E’ la bella Grissin Bon la mia favorita per lo scudetto

dvalle

Quelli di Sky vanno in giro raccontando che presto Dindondan tornerà a lavorare per loro. Magari fosse vero, ma era solo un tranello della Confraternita dell’Osiris nel quale non sono caduto, mani e piedi, semplicemente perché ho il numero di cellulare di Peterson e lui mi ha subito richiamato appena è rientrato a casa con Laura. “Sei un grande mascalzone, ma ti voglio bene”, mi ha detto alla fine della telefonata, che non è stata breve, e così mi ha raddrizzato la giornata che era nata storta. Molti pensano che ho un brutto carattere. E magari non hanno torto. Sono permaloso, più di Ettore Messina e Simone Pianigiani. Il che non è proprio facile. Sono anche fastidioso, ostinato, insopportabile, manicheo, vanitoso, e chi più ne ha più ne metta, ma non sono in fondo cattivo, come ammette a denti stretti persino la Tigre. Difatti mi basta una carezza per sciogliermi in quattro. Anche se ruvida. “Se passi per Milano, andiamo a pranzo insieme”. O kappa, Coach: offro io. Su questo non ci sono dubbi. Se invece volete sapere perché mi ero svegliato con la luna di traverso, non è un segreto. Anzi, ve lo posso rivelare subito. Ho scoperto che il Basket Mestre 1958 gioca ancora a Trivignano, diciamo fuori porta, in una palestra da 250 posti e non al Taliercio che è la sua casa nativa. Ora, a parte il fatto che da ragazzino Luigi Bonaparte Brugnaro tifava come me per la Vidal, poi Duco e Superga, e vedeva la Reyer come fumo negli occhi, credo che il primo cittadino di Venezia e Mestre, non più ufficialmente presidente dell’Umana, dovrebbe mettersi una mano sul cuore e concedere alla prima squadra di Franco De Respinis, valido braccio destro di Ligabue e Carrain ai bei tempi, di disputare al Taliercio almeno qualche partita di cartello del campionato di serie C gold con due stranieri per club (ma si può?). Sarebbe un bel gesto di generosità e di sportività: non vi pare? Detto questo, senza acredine o falsa ironia, più ancora mi era saltata stamattina la mosca al naso per via di Sky ed eccezionalmente non per colpa del Gufo con gli occhiali, che non nomino neanche, o di Giovanni Bruno, o Bruno Giovanni, è lo stesso, che insieme quest’estate hanno fatto fuori Dindondan. Né di Paola Elisse, alla quale auguro un sincero “ben tornata” dopo un anno sabatico trascorso alle Maldive, beata lei, con le pinne fucile ed occhiali, o di Matteo Soragna, che anzi al debutto sulla tv di Murdoch come seconda voce mi è sembravo bravo, puntuale e soprattutto pacato. Insomma mai sopra le righe. E ci siamo capiti. Ma ce l’ho con chi, e qui coinvolgo tutta la regia di Sky, sempre attenta ai particolari, dal quale anche si giudica una televisione, che non si è ancora accorta che non può sovrapporre l’orologio di My Sky al punteggio della partita in corso. In questo caso di Torino-Reggio Emilia, finita pochi a tanti. D’accordo, la bella Grissin Bon, che gioca la migliore pallacanestro d’Italia, aveva già chiuso il discorso a metà del secondo periodo sul 22-38, ma proprio per questa ragione non può nascondermi il risultato mentre volo avanti, e rapidamente, con il telecomando. Tanto più che non credo ci voglia un genio per spostare l’orologio del duello cestistico sull’altro angolo dello schermo. Ovvero in basso a sinistra. Così come penso che My Sky sia stata una delle più grandi invenzioni di questo mondo proprio perché ti consente, come direbbe il Berlusca, di seguire l’evento quando più ti pare e piace. Anche in differita, come faccio spesso, il giorno dopo. Cominciamo a conoscerle: questo era il titolo della nuova rubrica del mio blog di basket che avevo iniziato ieri parlando di Venezia e di una Reyer che non è piaciuta neanche al suo presidente, Federico Casarin, il mio caro Pesciolino rosso, che non so dopo quanti lustri è saltato fuori dall’acqua (e dalla boccia dorata) e ha strigliato a dovere una squadra con la pancia piena, ovvero senza fame – sono parole sue – e senza umiltà con una buona dose di menefreghismo e di svogliatezza. C’è anche dell’altro: è ovvio. Il problema Green su tutti, ma anche quelli non secondari del deludente Owens o dell’incompreso Tonut che già rischia di far la stessa (brutta) fine in laguna di Pietro Aradori che nella Grissin Bon di Max Chef Menetti è quest’anno invece partito con il vento in poppa e una personalità straripante e per qualche verso anche stupefacente. Ecco oggi avrei dovuto occuparmi di Reggio Emilia e di Ricciolino Della Valle, luce dei miei occhi, ma lo farò domani. Promesso. Per il momento vi anticipo soltanto che è diventata la mia favorita per lo scudetto. E apro qui la discussione con una sola raccomandazione: per favore fate i bravi e non i tifosi da bar. Almeno per una volta.