Il “pof pof” di Adriano Panatta che è diventato un cult

funghi

Avrei fatto molto prima a mettere da parte l’inserto sportivo del lunedì di Repubblica invece di perdere il sonno a ritagliare con la forbice a letto i pezzi che meritavano d’essere messi nella scatola delle cose da conservare e da riprendere (forse) un giorno. Come l’articolo di Manuela Audisio che scivola da una pagina all’altra come una cascata di luce in una notte piena di stelle. Domani sarà di nuovo molto bello. Come ieri. E chi si muove più dalla montagna? Questo ho pensato dopo aver chiuso col chiavistello la porta del terrazzo che guarda il bosco. Dove vado a cogliere i funghi tra il muschio. Oltre il torrente Boite che non capisco perché è sempre così incazzato. Peggio di me quando mi vogliono convincere che quelli della Banda Osiris sono angeli e geni. E risolleveranno le sorti della nostra pallacanestro presa a sberle dalla pallavolo dello Zar Zaytsev, ma anche da loro stessi ormai da anni e anni. Robe da matti. Mentre guardo il cielo senza neanche un baffo di nuvole e anch’io mi rassereno. O almeno ci provo. Della Williams su Repubblica hanno scritto anche Gianni Clerici e Alessandra Retico che ha intervistato Flavia Pennetta e Adriano Panatta. E non credo serva aggiungere altro o spiegarvi perché faccio fatica a rinunciare a comprare un giornale che pur è disegnato da cani e nel quale graficamente non mi ritrovo. Come quando, ragazzo di bottega al Giorno, mi domandavo “e qui cosa ci faccio?”. Già fisicamente, e solo fisicamente, lo voglio sottolineare, avevo preso il posto di Gianni Brera che era passato al Giornale di Montanelli e avrebbe voluto portarsi dietro anche Mario Fossati, Franco Grigoletti e Giorgio Reineri. E avevo l’onore di passare e di titolare in redazione tutti gli articoli di Gianni Clerici dai templi sacri del tennis. Quindi mi dovete credere se adesso vi confesso che il Dottor Divago, come lo chiamava Rino Tommasi, non aveva lunedì l’estro di dire la sua su Serena che urla all’arbitro Ramos: “Sei un ladro, mi hai rubato un punto, con un uomo non l’avresti fatto” in quanto assai più deluso d’aver clamorosamente sbagliato pronostico “perché, come me, Serena deve aver sottovalutato l’avversaria”. Mentre ho condiviso del tutto il pensiero di Adriano Panatta: “E’ andata via di testa. Tutto qui. Perché stava perdendo da una ragazza semisconosciuta di 20 anni. Altro che sessismo”. Adriano è piaciuto anche alla Mostra di Venezia se Stefania Ulivi, firma sincera del cinema sul Corriere, l’ha promosso con un 8 tondo tondo: “Gioco. Partita. Incontro. E’ arrivato insieme al cast del film di Emanuele Scaringi, “La profezia dell’armadillo”, tratto dal bestseller di Zerocalcare. Un cammeo, il suo, nei panni di se stesso, girato a Fiumicino, che si chiude con un “pof pof” che è diventato già un cult”. Pof pof è il rumore che “non puoi capire di un colpo piatto, bello, armonioso” se non sei Panatta. Ovvero il tennis. Forse una sorpresa per voi. Non certo per me. Che coi primi soldi guadagnati rigenerando bidoni, e non sto scherzando, acquistai il biglietto, valido tre giorni, per assistere alla finale zona europea di Coppa Davis sulla terra rossa del Tc Mestre e per vedere Adriano in doppio con Paolo Bertolucci battere Nastase e Tiriac 6-4 8-6 6-8 4-6 6-2. Erano i primi d’agosto del 1974: Italia-Romania 3-2. Un’estate calda come questa. Me la ricordo benissimo. Meravigliosi ritagli: come potrei abbandonarvi? Ne pesco un altro. Restando in tema. “E ora, cara Serena, aspettiamo le scuse”. Le pretende Franco Arturi. “E chi sarebbe?” mi ha domandato preoccupata la sorella di Venus. Lascia perdere: è un giornalista di Mamma Rosa. E così ne ha capito ancora meno. “Il ruggito di Netflix”: non so se ve ne siete accorti, ma Repubblica e il Corriere hanno titolato eguale per il Leone d’oro a ROMA in bianco e nero di Cuaròn. Ma ora metto un punto: devo scendere nell’orto a prendere le finferle o settembrini o cantharellus lutescens, chiamatele come volete, da conservare poi nei barattoli sotto vuoto per le cene d’inverno con gli amici. Affinché non si dica che sono cicala e non formica. Lasciando a voi i porcini e a me l’acquolina in bocca. Mentre il giorno in cui apprezzerete pure il gusto di leggere i quotidiani anche due o tre giorni dopo, e ritagliarli, sarà la stessa libidine di tuffarsi nel muschio e raccogliere un cestino di funghi (nella foto) schiacciando i cattivi pensieri.