Quanto è buono il Grissino che fanno a Reggio Emilia

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Ce n’è per tre, ma anche per sedici squadre. Già che ci siamo. Dopo che la prima dell’anno è stata anche l’ultima d’andata. E prima che domani la Gazzetta vi spieghi che gli ultimi saranno i primi. Forse nel regno dei cieli, non qui nella terra del basket. Dove o sei lungo o sei Steph Curry o sei scemo e allora vuoi un consiglio? Datti all’ippica. A metà intanto io ci ho preso. Il 6 ottobre avevo infatti titolato su questo schermo: “E’ la bella Grissin Bon la mia favorita per lo scudetto”. Controllare per credere: basta scorrere in basso con il mouser, topolino curioso, sino a quella data d’inizio campionato e così vedrete se vi racconto anch’io le bufale come Uffa e Cicciobello. Ovviamente la mia è una delle mille provocazioni infuocate con la quale mi diverto ogni giorno a incendiare un tucul qualsiasi della tribù del basket che è più piatta dell’encefalogramma delle galline e che soprattutto non sa più ridere. Ci mancherebbe infatti solo che anche quest’anno Milano non vinca lo scudetto. Però nel frattempo Reggio Emilia coi due punti conquistati ieri all’ora di pranzo nell’ex grand hotel di Casalecchio, ora pensione a una sola stella (Pittman 7,5) e mezza (Allan Ray 7), si è pappato per la prima volta il titolo di campione d’inverno dopo aver fatto in casa indigestione di cappelletti in brodo con il lambrusco ed aver castigato pure l’EA7 di Gelsomino Repesa (5–). Il quale adesso deve anche smetterla di frignare raccontando in televisione che ha una panchina corta. Perché finisce poi che la gente anche gli crede e contesta il Livido Proli (5) e Portaluppi de Lupis (4). Adesso gli hanno comprato pure il playmaker francese, Leo Westermann, che mancava al povero croato. Neanche Lafayette (4) sia un’ala (di pollo?) e Cinciarini (4.5) un centro (di gravità permanente?). A chi troppo e a chi niente. Fa anche rima e comunque glieli presto io senza offesa i soldi a Napoleone Brugnaro (s.v.) per prendere un lungo che sia meglio di Simioni l’africano, 17 anni, due e zero tre, se li ha spesi tutti per offrire le cene di Natale a centinaia e migliaia di (suoi) dipendenti comunali. Nella calza della Befana ho un sacco di carbone e una montagna di voti ancora da dispensare. Ma prima lasciatemi dare l’Oscar di giornata, per l’appunto l’ultima dell’andata, al mio Acciughino Pittis (7) che sogghignando ha chiesto a Edi Dembinski (3), o come cavolo si scrive, se poteva chiamare Varnado (2) come effettivamente si chiama il plantigrado del Banco di Sardara o Vanardo come chissà perché lo chiama Francesco Bonfardeci (3), undici o dodici ma se volete anche tredici. I miei voti vanno invece dall’uno al nove. Una volta davo anche zero, a Gus Binelli per esempio, o dieci, a Toni Kukoc, ma adesso non lo rifarei più. E non perché sono diventato vecchio e saggio: sono sempre il solito bastardo. Quanto perché di pivot che non saltano un foglio di giornale, come il due e 15 centimetri della grande Virtus, ne ho visti in questi anni di molto più scarsi persino in nazionale. Come Riccardo Cervi (4), per gli amici Gino, che soltanto contro la Reyer poteva raccogliere 14 punti e 7 rimbalzi. Ma non tutte le domeniche può essere sempre una cuccagna. Anche se sarei lo stesso tentato di sparare uno zero tondo come un uovo a Hrvoje Peric che in 18 minuti ad Avellino non ha tirato nemmeno una volta. Né da tre, né da due, né un libero. Però ha catturato un bel rimbalzo e allora il suo voto nella mia pagella è un meritatissimo 1. E 2 a Phil Goss come i punti da lui realizzati in 21’. Ma perché Gino? Perché con Gino Cervi nel ruolo di pivot azzurro Ettore Messina (8) potrebbe girare Peppone e Don Camillo al preolimpico (di Torino) e incassare più di Checco Zalone con Quo vado?. Ecco, dove volete che andiamo con Cervi a primavera? Proprio da nessuno parte o, al massimo, al cinema Bianchini. Sotto le coperte e sopra i cuscini. E qui ci metto un punto avendo già scritto più di una cartella ed essendomi ripromesso per il 2016 di non più sbrodolare come in passato. In fondo l’Epifania è tra due giorni e domani avrò tutto il tempo che voglio per preparare la mia calza del basket. Una cosa soltanto ancora: i cappelletti in brodo con il lambrusco sono tradizionalmente il primo piatto del pranzo di Natale di Alessandro Dalla Salda: il più bravo di tutti e per questo nove.