brutto è che pare l’abbia capito anche suo marito Urbano Cairo. Che più d’essere preoccupato è per la verità incavolato nero. Dovreste invece stupirvi che pure l’Anonimo Veneziano, che è poco più di un ragazzo con tutta la vita davanti, mi abbia copiato la news ben dieci giorni dopo. Titolando soltanto oggi sul Gazzettino: “Lele Molin, da Mestre alla nazionale”. Evviva. Meglio tardi che mai. Francamente del mio compaesano e di Messina mi sarei anche stufato di riparlare, ma come faccio a star zitto se uno ha dichiarato ieri cose di una banalità sconcertante: “Il grande messaggio che ci ha lasciato Ettore è stata la consapevolezza d’essere un gruppo che ormai conosce i propri pregi e i suoi limiti”? Quali? E se l’altro, prima d’essere spazzato via dalla Serbia e riparare in Texas, si è raccomandato: “Non dobbiamo fare come la Juve che a Cardiff è scesa in campo credendo presuntuosamente di potersi divorare il Real Madrid in un sol boccone”? Quando mai? E come si fa ad inventarsi una panzana olimpica del genere? L’ex cittì avrebbe comunque fatto meglio a pensare al suo Milan e piuttosto svelarci le virtù (poche) e i difetti (un mare) della sua nazionale consapevole al massimo d’essere stata per due anni una squadra perdente e neanche di successo. Proprio come il nuovo club rossonero con gli occhi a mandorla e i debiti sino al collo.